6 Ottobre 2022

Una ricerca internazionale rivela: la presenza delle formiche offre servizi fondamentali per le colture come la diminuzione della presenza di parassiti e dei danni alle piante determinando un aumento delle rese

di Matteo Cavallito

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Le formiche possono essere un’alternativa naturale ai pesticidi nel contrasto ai parassiti delle piante. Lo suggerisce una ricerca pubblicata su Proceedings B, la rivista accademica di scienze biologiche della Royal Society britannica. L’indagine, a cura di un gruppo di scienziati provenienti da diversi atenei e centri di ricerca (Uberlândia, São Paulo e Belém in Brasile, Moncada in Spagna e Ann Arbor, Michigan, negli Stati Uniti) ha preso in esame 17 colture in differenti aree del mondo.

I ricercatori, sottolinea il Guardian, “hanno esaminato 26 specie di formiche, soprattutto arboricole, che nidificano sul suolo ma spesso si arrampicano sulle piante”. I risultati evidenziano come “le formiche svolgano un’opera più efficace nei sistemi agricoli diversificati come quello agroforestale, in cui alberi e colture sono coltivati sullo stesso terreno, e le colture all’ombra (shade-grown crops), dove sono presenti più siti di nidificazione e risorse alimentari per loro”.

Lo studio

Gli studiosi hanno analizzato 52 ricerche precedenti mettendo a confronto i dati relativi ai gruppi di piante caratterizzati dalla presenza di formiche e a quelli che ne erano privi. “Abbiamo costruito quattro modelli meta-analitici multilivello, uno per ciascuna delle seguenti variabili: presenza di parassiti e nemici naturali, danni alle piante e resa delle colture”, scrivono gli autori.

Successivamente sono stati elaborati differenti modelli che prendessero in considerazione aspetti come dimensioni delle formiche e del campo osservato, tipo, specializzazione e diffusione dei parassiti, sistema di coltivazione e durata dell’esperimento.

In questo modo gli scienziati hanno potuto analizzare “come questi fattori, separatamente, possano modulare la dimensione dell’effetto delle formiche sulle principali variabili del controllo biologico”. I risultati sono stati decisamente promettenti.

Distribuzione globale del numero di studi sull’impatto delle formiche analizzati dai ricercatori (a). Effetto complessivo delle formiche sull'abbondanza di parassiti e nemici naturali, sui danni alle piante e sulla resa delle colture (b). Immagine: Royal Society, Anjos et al. “The effects of ants on pest control: a meta-analysis”, Agosto 2022 Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

Distribuzione globale del numero di studi sull’impatto delle formiche analizzati dai ricercatori (a). Effetto complessivo delle formiche sull’abbondanza di parassiti e nemici naturali, sui danni alle piante e sulla resa delle colture (b). Immagine: Royal Society, Anjos et al. “The effects of ants on pest control: a meta-analysis”, Agosto 2022 Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

La diversità è un vantaggio

Nel complesso, riferisce lo studio, la sola presenza delle formiche, indipendentemente dalla loro dimensione corporea, ha garantito servizi fondamentali per le colture come la diminuzione della presenza di parassiti e dei danni alle piante determinando un aumento della resa delle colture. Fanno eccezione i parassiti produttori di melata, una sostanza zuccherina di cui si nutrono le stesse formiche che hanno dunque tutto l’interesse a preservarne la disponibilità “proteggendone” la fonte.

Un fattore decisivo per l’efficacia dell’azione antiparassitaria, notano ancora i ricercatori, è dato dalla biodiversità delle colture. “I sistemi colturali che consentono una maggiore differenziazione vegetale nell’ambiente”, si legge nella ricerca, “favoriscono il ruolo delle formiche nel controllo dei parassiti non produttori di melata”. In questi sistemi, inoltre, “può verificarsi una diluizione delle risorse dei parassiti stessi, consentendo un migliore controllo biologico da parte delle formiche”. Nelle coltivazioni ombreggiate, ad esempio, la riduzione degli agenti parassitari ha superato del 104% la diminuzione rilevata nelle monocolture.

Formiche, alleate preziose

Le formiche, rileva il Guardian, rappresentano la famiglia più numerosa tra quelle che compongono la classe degli insetti, di cui costituiscono circa la metà dell’intera biomassa. Con le loro 14mila specie presenti sul Pianeta – molte delle quali ancora sconosciute – questi esemplari sono già utilizzati consapevolmente nei processi agricoli. “I coltivatori di agrumi in Cina hanno usato le formiche in agricoltura per secoli”, rileva ancora il quotidiano britannico.

Inoltre, “gli insetti sono stati usati anche per aiutare a controllare i parassiti delle foreste in Canada, quelli del cacao in Ghana e i loro omologhi presenti nelle colture in Nigeria“. Le formiche delle isole Figi, infine, “sono in grado di coltivare e far crescere almeno sei specie di piante, nell’ambito di una relazione reciprocamente vantaggiosa che dura da 3 milioni di anni”.

Un’alternativa ai pesticidi

Secondo Diego Anjos, uno degli scienziati coinvolti nella ricerca, i dati emersi “suggeriscono l’opportunità di affidarsi a pratiche agricole più sostenibili (a partire dall’uso delle colture d’ombra) per promuovere il ruolo delle formiche”. Patrick Milligan, ricercatore dell’Università del Nevada, non coinvolto nella ricerca, ha dichiarato, citato ancora dal quotidiano londinese, che i risultati sono “incoraggianti e per nulla sorprendenti”. E che l’uso di questi insetti rappresenta un’altra opzione per consentire all’agricoltura di abbandonare i pesticidi.

L’idea appare affascinante, soprattutto in considerazione del peso e degli effetti della chimica in agricoltura. Nei mesi scorsi un rapporto a cura di Pesticide Action Network (PAN), una federazione che raccoglie centinaia di ONG in 60 Paesi, ha evidenziato un incremento del 53% dei casi di contaminazione negli esemplari di frutta e verdura in Europa tra il 2011 e il 2019.

Nel periodo in esame, ad esempio, la quota di kiwi che presentava tracce di pesticidi nel Vecchio Continente è passata dal 4% al 32%. Quella delle ciliegie dal 22% al 50%. Nel 2019, inoltre, la contaminazione è stata rilevata sull’87% delle pere prodotte in Belgio, il 74% delle ciliegie coltivate in Spagna e l’85% del sedano proveniente dall’Italia.