1 Dicembre 2022

Dal prossimo anno nella capitale cinese sarà in vigore una nuova legge per la lotta all’inquinamento del suolo. Il provvedimento segue le indicazioni della recente normativa nazionale. Ma c’è un precedente poco incoraggiante

di Matteo Cavallito

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La capitale cinese ha emanato nuove norme per contrastare l’inquinamento del suolo attraverso il controllo dell’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici e il rafforzamento del monitoraggio sugli impianti industriali. Le regole, che entreranno in vigore il prossimo anno, rientrano nelle iniziative condotte dalle amministrazioni provinciali per l’attuazione della legge nazionale in materia approvata nel 2019. Lo riferisce China Dialogue, un’organizzazione no profit ambientalista di base a Londra e a Pechino.

“Da anni la Cina è alle prese con un grave inquinamento del terreno”, scrive l’associazione. “Nel 2014, il 16,1% dei campioni di suolo raccolti in tutto il Paese mostrava tracce di contaminazione”. Il fenomeno “rappresenta una minaccia per la qualità dei terreni coltivabili e per la sicurezza alimentare” e deriva, in larga parte, dall’estrazione dei metalli non ferrosi e dalle operazioni di scarico degli impianti.

Il precedente

Gli sforzi del Paese per contrastare l’inquinamento del terreno sono iniziati nel 2016, ricorda la Reuters, quando l’esecutivo ha elaborato un nuovo piano di intervento. Nell’occasione, nota però l’agenzia, “il governo ha faticato a creare incentivi e meccanismi di finanziamento per la bonifica, soprattutto nelle vecchie regioni industriali o rurali dove i prezzi degli immobili sono bassi”.

Sul tema era intervenuta anche Greenpeace che, in uno studio realizzato insieme all’Istituto di Ecologia e Ambiente dell’Università di Nanjing, aveva puntato il dito sulla negligenza delle amministrazioni locali, accusate di eseguire operazioni di risanamento troppo rapide per non rallentare la vendita dei terreni.

Nel 2018, riferiva ancora la Reuters, la concessione dei permessi per il cambio d’uso del suolo aveva fruttato alle autorità locali della Cina incassi complessivi per quasi 6.500 miliardi di yuan (970 miliardi di dollari). Le operazioni sui terreni contaminati avevano generato nello stesso anno circa 1.000 miliardi di yuan (oltre 150 miliardi di dollari). Appena il 7% della cifra era stato speso per le operazioni di ripristino.

Lo studio in corso

Il piano di contrasto all’inquinamento si affianca a un’altra iniziativa importante: il censimento nazionale del suolo. Si tratta di una mastodontica opera di aggiornamento dell’ultima indagine sul tema condotta ben 40 anni fa. “Gli ultimi quattro decenni hanno visto una crescita economica rapida e ad alta intensità di risorse”, aveva spiegato nei mesi scorsi la stessa China Dialogue. “I cittadini cinesi godono ora di una migliore qualità di vita, ma il terreno ha pagato un prezzo pesante”.

E ancora: “Una nuova indagine è essenziale per la comprensione e la protezione dei suoli e per garantire la sicurezza alimentare e i progressi verso lo stop alla crescita delle emissioni e gli obiettivi di neutralità climatica della Cina”.

I due temi sono strettamente collegati. Anni di agricoltura intensiva e di crescente esposizione al vento e alla pioggia, infatti, hanno favorito l’erosione e l’impoverimento del suolo. Riducendo drasticamente la concentrazione di materia organica. Il contenuto di carbonio nei terreni cinesi, ricorda l’organizzazione ambientalista, è tuttora inferiore del 30% rispetto alla media mondiale.

In Cina numeri preoccupanti

Il problema della qualità del suolo si intreccia con quello dell’inquinamento. “La Cina ha una carenza di terreni coltivabili (l’8% del totale mondiale) a fronte di un’ampia popolazione e utilizza troppi fertilizzanti: il 33% di quelli prodotti su scala globale”, notava ancora l’organizzazione. “Questo genera acidificazione e rende duri e compatti i terreni”.

L’acidificazione dei suoli, inoltre, favorisce l’assorbimento dei metalli pesanti con un evidente impatto sulla disponibilità di cibo prodotto.

Osservato speciale, in questo senso, è soprattutto il cosiddetto suolo nero, il terreno più fertile del Paese che si colloca soprattutto nelle province di Heilongjiang, Jilin e Liaoning che, ricorda Bloomberg, contribuiscono da sole alla produzione del 50% del riso, del 41% della soia e del 34% del mais della Cina. La tutela della salute del suolo in queste aree è ovviamente decisiva per la sicurezza alimentare della nazione.