Il consumo di suolo galoppa. Il costo economico collettivo è enorme
Presentato il nuovo Rapporto sul consumo di suolo realizzato dal Sistema Nazionale Protezione Ambientale. Le coperture artificiali crescono di 72,5 km quadri, dato superiore a quello dell’ultimo decennio. Le aree naturali ripristinate occupano appena 8 kmq. Solo nell’ultimo anno, il danno economico per i servizi ecosistemici persi è di quasi mezzo miliardo di euro
di Emanuele Isonio
La crescita del consumo di suolo in Italia non è solo un enorme problema dal punto di vista ambientale e climatico ma ha anche profondi risvolti economici. Un aspetto, quest’ultimo, spesso sottovalutato nella descrizione del problema. Vogliamo quindi partire da qui quest’anno nel dare notizia dell’edizione 2024 del consueto rapporto curato da Ispra e dal Sistema nazionale di Protezione ambientale (Snpa).
25 miliardi di euro di servizi ecosistemici perduti
Fra le quasi 400 pagine del rapporto, è infatti contenuta una stima dei costi totali legati alla perdita del flusso annuale di servizi ecosistemici: solo nell’ultimo anno varia da un minimo di 410 a un massimo di 501 milioni di euro. Il danno economico complessivo, per il periodo 2006-2023, si aggira tra gli 8,2 e il 10 miliardi di euro.
“In entrambi gli intervalli di tempo – si legge nel rapporto – il valore più alto di perdita è associato al servizio di regolazione del regime idrologico, ovvero all’aumento del deflusso superficiale prodotto dal consumo di suolo. Il valore perso in stock tra 2006 e 2023 varia tra 19,47 miliardi e 24,69 miliardi di euro, di cui quasi di un miliardo dovuto al consumo di suolo dell’ultimo anno”.
La perdita di stock più elevata è associata alla produzione agricola. “Questa analisi conferma che il maggiore impatto del consumo di suolo avviene a discapito delle principali funzioni ovvero della regolazione dei cicli naturali (in particolare quello idrologico) e della produzione di beni e materie prime (che, in questo caso, assolvono bisogni primari come acqua e cibo)”.

Valutazione economica della perdita di flussi di servizi ecosistemici tra il 2006 e il 2023. FONTE: Elaborazione ISPRA su cartografia SNPA. Consumo di suolo. Dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2024.
2,3 metri quadri al secondo di suolo consumato nel 2023
La perdita di servizi ecosistemici peraltro è destinata a proseguire. Il consumo di suolo in Italia infatti non accenna a fermarsi, nonostante l’impegno di voler arrivare a un consumo netto zero entro fine decennio. Nell’ultimo anno – rivela il rapporto SNPA – le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 72,5 km quadrati, ovvero in media circa 20 ettari al giorno o 2,3 metri quadri al secondo. L’incremento è inferiore rispetto al dato record dello scorso anno ma si conferma ampiamente superiore alla media dell’ultimo decennio (68,7 kmq annuali).
La crescita delle superfici artificiali è stata solo in piccola parte compensata dal ripristino delle aree naturali, che ha riguardato poco più di 8 kmq, dovuti al passaggio da suolo consumato a suolo non consumato. Nella maggior parte dei casi si tratta di recupero di aree di cantiere o superfici già classificate come consumo di suolo reversibile. Le azioni di deimpermeabilizzazione incidono ancora in piccolissima parte. Un valore del tutto insufficiente per raggiungere l’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto: negli ultimi dodici mesi è invece risultato pari a 64,4 kmq (17,6 ettari al giorno, più di 2 m2 al secondo i valori stimati al netto dei ripristini).

