7 Ottobre 2021

Favoriti dal cambiamento climatico, gli incendi devastano crescenti porzioni delle foreste che generano i crediti di emissione acquisiti dalle corporation

di Matteo Cavallito

 

Ascolta “Gli incendi mettono nei guai le grandi aziende” su Spreaker.

La crescente diffusione degli incendi negli Stati Uniti rischia di mettere in crisi le strategie di bilanciamento della CO2 delle maggiori aziende. È l’allarme lanciato dal quotidiano britannico The Independent che sottolinea le ricadute per le corporation del calibro di Microsoft e BP, colosso petrolifero del Regno Unito molto attivo in America. Tutto ruota attorno ai progetti di tutela delle aree forestali, utilizzati per generare crediti di emissione da cedere agli acquirenti (il cosiddetto carbon market) o da mettere a bilancio per compensare il proprio impatto. La distruzione dei boschi, dicono ora i manager delle imprese, riduce il potenziale di cattura del carbonio creando un deficit.

Le corporation scommettono sulle foreste

Le foreste, secondo le stime, garantiscono a livello globale  un assorbimento netto pari a 7,6 miliardi di tonnellate di carbonio. Un dato, sottolinea Forbes, pari a 1,5 volte le emissioni totali registrate ogni anno negli USA. Per questo le imprese puntano sempre di più sui progetti di conservazione dei boschi finanziandoli o acquistando i crediti generati da essi. BP, ricorda il Financial Times, ha speso oltre 100 milioni di dollari per acquisire permessi di emissione legati al progetto Colville. Un’iniziativa di tutela forestale che coinvolge quasi 500mila acri nello Stato di Washington e produce crediti scambiati in California.

All’inizio dell’anno, da parte sua, Microsoft ha acquistato – per una cifra che non è stata resa nota – permessi per 1,3 milioni di tonnellate di CO2. 1,1 milioni dei quali legati a progetti di conservazione forestale. Lo scorso anno, il colosso informatico USA aveva acquisito titoli per 240mila tonnellate da un singolo programma ambientale nella contea di Klamath, nell’Oregon.

I rischi non sono adeguatamente coperti

Il problema, però, è che gli incendi mettono ora a rischio i piani di conservazione. E, con essi, il mercato dei crediti. “I roghi innescati da un fulmine in luglio hanno spazzato la riserva indiana Colville, Washington, provocando evacuazioni e danneggiando un programma da cui BP acquista i crediti” scrive il Financial Times. Contemporaneamente, “In Oregon, un’incendio vicino a Klamath Falls ha causato una devastazione diffusa, e ha bruciato parte di un progetto, Klamath East, che forniva a Microsoft le compensazioni sulle emissioni”.

E I rimedi? Insufficienti ha spiegato all’Independent Danny Cullenward, policy director dell’organizzazione no profit californiana CarbonPlan. Di fronte al rischio rappresentato da un ipotetico disastro naturale, ha precisato, parte dei crediti di emissione finiscono in una sorta di fondo assicurativo a copertura dei danni. Questo meccanismo, chiamato buffer pool, mostra un’efficacia limitata come evidenziato, in particolare, dal già citato progetto Colville. In quel caso, sintetizza il quotidiano britannico, “nonostante la foresta si trovasse in una zona orientale di Washington fortemente soggetta agli incendi, i partecipanti hanno dovuto destinare al buffer appena il 2% della somma totale”.

Infographic: The Growing Danger of Californian Wildfires | Statista

Negli ultimi anni la potenza distruttrice degli incendi in California sta crescendo in modo evidente secondo il Dipartimento forestale e anti-incendi dello Stato. Fonte: Statista

Incendi in crescita

Il fenomeno degli incendi è in crescita un po’ ovunque. Negli ultimi anni la potenza distruttiva del fuoco, espressa in ampiezza di area bruciata, sta crescendo in modo evidente in California, rileva il Dipartimento forestale. Nel solo 2020, ha affermato una recente ricerca che ha coinvolto diversi atenei americani e non, i danni economici patiti dallo Stato, tra costi diretti e indiretti, ammontano a 102,6 miliardi di dollari. Preoccupante anche la situazione in Europa dove il cambiamento climatico e la cattiva gestione del suolo sono fattori decisivi. Negli biennio 2019-20, segnala la Commissione UE, “la stagione degli incendi si è allungata rispetto al passato mentre il numero di roghi e l’area bruciata hanno superato la media degli ultimi dodici anni”.