2 Ottobre 2023

Lo studio brasiliano: nella foresta della Caatinga l’aumento delle temperature rischia di distruggere quasi la metà della biodiversità entro il 2060. In pericolo i servizi ecosistemici

di Matteo Cavallito

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Il cambiamento climatico potrebbe cancellare fino al 40% della biodiversità nella porzione semi-arida del Nordest brasiliano entro il 2060. Lo sostiene uno studio pubblicato sul Journal of Ecology, una pubblicazione della British Ecological Society. L’indagine, che ha coinvolto diversi atenei brasiliani, ha preso in esame le collezioni di piante, gli erbari e la letteratura scientifica per compilare un database di circa 3.000 specie vegetali nel bioma.

Combinando queste informazioni con i dati relativi alla distribuzione geografica, alla forma di crescita, al clima e al suolo, rileva l’agenzia FApesp in un articolo a firma Julia Moióli, gli studiosi hanno preso in esame alcuni modelli convalidati con diversi tipi di algoritmi statistici e di intelligenza artificiale per ipotizzare oltre un milione di proiezioni delle possibili risposte delle specie vegetali alle future variazioni climatiche.

Il cambiamento climatico favorirà la perdita di biodiversità

Lo studio, condotto da ricercatori provenienti dalle università di Campinas (UNICAMP), Paraíba (UFPB), Pernambuco (UFPE) e Viçosa (UFV) e dall’Istituto Federale di Goiás (IFG), si è concentrato sulla foresta di Caatinga, nel Brasile orientale. Caratterizzata da bioma semi-arido, l’area è una delle più ricche al mondo dal punto di vista della biodiversità.

Nel contesto del cambiamento climatico, scrive l’agenzia, la zona sperimenterà la perdita di specie, la sostituzione di piante rare con vegetazione più generalista, l’omogeneizzazione biotica (in cui comunità vegetali precedentemente distinte diventano sempre più simili), l’aumento dell’aridità e persino la desertificazione in alcune aree.

Arbusti ed erbe sostituiranno gli alberi

“L’emergenza climatica è una minaccia significativa per la biodiversità nel XXI secolo, ma le varie specie non saranno ugualmente colpite”, si legge nello studio. A conti fatti, “si prevede che oltre il 99% degli habitat vegetali perderà alcune specie entro il 2060, e l’omogeneizzazione biotica – la diminuzione della diversità – è prevista nel 40% dei territori del Caatinga”.

Infine, “la sostituzione di specie arboree a gamma ristretta con specie arbustive ad ampio raggio dovrebbe incidere su almeno il 90% degli assemblaggi vegetali del territorio”.

La riduzione della diversità e della complessità della vegetazione comporterà ovviamente conseguenze particolari in termini di funzioni svolte dall’ambiente. “I cambiamenti biotici previsti negli assemblaggi vegetali delle zone aride indicano la perdita di servizi ecosistemici legati alla produttività della biomassa e allo stoccaggio del carbonio”, prosegue lo studio. Per questo, gli autori “evidenziano l’importanza della pianificazione della conservazione a lungo termine per il mantenimento delle foreste secche tropicali”.

Necessari interventi di mitigazione

I ricercatori, insomma, invitano gli amministratori pubblici a elaborare piani di conservazione a lungo termine per mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico e l’impatto delle attività umane dannose per l’ambiente, come la deforestazione, la distruzione degli habitat, il degrado e l’esposizione del suolo. In caso contrario il rischio è quello di accelerare quei processi che sono alla base delle cosiddette crisi gemelle: l’emergenza climatica e la perdita di biodiversità.

In assenza di interventi, spiega la ricerca, la riduzione della varietà vegetale sarà maggiormente visibile nelle aree montuose della foresta orientale brasiliana, come la Chapada Diamantina e la Chapada do Araripe. L’aumento delle temperature favorirà infatti lo sviluppo ad altitudini superiori di alcune piante di pianura. Nel mentre le specie di alta quota si estingueranno.