Città che sprofondano, minaccia globale: è il fenomeno della subsidenza, favorito dalla crescita demografica e dal cambiamento climatico. Coinvolge un quinto della popolazione mondiale e produce danni fino a 8 trilioni di dollari. Le soluzioni, tuttavia, non mancano
di Matteo Cavallito
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La subsidenza, ovvero la tendenza del terreno a sprofondare a causa di diversi fattori, potrebbe interessare il 19% della popolazione mondiale entro il 2040 nonché il 21% delle principali città. Lo sostiene una ricerca promossa dall’UNESCO e pubblicata sulla rivista Science. Lo studio, realizzato da Gerardo Herrera dell’Istituto Geologico e Minerario spagnolo, insieme a un pool di ricercatori – tra cui gli italiani Luigi Tosi e Mauro Rossi del CNR e Pietro Teatini, dell’Università di Padova – punta il dito sulle conseguenze delle attività umane e del cambiamento climatico come la siccità e l’innalzamento del livello del mare. Ma offre, al tempo stesso, più di uno spunto per porre rimedio al problema tutelando il futuro delle città del Pianeta.
Uomo e clima dietro alla subsidenza
A provocare la subsidenza, spiega la ricerca, “è soprattutto la mobilitazione di solidi o fluidi nel sottosuolo”. L’esaurimento delle acque sotterranee genera “una progressiva perdita di elevazione del terreno nell’ordine di grandezza dei centimetri o dei decimetri all’anno”. L’aumento della popolazione e il cambiamento climatico provocano tipicamente la crescita della domanda di acqua sotterranea destinata tanto ai terreni agricoli quanto alle aree urbane.
Non diversamente da altri fenomeni di erosione, l’abbassamento del livello del suolo rappresenta dunque una seria minaccia. Tra i centri più colpiti spicca da tempo la capitale indonesiana Giacarta, che in alcune zone ha registrato un abbassamento della superficie pari a 2,5 metri nello spazio di 10 anni.
Le soluzioni? Norme di legge e agricoltura sostenibile
La buona notizia, però, è che gli strumenti per contrastare il fenomeno non mancano. Il team dei ricercatori, infatti, ha elaborato un modello previsionale in grado di individuare le aree a maggior rischio di subsidenza. Particolarmente importante l’uso della tecnologia – che sempre più spesso, per altro, viene posta al servizio del suolo – attraverso l’utilizzo di satelliti e radar. Il tutto si affianca poi alla ricerca di fonti d’acqua alternative e all’impiego di pratiche agricole sostenibili. Decisiva, infine, la regolamentazione dell’utilizzo delle risorse idriche sotterranee. Uno strumento legale per bloccare i prelievi indiscriminati e le loro conseguenze sulla stabilità dei terreni.
Un rischio da $8 mila miliardi
La posta in gioco, d’altra parte, è enorme. Lo studio, infatti, sottolinea come la subsidenza interessi aree abitate complessivamente da 1,2 miliardi di persone. L’86% dei residenti a rischio abita in Asia con Cina e India osservate speciali. Ma l’elenco delle zone problematiche, sottolinea Herrera, comprende anche molte falde acquifere di Stati Uniti e Messico cui l’agroindustria starebbe attingendo sempre più copiosamente. Il danno potenziale del fenomeno, stima ancora lo studio, ammonterebbe a quasi 8,2 trilioni di dollari, oltre un decimo del Pil globale.