Piantare nuovi alberi non basta: per ottimizzare il sequestro del carbonio e favorire la biodiversità, la riforestazione deve seguire particolari criteri. Una ricercatrice italiana dei Royal Botanic Gardens di Richmond li ha riuniti in un decalogo
di Matteo Cavallito
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La riforestazione è considerata generalmente come una pratica assai utile per la salute dell’ambiente e del suolo. Ma se condotta in modo sregolato, rischia di risultare inutile o addirittura dannosa generando, ad esempio, un insospettabile eppure conclamato aumento delle emissioni di CO2. Lo sostiene un gruppo di ricercatori guidato da Alice di Sacco del Royal Botanic Gardens di Richmond, Regno Unito, in un’analisi pubblicata sulla rivista Global Change Biology. Lo studio evidenzia le problematiche esistenti e propone “dieci regole d’oro” per garantire il raggiungimento degli obiettivi.
Obiettivo globale: ripristinare 350 milioni di ettari
Negli ultimi anni, il tema della deforestazione e delle sue conseguenze – dal contributo al cambiamento climatico fino alla perdita di biodiversità – hanno acceso i riflettori sull’importanza della rigenerazione del territorio. Nel 2011 gli attivisti hanno lanciato la cosiddetta “Sfida di Bonn” (Bonn Challenge) con l’obiettivo di ripristinare 350 milioni di ettari entro il 2030. Ad oggi, ricordano i ricercatori, i progetti di riforestazione in atto su scala globale sono 89 con il coinvolgimento di 63 soggetti – organizzazioni e governi in particolare – a copertura di 173 milioni di ettari. Si tratta indubbiamente di una buona notizia, verrebbe da dire. Ma nonostante tutto, scrivono i ricercatori, “si teme che diverse iniziative ambiziose non riescano a raggiungere i tre obiettivi chiave: sequestro del carbonio, recupero della biodiversità e garanzia di mezzi di sussistenza sostenibili”.
Quando la riforestazione è dannosa
Alcune operazioni di ripristino, precisa la ricerca, hanno prodotto danni collaterali come l’alterazione della biodiversità originaria, l’aumento delle specie invasive, la riduzione dei servizi di impollinazione e la crescita delle emissioni di CO2 favorito da un calo della ritenzione del carbonio nel suolo. “Questi risultati negativi – si legge nella ricerca – sono per lo più associati all’uso estensivo di piantagioni esotiche a monocoltura”. Secondo alcune stime, precisano gli autori, si ritiene che “solo un terzo degli impegni nell’ambito della Bonn Challenge miri a ripristinare le foreste naturali” originarie.
Dieci regole d’oro
Proprio per questo, sottolineano ancora i ricercatori, la prima regola di una buona riforestazione consiste nella “protezione della foresta nativa esistente”. Il progetto di rigenerazione del bioma ancestrale nel territorio brasiliano della Vale do Rio Doce promosso dall’Instituto Terra di Sebastião Salgado e Lélia Deluiz Wanick, verrebbe da aggiungere, è un ottimo esempio in tal senso. Non altrettanto l’iniziativa lanciata dalle autorità del Madagascar che hanno cercato di rigenerare le pianure degradate della parte orientale del Paese con alcune specie non native, ricorda la ricerca, in contrasto con la biodiversità originaria. Ed è proprio la tutela dell’esistente ad ispirare la prima delle dieci regole d’oro elaborate dai ricercatori. Ecco quali sono:
1. Proteggere prima le foreste esistenti
Prima di pianificare il rimboschimento occorre cercare sempre il modo di proteggere le foreste esistenti, sia quelle vecchie sia quelle secondarie o quelle piantate.
2. Lavorare insieme
Coinvolgere tutte le parti interessate, vale a dire rendere la popolazione locale parte integrante del progetto.
3. Massimizzare il recupero della biodiversità per soddisfare molteplici obiettivi
Il ripristino della biodiversità faciliterà altri obiettivi, ovvero il sequestro del carbonio, la tutela dei servizi ecosistemici e quella dei benefici socioeconomici.
4. Selezionare aree appropriate per la riforestazione
Evitare di operare in terreni precedentemente non boschivi, collegare o espandere le foreste esistenti ed essere consapevoli della necessità di spostare altrove le attività che causano la deforestazione
5. Usare la rigenerazione naturale dove possibile
La rigenerazione naturale può essere più economica e più efficace dell’impianto di alberi quando le condizioni del sito sono adatte.

Le dieci regole d’oro per la riforestazione. Fonte: Di Sacco, A.; Hardwick, K.; Blakesley, D.; Brancalion, P.H.S.; Breman, E.; Cecilio Rebola, L.; Chomba, S.; Dixon, K.; Elliott, S.; Ruyonga, G.; Shaw, K.; Smith, P.; Smith, R.J.; Antonelli, A. Ten Golden Rules for Reforestation to Optimise Carbon Sequestration, Biodiversity Recovery and Livelihood Benefits. Distributed under a Creative Commons CC BY license.
6. Selezionare le specie per massimizzare la biodiversità
Piantare un mix di specie dando la priorità a quelle native, favorire le interazioni mutualistiche ed escludere le specie invasive.
7. Usare materiale vegetale resiliente
Ottenere semi o piantine con variabilità genetica e provenienza appropriate per massimizzare la resilienza della popolazione vegetale. Per assicurare la sopravvivenza e la resilienza di una foresta piantata, dunque, è vitale usare materiale con livelli adeguati di diversità genetica coerente con la variabilità locale o regionale.
8. Pianificare in anticipo le infrastrutture, la capacità e la fornitura di semi
Dalla raccolta dei semi all’impianto degli alberi, occorre sviluppare le infrastrutture necessarie, la capacità e il sistema di fornitura dei semi con largo anticipo, se non sono disponibili esternamente, e seguire sempre gli standard di qualità delle sementi.
9. Imparare con la pratica
Basare gli interventi di ripristino sulle migliori evidenze ecologiche. Eseguire prove prima di applicare le tecniche su larga scala. Monitorare gli indicatori di successo appropriati e usare i risultati per la gestione adattiva.
10. Far fruttare l’operazione
Sviluppare flussi di reddito diversi e sostenibili per diversi stakeholder, compresi i crediti di carbonio, i prodotti forestali non legnosi, l’ecoturismo e i servizi che possono essere venduti sul mercato.