2 Marzo 2023

I ricercatori dell’Università olandese di Wageningen studieranno le potenzialità dei batteri nel contrastare i parassiti delle piante senza danneggiare l’ecosistema del suolo. Decisiva l’azione dei peptidi, proteine biodegradabili prodotte dagli stessi microorganismi

di Matteo Cavallito

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I batteri potrebbero costituire un’alternativa ai pesticidi chimici. È l’ipotesi di un gruppo di ricercatori del Wageningen University & Research (WUR), un ente di ricerca con sede nell’omonima città dei Paesi Bassi. L’équipe di scienziati, guidati da Marnix Medema, docente dello stesso ateneo, passerà i prossimi anni a studiare le potenzialità di questi microorganismi nel contrastare i parassiti delle piante senza danneggiare l’ecosistema del suolo.

L’iniziativa è finanziata dalla Netherlands Organisation for Scientific Research (NWO), il consiglio nazionale olandese per la ricerca, con 5,5 milioni di euro. Il progetto ha una durata quinquennale.

I peptidi prodotti dai batteri proteggono le piante

“I pesticidi chimici sono un problema importante che deve essere risolto rapidamente”, spiega Medema in una nota diffusa dall’Università di Wageningen. “Questi prodotti sono dannosi per la biodiversità, ma potrebbero anche avere effetti negativi sul microbioma delle piante, compresi i batteri benefici, e sulla salute umana. Vogliamo contribuire a risolvere la questione”. Già, ma come? La risposta, spiegano i ricercatori, potrebbe trovarsi nei batteri. O, per meglio dire, nella loro capacità di produrre una particolare categoria di sostanze: quella dei peptidi antimicrobici.

“I peptidi sono fondamentalmente piccole proteine che in alcuni casi possono uccidere gli agenti patogeni senza danneggiare il corpo umano o la biodiversità”, rilevano infatti gli autori. La speranza, aggiungono, è quella di scoprire peptidi facilmente biodegradabili, in grado di colpire batteri e funghi e di non intaccare il restante microbioma di una pianta.

L’importanza di un contrasto “selettivo”

Questi aspetti sono cruciali. Per proteggere le colture, infatti, è necessario colpire quegli agenti patogeni che minacciano la sopravvivenza delle piante. L’azione di contrasto esercitata da molti pesticidi, tuttavia, rischia non solo di favorire l’inquinamento del suolo e dei suoi frutti. Ma anche di danneggiare quei microorganismi decisivi che contribuiscono all’equilibrio dell’ecosistema.

Da tempo, ad esempio, gli scienziati sottolineano il nesso, sempre più evidente, tra fertilità del terreno e biodiversità microbica. I microrganismi, infatti, agiscono come una vera e propria banca di risorse a cui la pianta può attingere in modo selettivo a seconda delle sue necessità. Contribuendo alla decomposizione delle sostanze organiche e al rilascio dei nutrienti minerali essenziali.

Una ricerca innovativa

“Attualmente sappiamo molto poco su quali batteri producano questi peptidi in una pianta”, afferma Medema. “Ma ora è disponibile una nuova tecnologia che ci permetterà di identificarli su larga scala e di testarne le attività biologiche”. Lo studio punta non solo a individuare i batteri ma anche a sviluppare un prodotto da applicare alle colture coinvolgendo gli studiosi in un’analisi ad ampio spettro. I ricercatori delle università di Leiden e Zurigo, ad esempio, si occuperanno dell’analisi dei metaboliti e valuteranno l’azione dei peptidi e la loro capacità di attaccare i patogeni senza danneggiare i microorganismi utili.

Gli studiosi dello University Medical Center di Groningen, invece, studieranno gli effetti dei prodotti dei batteri sul microbioma intestinale umano. Il dipartimento di Scienze sociali del WUR, infine, analizzerà la possibile accettazione sociale della nuova tecnologia cercando di capire se le persone saranno disposte a consumare verdure trattate con peptidi antimicrobici. Per identificare i batteri produttori di peptidi, ammettono comunque i ricercatori, saranno necessari ancora anni.

Pesticidi sempre più impattanti

Lo studio dei batteri come alternativa ai pesticidi assume un significato importante nell’attuale contesto europeo. Il Regolamento UE in materia punta a ridurre del 50% i rischi associati ai prodotti fitosanitari entro il 2030. Nel mirino di Bruxelles, in particolare, ci sono 54 sostanze particolarmente pericolose che sono classificate come “candidate alla sostituzione” in considerazione del loro potenziale impatto sulla salute, sul suolo e sull’ambiente. In base al Regolamento in vigore, gli Stati membri sono chiamati a sostituire questi composti con alternative più sicure.

Lo scorso anno, un rapporto a cura di Pesticide Action Network (PAN), una federazione che raccoglie centinaia di ONG in 60  Paesi diversi, ha evidenziato come la contaminazione di frutta e verdura nel Vecchio Continente sia cresciuta significativamente nello scorso decennio, con un incremento del 53% dei casi registrati tra il 2011 e il 2019.