14 Dicembre 2022

La corretta gestione del suolo e dell’agricoltura hanno permesso la crescita degli insediamenti originari del Messico meridionale nell’età antica. Lo rivela lo studio del DNA ambientale condotto dai ricercatori statunitensi

di Matteo Cavallito

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L’agricoltura sostenibile sarebbe stata alla base della prosperità che accompagnò per secoli la vita di alcune città dell’era precolombiana. L’ipotesi emerge da uno studio dell’Università di Concinnati che, attraverso l’indagine genetica applicata alle tracce di polline, ha ricostruito l’epopea della Yaxnohcah, un importante centro situato nella penisola messicana dello Yucatan, non distante dalla frontiera con il Guatemala.

“Yaxnohcah era una delle principali città degli antichi Maya, cresciuta soprattutto durante il periodo preclassico tra il 1000 a.C. e il 200 d.C.”, si legge nello studio. “I nostri risultati indicano che, sebbene vi fossero ampie aree disboscate per scopi agricoli, un mosaico di foreste è rimasto inalterato per tutto il periodo dell’insediamento”.

L’analisi del polline

L’indagine ha preso in considerazione 38 campioni di suolo contenenti semi e altri frammenti botanici incluso il polline. I ricercatori, guidati da David Lentz, studioso del Dipartimento di Scienze biologiche dell’università di Cincinnati, hanno fatto ricorso all’analisi dell’eDNA, o DNA ambientale, una risorsa particolarmente utile per questo tipo di indagini.

L’eDNA, spiegavano già in passato Philip Francis Thomsen ed Eske Willerslev del Centre for GeoGenetics dell’Università di Copenhagen, consiste infatti nel “materiale genetico ottenuto direttamente da campioni ambientali come terreno, sedimenti, acqua e altro ancora senza segni evidenti di tracce biologiche di partenza”.

Se affiancato da “una tecnologia di sequenziamento efficiente in termini di costi e in continuo progresso, può essere un candidato appropriato per la sfida del monitoraggio della biodiversità”. Avviata originariamente in microbiologia, la ricerca sull’eDNA è stata successivamente applicata allo studio dei sedimenti, anche antichi, “rivelando il corredo genetico di animali e piante estinte ed esistenti”.

La raccolta dei dati

“Per ogni campione, circa 5 grammi di sedimento sono stati immersi in una sequenza di reagenti forti, come acido fluoridrico, cloridrico, nitrico e fosforico e idrossido di sodio, per essere poi centrifugati e risciacquati con acqua distillata”, spiegano i ricercatori. “Tutti questi passaggi hanno dissolto i componenti del terreno, lasciando per lo più grani di polline con la loro parete esterna composta da spore altamente resistenti”.

Utilizzando un microscopio ottico gli autori dello studio hanno identificato 200 grani di polline per ogni campione.

In questo modo è stato possibile ricostruire l’ambiente del tempo evidenziando la presenza di esemplari tra cui le piante di fichi, mele, prugne tropicali, anacardi, avocado e cacao che gli antichi Maya utilizzavano all’epoca. I ricercatori hanno anche individuato tracce di semi, polline e altri resti di specie selvatiche di cui non si conosceva l’uso.

L’agricoltura sostenibile è stata decisiva

Valutando il materiale a disposizione i ricercatori hanno rilevato come le popolazioni locali lasciassero intatte parti della foresta contribuendo a conservarne la biodiversità. Gli abitanti, inoltre, avrebbero fatto solo inizialmente uso dello “slash and burn“, una tecnica che prevede l’incendio controllato della foresta per far spazio a un terreno carbonizzato e fertile da destinare alle colture ma che risulta insostenibile nel lungo periodo. In seguito, di fronte alla crescita della popolazione, avrebbero abbandonato questa strategia.

Infine, ricorda la rivista Discover, l’insediamento poteva contare su “un elaborato sistema di serbatoi che forniva acqua potabile durante la stagione secca e aiutava a prolungare le stagioni della coltivazione”.

L’indagine, insomma, ha evidenziato come le comunità originarie abbiano saputo elaborare tecniche di utilizzo del suolo e delle sue risorse preservando l’equilibrio dell’ecosistema e garantendo così lo sviluppo demografico ed economico dei loro insediamenti. “Tutte queste osservazioni indicano che i Maya modificarono il loro paesaggio neo-tropicale”, conclude la ricerca. “Ma gestirono i loro campi e le loro foreste in modo sufficientemente prudente da potersi sostenere nei molti secoli in cui abitarono Yaxnohcah”.