5 Gennaio 2022

I ricercatori USA sfruttano la capacità dei funghi di assorbire e scomporre i contaminanti del terreno. Una strategia per ripristinare il suolo riducendo il peso dei rifiuti

di Matteo Cavallito

 

Ascolta “Il suolo contaminato rinasce grazie ai funghi mangia-petrolio” su Spreaker.

Ripristinare il suolo contaminato disaggregando le sostanze tossiche e risolvendo, alla base, il problema dello smaltimento: è la missione dei funghi, insospettabili protagonisti di un esperimento destinato, si spera, a fare scuola. La storia arriva da Marathon County, Wisconsin, dove un gruppo di ricercatori ha dato il via a una missione apparentemente proibitiva che coinvolge la locale università e il dipartimento cittadino della gestione dei rifiuti.

Al centro della sperimentazione c’è quanto di peggio possiate immaginare: un blocco di terra carico di petrolio. A novembre i ricercatori hanno iniziato a coltivarci funghi di buona qualità. Con risultati sorprendenti.

La speranza dei ricercatori

“La terra non trattata odora di petrolio”, ha spiegato alla radio locale Alex Thomas, ricercatore della University of Wisconsin-Stevens Point coinvolto nello studio. Dove i funghi sono cresciuti, invece, il suolo “ha iniziato ad avere un buon profumo, simile a quello del talco per bambini. Un indizio che potrebbe essere il preludio a risultati interessanti”.

L’olfatto, ovviamente, non fornisce una prova definitiva. Ma gli studiosi ritengono ora che le analisi di laboratorio possano confermare l’ipotesi più ottimistica. La speranza, insomma, è che i funghi abbiano saputo portare a termine il loro compito. “Ripulendo” di fatto il terreno dalle sostanze nocive che avrebbero potuto renderlo inutilizzabile.

Meno rifiuti grazie… ai funghi

Ma come funzione il processo di bonifica naturale? “Il petrolio è un combustibile fossile, fatto di carbonio”, ha raccontato la WPR, l’emittente radiofonica locale. “I funghi possono nutrirsi dei composti organici spezzando le lignine che li legano. E sono in grado non solo di rimuovere ma anche di scomporre i contaminanti a base di greggio, eliminando la loro tossicità. In questo modo i funghi possono essere compostati di nuovo nel terreno ormai pulito”. Tale capacità non si manifesta per tutti i composti. Ma anche nei casi più critici non mancano i vantaggi.

“Nel suolo contaminato da metalli pesanti, i funghi assorbono le sostanze nocive diventando a loro volta tossici”, prosegue la WPR. Ad essere ripristinato però è il terreno che, di conseguenza, non deve più essere eliminato. A quel punto, insomma, lo smaltimento riguarda solo i funghi. Con conseguente risparmio di spazio in discarica.

Grazie a questo processo è quindi possibile ridurre i costi di smaltimento. Un principio che, sotto varie forme e ad ogni latitudine, attira il crescente interesse degli scienziati.

Il micorisanamento è la nuova frontiera?

L’esperimento condotto nel Wisconsin si colloca nel solco di una tecnica nota come “micorisanamento”. Una pratica tuttora oggetto di ricerca. “I funghi sono i più potenti decompositori presenti in natura”, evidenzia la rivista della Royal Geographical Society britannica. “Per milioni di anni, si sono evoluti per sfruttare i residui delle altre specie, riciclando i nutrienti nell’ecosistema. Unici organismi sulla Terra capaci di decomporre il legno, i funghi sono in grado di estendersi nel suolo con i loro miceli filamentosi, espellendo enzimi digestivi che consentono di decomporre i materiali complessi”.

Nel corso degli anni, nota ancora la rivista, gli esperimenti non sono mancati. Il micorisanamento è stato utilizzato anche per decontaminare i terreni dai pesticidi. Nel 2017, inoltre, “Alcuni ricercatori cinesi hanno isolato un fungo in grado di digerire il poliuretano”. L’efficacia di queste tecniche, tuttavia, appare ancora variabile e sembra essere condizionata da tanti fattori. Proprio per questo, suggerisce la rivista, saranno necessarie ulteriori ricerche negli anni a venire per esplorare le opportunità di una strategia che resta in ogni caso promettente.