L’università di Oxford: lungi dall’essere distruttivi, gli erbivori contribuiscono alla mitigazione del cambiamento climatico. Determinante la capacità di prevenire gli incendi e di restituire carbonio e semi al suolo
di Matteo Cavallito
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Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i grandi erbivori della Terra possono svolgere un ruolo importante nel contrastare il cambiamento climatico. Lo suggerisce una ricerca pubblicata sulla rivista Current Biology. Lo studio, ripreso dalla Ong statunitense Mongabay, sottolinea infatti come questi animali finiscano per attuare una serie di meccanismi che si rivelano, a modo loro, efficaci strategie di mitigazione.
Gli esemplari in questione, in particolare, “aiutano a prevenire gli incendi, a diminuire la quantità di calore solare assorbito dalla superficie terrestre e contribuiscono in modo determinante allo stoccaggio a lungo termine del carbonio nel suolo”, ha dichiarato Yadvinder Malhi, esperto di ecosistemi presso l’Università di Oxford e principale autore della ricerca. Mammiferi come elefanti, gnu e simili, rileva quindi l’organizzazione, “potrebbero aiutare, e non ostacolare, i nostri sforzi di conservazione del carbonio”.
Un efficace contrasto agli incendi
Le interazioni tra i grandi animali e il clima, ricordano i ricercatori, possono essere talvolta problematiche. Non diversamente, si potrebbe aggiungere, dal complesso rapporto tra la fauna e il suolo. Emblematico, in questo senso, il caso del sorprendente equilibrio instauratosi milioni di anni fa tra il terreno e colossali erbivori del tempo, ovvero i dinosauri. Un meccanismo ecosistemico misterioso che continua a sfidare la comprensione degli scienziati. Tornando ai giorni nostri, la ricerca fotografa una situazione per certi versi sorprendente.
Pur essendo apparentemente distruttivi per la vegetazione, infatti, i grandi erbivori sembrano avere “il maggior potenziale per facilitare la mitigazione del cambiamento climatico su scala globale attraverso tre meccanismi”.
Ovvero, spiegano gli scienziati, “i mutamenti nel regime degli incendi“, soprattutto nelle praterie umide o nei boschi temperati caldi”. Ma anche “i cambiamenti nell’albedo terrestre e l’aumento degli stock di carbonio del suolo”, in particolare negli ecosistemi di pianura temperati, tropicali e subtropicali.
Il circolo virtuoso del carbonio
Secondo gli autori dello studio, mangiando materiale vegetale gli erbivori sottraggono potenziale combustibile agli incendi. Contemporaneamente, gran parte del carbonio immagazzinato nella vegetazione consumata viene rapidamente restituito al suolo sotto forma di deiezioni. La decomposizione di queste ultime consente al carbonio di mantenersi inalterato nel terreno anche in caso di diffusione delle fiamme.
Inoltre, spiega Jens-Christian Svenning, docente dell’Università di Aarhus, in Danimarca “questo carbonio può aumentare la produttività del suolo, permettendo a molte nuove piante di crescere e assorbire più CO2″.
Recenti ricerche, ricorda, suggeriscono anche che “il pascolo da parte di erbivori selvatici può stimolare il rilascio di sostanze dalle radici che stabilizzano il carbonio stesso del terreno”. Lo stesso ciclo alimentare, infine, permette agli animali che consumano i frutti delle piante di restituire al suolo i semi contenuti in questi ultimi.
Animali decisivi non solo ai tropici
L’effetto positivo dell’azione degli erbivori non si rileva solo nelle zone caratterizzate da un clima caldo. Nell’Artico, ad esempio, questi esemplari aiutano a controllare la crescita delle piante legnose, impedendo loro di diffondersi verso nord a seguito dell’aumento delle temperature.
Nei loro territori, i grandi animali da pascolo autoctoni o reintrodotti, come i buoi muschiati, mantengono gli arbusti bassi, riducendo l’assorbimento dell’energia solare.
Gli erbivori, in particolare, proteggono il permafrost compattando la neve con gli zoccoli, riducendo il suo effetto isolante e aumentando la probabilità che la temperatura del suolo rimanga sotto lo zero. In questo modo, il materiale del terreno ricco di carbonio non si decompone rilasciando l’elemento nell’atmosfera.
La conservazione degli erbivori è fondamentale
In questo contesto, la conservazione degli erbivori ha un ruolo decisivo. In passato, notano ad esempio gli scienziati, si stima che l’estinzione dei grandi mammiferi che si cibano di piante, come i mammut ad esempio, possa aver fatto aumentare le temperature medie registrate in Siberia di un grado centigrado. In tempi decisamente più recenti, l’Africa ha sperimentato un forte calo della presenza dei grandi animali selvatici, il cui numero si sarebbe ridotto del 59% nelle aree protette tra il 1970 e il 2005.
Malhi e Svenning, ricorda Mongabay, sostengono che la protezione degli erbivori e di altri animali selvatici sarà fondamentale per mantenere gli ecosistemi sani. In questo modo sarà possibile contrastare al tempo stesso le “crisi gemelle” della biodiversità e del clima. “Con una quota ridotta delle risorse attualmente disponibili per la mitigazione e l’adattamento al clima, potremmo espandere gli sforzi di conservazione esistenti”, conclude Malhi. “E ripristinare la presenza dei grandi animali dove essi sono scomparsi”.