25 Luglio 2024

Le foreste miste sono più propense al sequestro di carbonio

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Uno studio cinese ha evidenziato come le foreste miste riescano a  immagazzinare una quantità più elevata di carbonio a causa del maggiore accumulo di detriti legnosi

di Matteo Cavallito

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Le foreste miste tenderebbero a catturare e stoccare maggiori quantità di carbonio organico nel suolo rispetto ad altre aree boschive. A suggerirlo è uno studio pubblicato sulla rivista Forest Ecosystems. Nel corso della ricerca, un gruppo di studiosi dell’Università di Taizhou, in Cina, ha analizzato lo stock e la qualità del carbonio a un metro di profondità in una serie di aree forestali situate nella riserva naturale di Wanglang, nella provincia di Sichuan, a sud-est dell’altopiano tibetano. La lista degli ecosistemi studiati comprende boschi di arbusti, di latifoglie decidue, di latifoglie e conifere, di conifere di mezza età e di conifere mature.

Le successioni forestali

I ricercatori, ricorda una nota, hanno preso innanzitutto in considerazione le successioni forestali, ovvero quei processi di sostituzione della comunità biologica all’interno dell’ecosistema. Tali dinamiche, spiegano gli studiosi, esercitano “potenti effetti sul carbonio organico del suolo dovuti a variazioni nella composizione della comunità vegetale e microbica, nel microambiente, nello stock di detriti delle piante e nella disponibilità di nutrienti del suolo”.

Comprendere questi meccanismi, insomma, è decisivo per chiarire al meglio i dettagli che caratterizzano il ciclo globale del carbonio nel suolo e per migliorare i modelli predittivi.

La letteratura scientifica attualmente disponibile, tuttavia, non fornisce risposte adeguate. Gli studi fin qui condotti, spiegano ancora i ricercatori, si concentrano infatti sui cambiamenti che si verificano nel suolo superficiale durante la successione forestale, trascurando l’osservazione delle dinamiche del carbonio conservato in profondità.  Lo studio dell’Università di Taizhou prova a offrire anche un contributo in tal senso.

Lo studio

Le indagini condotte nella riserva di Wanglang hanno evidenziato che la foresta mista ha immagazzinato la quantità più elevata di carbonio a causa del maggiore accumulo di detriti legnosi. “I risultati hanno mostrato che lo stock di carbonio organico del suolo variava da 9,8 a 29,9 kg per metro quadro”, si legge nello studio. “Il più alto e il più basso stock di carbonio sono stati osservati rispettivamente nella foresta mista e in quella di arbusti”. La qualità del carbonio organico nelle foreste miste è risultata però più scarsa rispetto a quella rilevata nelle altre aree boschive.

A definire la qualità dell’elemento, spiega lo studio, è un punteggio basso nell’indice di umificazione (HI) che misura il rapporto tra la parte umificata – la materia organica maturata dopo la decomposizione dei resti vegetali – e quella non umificata di una sostanza organica.

Sempre secondo l’indagine, la concentrazione dell’elemento in profondità è pari a circa 2/3 di quella rilevata nella parte superficiale. “L’elevata percentuale di stock di carbonio (66% alla profondità compresa tra 20 e 100 cm) e la migliore qualità di quest’ultimo (HI più bassi) indicano che le parti più profonde dei terreni hanno un enorme potenziale di immagazzinamento e necessitano di una maggiore attenzione nell’ambito dei fenomeni di cambiamento a livello globale”.

Le potenzialità delle foreste miste

Lo studio evidenzia ancora una volta le potenzialità espresse dalle foreste miste, un tema già al centro di altri studi. Tra questi una recente indagine a cura di un gruppo di ricercatori dell’Accademia Cinese delle Scienze pubblicata sulla rivista Plant and Soil che ha osservato come queste particolari aree boschive siano più resistenti all’acidificazione del terreno, un fenomeno problematico sul quale possono incidere diversi fattori.

La ricerca è stata condotta con l’impiego di esperimenti di deposizione simulata di azoto, un elemento essenziale per il terreno ma anche in grado, se diffuso in quantità elevate, di produrre eutrofizzazione, ovvero l’eccessivo arricchimento di nutrienti, oltre alla stessa acidificazione.

Lo studio, realizzato nelle foreste della provincia del Liaoning, nella Cina nordorientale, ha evidenziato in particolare come i boschi di larice e latifoglie siano meno inclini al fenomeno nel confronto con le foreste composte esclusivamente dai larici stessi. Suggerendo, di conseguenza, che la tutela della biodiversità arborea possa quindi costituire una strategia efficace di gestione degli ecosistemi forestali e di protezione del suolo.