31 Gennaio 2023
L'Italia conta oltre 34mila siti da bonificare. Tutti insieme occupano 237mila ettari di territorio. FOTO: prvideotv da Pixabay

L’istituzione del fondo è prevista dalla legge di Bilancio 2023. Le risorse saranno spalmate fino al 2027. Dovrebbero servire alle Regioni per sviluppare iniziative di contrasto al consumo di suolo, rigenerazione urbana e rinaturalizzazione dei terreni degradati

di Emanuele Isonio

 

10 milioni di euro stanziati per quest’anno. 20 milioni per il 2024, 30 per il 2025 e 50 milioni per ciascuno dei successivi due anni. A tanto ammontano le risorse che costituiranno il nuovo “Fondo per il contrasto al consumo di suolo” contenuto nella Legge di Bilancio 2023 licenziata a fine anno dal Parlamento. Obiettivo: consentire la programmazione e il finanziamento di interventi per la rinaturalizzazione di suoli degradati o in via di degrado in ambito urbano e periurbano.

Quali sono le opere finanziabili?

I 160 milioni in 5 anni, istituiti nei commi 695 e 696 della Manovra 2023, dovranno essere ripartiti tra le Regioni e le Province autonome, secondo criteri che verranno definiti da un decreto del ministero dell’Ambiente, tenendo conto della superficie regionale, il numero di abitanti e il tasso locale di consumo di suolo. Saranno poi gli enti territoriali a decidere quali sono gli interventi più urgenti di rigenerazione urbana cui destinare le risorse del fondo.
Del resto, le azioni da portare avanti in un territorio complesso e sottoposto a diverse forme di degrado come quello italiano certo non mancano. Il fondo potrà essere usato per molte diverse attività, capaci di contrastare il consumo di suolo. Qualche esempio è contenuto nella stessa relazione illustrativa allegata all’ultima Legge di Bilancio:

  • rinaturalizzazione del territorio e ripristino della naturalità dei suoli;
  • incremento della capacità di ritenzione idrica e permeabilità del suolo;
  • infrastrutture verdi, il recupero delle acque meteoriche ai fini irrigui delle aree verdi;
  • contrasto al degrado del suolo e alla desertificazione a scala locale, ambienti verdi di fruizione pubblica.

Per valutare le opere maggiormente capaci di generare un effetto di rinaturalizzazione del suolo e di ripristino delle sue funzionalità, oltre che per individuare le aree sulle quali effettuare gli interventi più urgenti, verrà creato un Tavolo tecnico. Ne faranno parte i rappresentanti della Direzione generale Uso sostenibile del suolo del Ministero dell’Ambiente oltre alle autorità di bacino e dell’ISPRA.

Ma la legge salva-suolo ancora manca

Che un fondo per finanziare opere di contrasto al consumo di suolo sia indispensabile in Italia è innegabile. Nel nostro Paese la cementificazione e l’impermeabilizzazione procedono a velocità doppia rispetto alla Ue: nel corso del 2021, hanno superato i 2 metri quadri al secondo. L’ultimo rapporto ISPRA ricorda che in appena 12 mesi, con una media di 19 ettari al giorno, le coperture artificiali hanno raggiunto la cifra monstre di 70 chilometri quadrati. Il valore più alto negli ultimi dieci anni. Rappresentano ormai il 7,13% della superficie nazionale a fronte di una media Ue del 4,2%. E se si considerasse solo la porzione di territorio teoricamente disponibile e idonea ai diversi usi, la percentuale supererebbe addirittura il 10%.

Consumo di suolo in Italia. La crescita non si arresta, nemmeno nello scenario più ottimistico. FONTE: Rapporto Transizione Ecologica Aperta, ISPRA 2021.

Consumo di suolo in Italia. La crescita non si arresta, nemmeno nello scenario più ottimistico. FONTE: Rapporto Transizione Ecologica Aperta, ISPRA 2021.

Avere però un fondo per opere di contrasto senza però dotare il Paese di una legge che imponga lo stop al consumo netto di suolo rischia di essere sostanzialmente inutile.

“Una legge nazionale è assolutamente urgente nel nostro Paese” spiegava a Re Soil nei mesi scorsi Michele Munafò, responsabile Monitoraggio territorio e consumo di suolo di ISPRA. “Serve per definire come raggiungere questi obiettivi di stop al consumo di suolo previsti a livello europeo e globale. Ma è necessaria anche per dare un quadro di riferimento omogeneo che si stanno approvando in molte regioni italiane. Serve poi per definire correttamente il concetto di consumo di suolo. Si eviterebbe così di procedere attraverso meccanismi di definizione non corretta o di deroghe che limitano l’efficacia di alcune norme”.

Eppure, nessuna proposta di legge in tal senso è mai arrivata a essere nemmeno discussa dall’aula in uno dei due rami del Parlamento. Nella passata legislatura di proposte ne erano state depositate ben quattro. Solo uno di quei progetti (l’S.164) aveva fatto qualche passo in avanti, ma aveva collezionato solo audizioni informali e alcune riunioni di comitati ristretti nelle commissioni competenti.

26 miliardi necessari e 35mila siti da bonificare

C’è poi la questione della dotazione finanziaria del fondo. “È un inizio. Per la prima volta si mettono sul piatto risorse per il tema. Ma in sé per sé, le somme stanziate potrebbero coprire un numero limitatissimo di progetti a livello nazionale” aveva commentato Munafò, stavolta intervistato dal Sole24ore. Ma la stessa ISPRA, nel suo rapporto ufficiale ReNDiS aveva calcolato che per mettere in sicurezza il territorio sarebbero necessari non meno di 26 miliardi di euro.

Basti considerare che il nostro Paese conta ancora oggi 34.519 siti da bonificare. Tutti insieme occupano un’area di oltre 237.000 ettari pari allo 0.77% del territorio nazionale. Del gruppo fanno parte 41 grandi aree industriali che da sole coprono 171mila ettari. Ma a questi siti di interesse nazionale, se ne aggiungono altri 35mila di interesse regionale.

La mappa dei siti di interesse nazionali e regionali in attesa di bonifica. FONTE: ISPRA.

La mappa dei siti di interesse nazionali e regionali in attesa di bonifica. FONTE: ISPRA.