7 Agosto 2023

Lo studio britannico: l’aumento delle temperature primaverili fa svegliare le api troppo presto. La sincronizzazione tra gli insetti e le piante viene meno e le colture ne risentono. 1°C di riscaldamento corrisponde a un anticipo medio di 6,5 giorni

di Matteo Cavallito

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Il cambiamento climatico influisce sui ritmi di vita delle api con conseguenze negative per le colture che si affidano ai loro servizi di impollinazione. Lo sostiene uno studio dell’Università di Reading, nel Regno Unito. Le primavere più calde, in particolare, starebbero facendo svegliare prima le api britanniche con il risultato di far perdere loro la sincronizzazione con le piante.

Uscendo prima dal nido, in altre parole, gli insetti potrebbero non avere l’energia necessaria per impollinare efficacemente le colture o potrebbero mancare completamente la fioritura. Questo problema si ribalterebbe sul ciclo vitale della pianta determinando, in ultima analisi, una riduzione del cibo disponibile.

A rischio i servizi di impollinazione

“Far coincidere le date di risveglio con la fioritura delle piante è vitale per le api appena emerse che hanno bisogno di trovare polline e nettare per aumentare le loro possibilità di sopravvivenza e produrre prole”, ha spiegato Chris Wyver, ricercatore della School of Agriculture, Policy and Development dell’Università di Reading in una nota diffusa dallo stesso ateneo britannico. In caso di uscita anticipata dal letargo, infatti, gli insetti si troverebbero a fare  i conti con la scarsità di cibo.

In questo contesto l’impollinazione complessiva si riduce generando uno squilibrio ambientale e un problema per i produttori. Con inevitabili conseguenze, anche economiche, per tutti.

“La riduzione dell’impollinazione naturale potrebbe costringere gli agricoltori a ricorrere ad api allevate, con conseguenti maggiori costi che potrebbero essere scaricati sui consumatori”, aggiunge Wyver. “Di conseguenza, potremmo vedere mele, pere e verdure ancora più costose nei supermercati”.

Basta 1°C in più per svegliarsi una settimana prima

Lo studio ha esaminato 88 specie diverse di api selvatiche per un periodo di 40 anni, utilizzando oltre 350.000 singole registrazioni che hanno mostrato i cambiamenti nelle date di uscita dal letargo, sia nel tempo che in relazione alla temperatura. “Le analisi rivelano una diffusa anticipazione delle date di emersione delle api selvatiche britanniche, con un tasso medio di 0,40 giorni all’anno dal 1980 per tutte le specie presenti nel set di dati usato nella ricerca”, spiega lo studio.

E ancora: “La temperatura è un fattore chiave di questo spostamento, con un anticipo medio di 6,5 giorni per 1°C di riscaldamento”.

Alcune api, spiegano i ricercatori, emergerebbero prima di altre poiché le diverse specie rispondono in modo differente al cambiamento della temperatura. Secondo le proiezioni del Met Office,  il servizio meteorologico nazionale del Regno Unito, da qui al 2070 gli inverni registreranno un aumento della temperatura compreso tra 1 e 4,5°C con un incremento massimo del 30% in termini di umidità. A partire da queste condizioni è verosimile che la tendenza al risveglio precoce da parte delle api troverà conferma.

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Le api e insetti impollinatori in generale hanno un ruolo cruciale per la nostra sicurezza alimentare e per gli ecosistemi. Qui, 5 dei “servizi” garantiti dalla loro presenza. FONTE: Archivio FAO.

Dalle api dipende la maggior parte del cibo mondiale

L’uscita anticipata delle api è destinata a impattare soprattutto su alcune piante come i meli, ad esempio, che potrebbero non essere pronti a fiorire così presto. Quel che è certo è che le conseguenze del cambiamento climatico sulle api e i loro comportamenti rappresentano un tema di enorme importanza a fronte delle sue potenziali implicazioni.

“Tre colture alimentari su quattro nel mondo dipendono in una qualche misura dalle api e dagli altri impollinatori. Tuttavia, la moria di questi insetti sta crescendo. Eppure l’economia alimentare globale sta mostrando un notevole aumento della domanda di servizi di impollinazione, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo” ricordava la FAO nel maggio dello scorso anno in occasione del World Bee Day, Senza questi insetti, evidenziava ancora l’organizzazione ONU, “un gran numero di specie di piante selvatiche e coltivate non esisterebbe più. Ben 71 delle 100 specie circa di colture che forniscono il 90% del cibo nel Pianeta sono infatti impollinate dalle api”.