Sale a 1.800 ettari la quota annuale di torbiere destinate al ripristino nella nazione britannica. Una mossa pensata per contrastare il cambiamento climatico e proteggere la biodiversità. Due emergenze che appaiono sempre più evidenti in tutto il Regno Unito
di Matteo Cavallito
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Il Galles vuole intensificare gli sforzi per la tutela delle torbiere triplicandone il tasso di ripristino. Un’operazione che punta a contrastare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità. Lo riferisce il Guardian. Non diversamente dalle caratteristiche brughiere e dalle paludi, scrive il quotidiano britannico, le torbiere hanno un ruolo chiave nello stoccare il carbonio e nell’alleviare il rischio di inondazioni frenando il flusso dell’acqua dalle zone montuose.
Anni di sfruttamento – sotto forma di attività estrattive, combustione ed eccesso di pascolo – hanno ridimensionato profondamente questi ambienti la cui sopravvivenza è ora minacciata anche dal riscaldamento globale. L’obiettivo di ripristino in Galles è stato fissato a quota 1.800 ettari all’anno. Contro i 600 stabiliti in precedenza.
“A plan to triple the rate of #peatland #restoration in Wales to help combat the climate emergency and protect one of the country’s most celebrated birds, the #curlew, has been announced by the Welsh government.“ https://t.co/oNv9j8a8oV
— Wetlands International Europe (@WetlandsEurope) October 26, 2022
Il ruolo cruciale delle torbiere
L’interesse attorno alle torbiere è cresciuto negli ultimi anni di fronte ai dati sulla loro capacità di sequestro e conservazione del carbonio. Tale propensione varia notevolmente nelle diverse zone del Pianeta: nella Repubblica Democratica del Congo, nota ad esempio un recente studio a cura delle università di Leeds, Edimburgo, Kisangani e Mbandaka, questi ambienti immagazzinano quasi il doppio dell’ammontare per ettaro rispetto ai loro omologhi dell’Amazzonia peruviana. Arrivando a stoccare il 28% dell’elemento conservato in questi habitat presenti nella fascia tropicale del Pianeta.
Alle condizioni attuali, tuttavia, la tutela di queste aree appare complicata. Alle stesse latitudini tropicali, rilevano infatti gli scienziati, soltanto l’8% del carbonio stoccato in questi ambienti si trova all’interno di zone protette.
Oltre il 90% dell’elemento sequestrato, in altre parole, si colloca in spazi soggetti allo sfruttamento del suolo. Ed è lo stesso utilizzo intensivo della terra a mettere in pericolo la sopravvivenza della biodiversità. Un problema non meno grave che caratterizza questi ambienti in tutto il mondo. Galles incluso.
Biodiversità a rischio
Le torbiere, ricorda il Guardian, forniscono habitat vitali per diverse specie di uccelli come il piviere dorato, l’allodola e il chiurlo. Secondo la ministra gallese per i cambiamenti climatici, Julie James, scrive ancora il quotidiano, il Paese ospita oggi appena 400 coppie di questi ultimi, un numero evidentemente troppo esiguo che evidenzia la portata degli effetti dello sfruttamento di questi ambienti.
“Estrarre la torba dal suolo è stato uno dei peggiori abusi commessi ai danni del pianeta negli ultimi 100 anni e oltre”, ha dichiarato la James nel corso di una conferenza presso il Giardino botanico nazionale nel Carmarthenshire, nel Galles sud-occidentale.
Sempre secondo il quotidiano britannico, il piano per le torbiere è parte di un’iniziativa più ampia promossa dal governo di Cardiff per intensificare gli sforzi di conservazione della natura. L’esecutivo, in particolare, punta a garantire “il miglioramento delle condizioni, della connettività e della resilienza dei siti protetti oltre alla creazione di aree di tutela più ampie in mare”. Tra gli obiettivi anche l’istituzione di un “programma mirato” per sostenere il ripristino degli habitat nelle zone costiere.
La crisi della biodiversità nel Regno Unito
Un rapporto pubblicato nel 2019 ha lanciato l’allarme sullo stato di salute dell’ecosistema locale. Secondo i ricercatori, in rappresentanza di oltre 70 organizzazioni ambientaliste, in Galles una specie su sei tra piante, animali e funghi, sarebbe a rischio estinzione. Ma il declino della biodiversità, come noto, rappresenta un problema evidente anche in altre aree del Regno Unito.
È il caso dell’Inghilterra dove, secondo uno studio dell’Agenzia britannica per l’Ambiente, l’industrializzazione ha determinato un impressionante impoverimento della varietà naturale.
Il processo, iniziato in anticipo rispetto alle altre nazioni, ha stimolato un diffuso cambiamento d’uso del suolo con ovvie conseguenze per l’ambiente. Dalla rivoluzione industriale ad oggi, nel dettaglio, sono spariti il 99,7% delle paludi e il 97% delle praterie. Oltre all’80% delle brughiere di pianura, il 70% dei boschi antichi e l’85% delle saline. In assenza di “significativi cambiamenti” nella gestione del terreno, ha affermato l’Agenzia, il Paese non sarà in grado di arrestare la profonda crisi che condiziona il suo ecosistema.