I funghi sembrano accelerare la crescita delle piante favorendo la rimozione della CO2. Un’azienda texana vuole sfruttare questa potenzialità nel mercato dei crediti di emissione
di Matteo Cavallito
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Rivitalizzare la presenza dei funghi nel microbioma forestale per accelerare la crescita degli alberi e il sequestro del carbonio. È l’obiettivo di Funga, un’azienda di servizi ambientali con sede a Austin, Texas, protagonista di un’iniziativa probabilmente inedita: il lancio di nuovi progetti di rimozione della CO2 attraverso l’impiego dei microorganismi del suolo. L’operazione, dal valore di circa 4 milioni di dollari, coinvolge un insieme di finanziatori che include le società Azolla Ventures, Trailhead Capital, Better Ventures e Shared Future Fund.
“Funga, fondata dall’ecologo e climatologo Colin Averill, combina la moderna tecnologia di sequenziamento del DNA e di apprendimento automatico con una ricerca avanzata sul microbioma forestale”, si legge in una nota diffusa dalla compagnia statunitense. “Questo approccio permette di collocare le opportune comunità autoctone e biodiverse di funghi micorrizici nel posto giusto”.
Il legame tra funghi e carbonio
Il ruolo dei funghi è essenziale. Le foreste, ha ricordato di recente Euronews, contano infatti sulla presenza invisibile ma decisiva di questi microorganismi: una qualsiasi manciata di suolo, ad esempio, può contenere una sequenza di ife – i filamenti cellulari che formano il corpo vegetativo dei funghi – capaci di estendersi per oltre un centinaio di chilometri. Ma anche di interagire con le radici delle piante fornendo sostanze nutritive e assorbendo la CO2.
L’iniziativa dell’azienda americana nasce, per sua stessa ammissione, sulla scorta dei risultati di una ricerca del Politecnico federale di Zurigo. L’indagine, pubblicata sulla rivista Nature Microbiology, ha sostenuto che la reintroduzione della biodiversità microbica del suolo possa accelerare del 64% la crescita delle piante facendo salire a sua volta il sequestro del carbonio.
Dai microorganismi al mercato del carbonio
Le potenzialità dei funghi attirano da tempo l’interesse degli scienziati. Nel novembre del 2021, ad esempio, uno studio condotto da un’équipe di ricercatori guidata da Luiz A. Domeignoz-Horta, microbiologo dell’Università del Massachusetts e del Dipartimento di Biologia dell’Evoluzione dell’Università di Zurigo, aveva evidenziato una correlazione positiva tra la presenza di questi microorganismi nel suolo e la minore propensione di quest’ultimo al rilascio della CO2.
Le ragioni non sono chiare ma gli scienziati hanno ipotizzato che i funghi siano in grado di produrre enzimi che sono a loro volta decisivi nella costruzione di veri e propri blocchi di composti organici maggiormente stabili.
L’accordo con i finanziatori, ha fatto sapere Funga ripresa da Euronews, consentirà alla stessa azienda di sviluppare il suo software e i set di dati, espandere i suoi progetti di ripristino del terreno e monetizzare la rimozione della CO2. L’idea, insomma, è quella di valorizzare la cattura dell’elemento creando crediti di emissione da vendere sul carbon market. L’obiettivo dell’impresa, precisa ancora l’agenzia di stampa, è quello di sequestrare almeno tre miliardi di tonnellate di anidride carbonica attraverso la rigenerazione delle foreste entro il 2050.
Le potenzialità delle foreste
È presto per valutare le potenzialità dell’iniziativa. “Nelle ultime settimane, il settore della compensazione delle emissioni di anidride carbonica è stato sottoposto a un intenso esame: oltre il 90% dei progetti approvati dal principale certificatore mondiale, Verra, si è rivelato in gran parte privo di valore”, ha scritto ancora Euronews. Il riferimento corre a un’inchiesta pubblicata a gennaio e realizzata dal quotidiano britannico Guardian, dal settimanale tedesco Die Zeit e dall’organizzazione no profit SourceMaterial, che ha evidenziato il peso dell’incertezza che caratterizza ancora il settore del mercato dei crediti di emissione.
Quel che è certo, in ogni caso, è che la capacità di sequestro del carbonio da parte delle foreste resta sufficientemente solida da rendere queste ultime un importante alleato nel contrasto al cambiamento climatico.
Questa idea ispira oggi diverse strategie di mitigazione a partire dall’agroforestazione, ovvero lo sviluppo di un sistema agricolo che combina le attività tradizionali – come le colture e l’allevamento – con la piantumazione e la gestione degli alberi. Questa pratica, ha ricordato un rapporto di Woodland Trust, un’organizzazione per la promozione del ripristino delle foreste britanniche, fa crescere la presenza di carbonio nel suolo aiutando a rispettare gli impegni assunti in materia di clima e natura. Secondo lo studio, in particolare, “l’introduzione dell’agroforestazione sul 30% dei pascoli del Regno Unito farebbe scendere a zero le emissioni nette di questi ultimi entro il 2050 con un tasso di sequestro netto di 21 milioni di tonnellate di CO2 all’anno entro il 2062”.