FONTE: SNPA, Consumo di suolo. Dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2024.
Il tasso di consumo di suolo utile supera il 10%
A livello nazionale, il suolo consumato copre attualmente il 7,16% del territorio (7,26% al netto della superficie dei corpi idrici permanenti) con valori in crescita continua. “Se a questo si aggiungono le aree più piccole di 1.000 metri quadri, il totale sale al 7,63% del territorio nazionale” sottolineano gli analisti di SNPA. Numeri che assumono una dimensione maggiore alla luce dell’effettivo suolo utile al consumo (abbreviato in suolo utile): quella parte di territorio residua e “consumabile” ottenuta escludendo le aree a elevato rischio idraulico e di frana, quelle vincolate perché protette e quelle in cui le condizioni geomorfologiche non consentono la posa di nuovi insediamenti. In questo caso, la percentuale all’interno del suolo utile sale e supera il 10%.
Connesso con tale dato ce n’è un altro particolarmente preoccupante: quello della distribuzione delle aree interessate dal consumo di suolo. Il fenomeno infatti si concentra sui suoli maggiormente accessibili (fasce costiere, pianure e fondi valle) e nelle aree a maggiore vocazione agricola. Si accentua inoltre la tendenza alla perdita delle aree naturali in ambiente urbano, preziose per assicurare la qualità della vita e una maggiore capacità di adattamento ai cambiamenti climatici in corso. Aree preziose, dunque, sia in senso ecologico sia perché garantiscono la sicurezza alimentare del Paese.
Pianura Padana sotto pressione
“Un suolo sano – ricorda Michele Munafò, curatore del rapporto SNPA – costituisce la base essenziale dell’economia, della società e dell’ambiente, in quanto produce alimenti, accresce la nostra resilienza ai cambiamenti climatici, agli eventi meteorologici estremi, alla siccità e alle inondazioni e favorisce il nostro benessere. Riesce inoltre a immagazzinare carbonio, ha una maggiore capacità di assorbire, conservare e filtrare l’acqua e fornisce servizi vitali come alimenti sicuri e nutrienti e biomassa per i settori non alimentari della bioeconomia”.
Particolarmente elevati in tal senso i cambiamenti registrati nel 2023 nella pianura Padana, con maggiore intensità nella parte lombarda e veneta, nel Piemonte sudorientale e lungo la direttrice della via Emilia. Al Sud, preoccupa particolarmente la situazione del Salento. Significativa anche la presenza di cambiamenti nelle aree di pericolosità per frane e alluvioni, in zone a rischio sismico di varia natura, così come in altre aree vincolate e nelle aree protette.
A livello regionale, le regioni in cui il suolo consumato ha superato il 5% hanno raggiunto quota 15. L’ultima regione a entrare nel gruppo è stata l’Abruzzo. I valori percentuali più elevati rimangono quelli della Lombardia (12,19%), del Veneto (11,86%) e della Campania (10,57%). Valori superiori alla media nazionale anche per Emilia-Romagna, Puglia, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Liguria.

Confronto tra la percentuale per regione di suolo consumato (2023) e la media nazionale. Fonte: elaborazioni ISPRA su cartografia SNPA. Rapporto Consumo di suolo. Dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2024.
Che cosa occorrerebbe per l’obiettivo consumo netto zero
Per il futuro, le previsioni sviluppate da ISPRA non sono rosee. “Nel caso in cui la velocità di trasformazione dovesse confermarsi pari a quella attuale anche nei prossimi anni, si potrebbe stimare il nuovo consumo di suolo, che sarebbe pari a 1.739 kmq tra il 2023 e il 2050 e a 451 kmq se l’azzeramento fosse anticipato al 2030” stima il rapporto. “Se invece si dovesse tornare alla velocità media registrata nel periodo 2006-2012, si sfiorerebbero i 3.000 kmq”. Tutti scenari ben lontani da quelli necessari a invertire la rotta e ad avvicinarsi al consumo netto zero.
“Gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030, sulla base delle attuali previsioni demografiche, imporrebbero addirittura un saldo negativo del consumo di suolo. Ciò significa che, a partire dal 2030, la “sostenibilità” dello sviluppo richiederebbe un aumento netto delle aree naturali di 362 kmq o addirittura di 888 km2 che andrebbero recuperati nel caso in cui si volesse anticipare tale obiettivo a partire da subito”, calcola Ispra.

Scenari di consumo di suolo in Italia (km2 di suolo consumato a livello nazionale al 2050). Fonte: elaborazione ISPRA. SNPA, Consumo di suolo. Dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2024.


Patrick Domke / ETH Zurich, per uso non commerciale
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