21 Gennaio 2022

Il monito di Green Alliance: il mercato del carbonio offre nuove opportunità al settore agricolo britannico. Ma senza opportune regole può favorire addirittura una crescita delle emissioni

di Matteo Cavallito

 

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Il carbon market britannico offre grandi opportunità al settore agricolo. Ma in assenza di una valida regolamentazione il meccanismo rischia di essere controproducente. Anche per questo gli operatori dovrebbero concentrarsi sugli sforzi di riduzione delle loro emissioni prima di cedere crediti sul mercato alle aziende degli altri comparti. Sono le conclusioni del messaggio lanciato dall’ultimo rapporto realizzato dall’associazione Green Alliance in collaborazione con i ricercatori dell’Università di Manchester e dello Scotland’s Rural College.

I carbon credit valgono 1,7 miliardi

Il carbon market nasce con l’obiettivo di incentivare le buone pratiche di riduzione delle emissioni. Lo schema è ampiamente noto: ogni risparmio di CO2 si traduce in un credito spendibile sul mercato. Le imprese che sforano i limiti prefissati possono compensare le emissioni in eccesso acquistando i crediti stessi. Negli ultimi anni molta attenzione è stata posta sul settore agricolo e sulla sua capacità di riduzione dell’impatto climatico attraverso il sequestro di carbonio, il ripristino del suolo e altre strategie utili. Sia l’Unione Europea che gli Stati Uniti sembrano voler puntare con decisione su questo meccanismo così come il Regno Unito.

“Nel 2017 le emissioni da agricoltura, uso del suolo e torbiere nel Regno Unito sono state pari a 58 milioni di tonnellate di CO2. Il rilascio di gas serra da parte del settore agricolo rappresenta il 9% circa dell’ammontare totale registrato nel Paese” si legge nello studio.

Secondo le previsioni del Climate Change Committee britannico, prosegue il rapporto realizzato in collaborazione con WWF e TESCO, l’applicazione di buone pratiche in campo agricolo consentirebbe di tagliare il 64% delle emissioni del settore entro il 2050. In questo quadro, dicono le stime, il valore potenziale del mercato dei crediti per i farmers britannici ammonterebbe a 1,7 miliardi di sterline all’anno.

Il potenziale economico del carbon market agricolo britannico. Immagine: © Green Alliance, gennaio 2022 Creative Commons Attribution-Noncommercial- No derivative works 3.0 unported licence

Il potenziale economico del carbon market agricolo britannico. Immagine: © Green Alliance, gennaio 2022 Creative Commons Attribution-Noncommercial- No derivative works 3.0 unported licence

Ma il rischio è dietro l’angolo

I problemi però non mancano. “Sebbene in grado di garantire un nuovo flusso di reddito per gli agricoltori, il carbon market presenta anche alcuni rischi”, si legge nel rapporto. Il riferimento corre alle cosiddette pending issuance units (PIUs), ovvero i crediti associati all’ammontare di carbonio che si ipotizza di sequestrare per l’intera durata di ogni singolo progetto. Il fatto, rilevano gli autori, è che questi crediti non possono essere venduti più di una volta. E se ad acquistarli sono aziende di altri settori ecco che il comparto alimentare finisce per essere tagliato fuori.

Per evitare tutto questo, suggeriscono gli autori, “le aziende che usano prodotti agricoli nella loro catena di approvvigionamento dovrebbero sostenere gli agricoltori per ridurre, dove possibile, le loro stesse emissioni. In questo modo ci sono vantaggi sia per l’impresa, che può rivendicare la sostenibilità dei suoi prodotti, sia per l’agricoltore. I crediti verificati, inoltre, potrebbero essere usati per bilanciare qualsiasi emissione che non può essere ridotta”.

Senza regole le emissioni aumentano

Infine l’importanza delle regole. L’uso dei crediti di carbonio rappresenta un incentivo alle buone pratiche. Ma in assenza di norme stringenti si rischia di ottenere l’effetto opposto.

“Il meccanismo di compensazione può causare un aumento delle emissioni di chi compra i crediti di carbonio, sia a causa della crescita della domanda dei loro prodotti o servizi, sia per gli effetti della dichiarazione di bassa emissione o di neutralità del carbonio fatta. O, in alternativa, perché l’azienda sceglie di comprare le compensazioni invece di tagliare le emissioni stesse”, spiegano gli autori.

Un meccanismo efficiente basato sui crediti, di conseguenza, deve tenere conto della complessità dello scenario. Per questo occorre misurare con precisione l’effettivo ammontare del carbonio sequestrato (“Considerando tutte le emissioni di gas serra determinate dalle stesse operazioni di sequestro”) e l’impatto ambientale di lungo periodo (“C’è sempre il rischio che il carbonio rimosso venga rilasciato nuovamente nell’atmosfera in futuro”). Importante infine fissare regole stringenti per tutelare la finalità autentica del mercato dei crediti: quella di garantire, cioè, che quest’ultimo sia utilizzato solo “in aggiunta, e non in sostituzione, delle pratiche di riduzione delle emissioni da parte delle imprese”.