
In Italia, la superficie destinata a nocciolo è aumentata del 20% in 8 anni. Diversi progetti e incentivi allettanti puntano ad aumentare ancora la produzione per raggiungere l’autosufficienza. Ma non bisogna sottovalutare la vocazionalità dei suoli a questo tipo di coltura. Per ridurre i costi, l’impatto sui territori e aumentare il reddito degli agricoltori
di Stefania Cocco, Valeria Cardelli, Dominique Serrani, Lorenzo Camponi, Andrea Salvucci, Giuseppe Corti *
Il nocciolo (Corylus avellana L.) è una pianta originaria dell’Asia Minore che, a partire dall’ultima era glaciale, vegeta in boschi cedui misti sulle Alpi e sull’Appennino meridionale a quote comprese fra i 200 ai 1.700 m, con buone capacità adattative. La pianta è un arbusto alto 4-7-10 metri, con un apparato radicale superficiale, forte, che frequentemente ospita micorrize (incluso tartufo bianco e nero) e che si espande a profondità comprese tra 0 e 60 cm in funzione della natura del suolo. Da secoli viene coltivato principalmente sui suoli del Lazio, della Campania, del Piemonte e della Sicilia, ma anche in Calabria, Liguria, Umbria e Sardegna.
Nella produzione di nocciole l’Italia si colloca al secondo posto al mondo dopo la Turchia. Secondo dati Istat, tra il 2010 e il 2018 la superficie destinata a nocciolo è aumentata del 20%, passando da 70.464 a 84.306 ettari, con una produzione nel 2020 di 140mila tonnellate di frutti. Questo incremento è legato a progetti di sviluppo proposti da diverse industrie che hanno inteso promuovere l’espansione della corilicoltura in tutta Italia.

Distribuzione della produzione mondiale di nocciole. FONTE: USDA
Obiettivo: 20mila ettari in più entro il 2025
Tra i vari progetti di espansione della coltura, ve ne erano che prevedevano un aumento di 20mila ettari di nuove piantagioni entro il 2025, così da sperare in una produzione corilicola 100% italiana. Per invogliare all’espansione del nocciolo, sono stati previsti incentivi e contratti interessanti, ma le condizioni contrattuali allettanti non possono trascurare l’importanza della preventiva validazione della vocazionalità (land suitability) dei suoli nei confronti della coltura.
Il concetto di vocazionalità di un suolo indica l’insieme delle caratteristiche pedoclimatiche che lo rendono adatto a una determinata coltura piuttosto che ad altre.
Nel caso del nocciolo le esigenze della coltura sono rappresentate da:
- una buona esposizione del sito, dalla profondità del suolo necessaria allo sviluppo dell’apparato radicale,
- un intervallo di pH ottimale intorno alla neutralità (anche se esistono varietà che tollerano valori sub-acidi e sub-alcalini),
- una buona struttura che favorisca un buon drenaggio
- un buon contenuto di sostanza organica che, oltre a favorire una buona strutturazione, favorisca anche una equilibrata disponibilità di nutrienti.
Scegliere bene i terreni aiuta a ridurre i costi
Il corileto richiede 800-1000 millimetri di pioggia l’anno mentre tollera poco lo scarso drenaggio, i suoli troppo compatti, le gelate tardive e i venti forti. Comunque, con i dovuti accorgimenti di gestione e di scelte varietali, il nocciolo riesce ad adattarsi anche a condizioni pedoclimatiche diverse ma, visto l’investimento economico di installazione del corileto, sarebbe opportuno impiantare i noccioli in aree vocate, così da ottenere maggiori produzioni al minor costo.
In quest’ottica si muove la Regione Emilia-Romagna che, ritenendo che la coltura del nocciolo possa essere una valida opportunità produttiva per le aziende, fornisce un contributo tecnico diretto per l’individuazione delle aree più idonee. La Carta di attitudine alla coltivazione del nocciolo, realizzata nell’ambito di questo progetto, fornisce agli agricoltori uno strumento che individua a grandi linee le aree più idonee per la riuscita dei corileti e quelle in cui la remunerazione degli investimenti è ritenuta poco probabile. La Carta di attitudine si propone di colmare almeno in parte un deficit di esperienze e di fornire uno strumento orientativo utile a definire le aree a diversa attitudine per la coltivazione del nocciolo. La consultazione della Carta deve sempre essere integrata, prima di procedere alla realizzazione di impianti, da dettagliate indagini eseguite da tecnici specializzati, volte a definire le caratteristiche pedologiche, stazionali e climatologiche dei siti di impianto.

La vocazione del territorio emiliano-romagnolo alla coltivazione del nocciolo. FONTE: Carta di attitudine
alla coltivazione del nocciolo, Regione Emilia Romagna – Arpae Emilia Romagna.
Come nasce la Carta dell’Emilia Romagna
La metodologia adottata per la realizzazione della carta trae origine dalla Land Suitability Classification, messa a punto dalla FAO negli anni ‘70. Il primo passo consiste nel definire le esigenze climatiche, pedologiche e stazionali necessarie per la coltivazione intensiva e sostenibile del nocciolo. In seguito, i requisiti colturali vengono confrontati con le caratteristiche del territorio. In base al grado di corrispondenza con i requisiti colturali, espresso attraverso un sistema di punteggi, il territorio viene ripartito in 4 classi di idoneità:
- S1 Adatto: l’assenza di limitazioni importanti consente di conseguire una produttività dell’80-100% rispetto al potenziale massimo della zona
- S2 Moderatamente adatto: la presenza di una o più limitazioni comporta una sensibile riduzione della produttività (60-80% rispetto al potenziale massimo della zona) o un sensibile incremento degli input richiesti per conseguire il potenziale massimo
- S3 Marginalmente adatto: la presenza di una o più limitazioni gravi comporta una forte riduzione della produttività (40-60% rispetto al potenziale massimo della zona) o un forte incremento degli input richiesti per conseguire il potenziale massimo
- N Non adatto: la presenza di una o più limitazioni severe comporta riduzione della produttività o aumento degli input tali da rendere impraticabile o non produttiva la coltivazione.

Categorizzazione della vocazionalità dei terreni. FONTE: FAO
L’importanza delle valutazioni preventive
L’approccio preventivo di valutazione delle caratteristiche dei suoli dovrebbe rientrare nei protocolli da seguire nelle scelte colturali soprattutto in un Paese come il nostro, contraddistinto da una notevole pedodiversità. L’attrazione esercitata da una coltura da reddito come il nocciolo potrebbe rischiare di far passare in secondo piano l’esigenza di un’accurata valutazione della vocazionalità dei territori e in particolare dei suoli da utilizzare, nonché degli effetti negativi di tipo ambientale connessi all’estendersi di sistemi monocolturali. Questo tipo di monocoltura è stato in alcuni casi, per esempio nel Lazio, considerato una minaccia sia dal punto di vista paesaggistico per lo stravolgimento provocato dalla messa a dimora di impianti in aree precedentemente destinate ad altre colture, sia dal punto di vista ambientale per l’uso di fertilizzanti e prodotti per la difesa della coltura.
Una puntuale conoscenza delle proprietà dei suoli che, come nel caso di quelli vulcanici, a causa della loro particolare composizione mineralogica, sono caratterizzati da ritenzione fosfatica, può permettere di razionalizzare gli interventi di concimazione e di corretta gestione di suoli. Questo approccio di scelte ragionate dovrebbe rientrare negli obiettivi del “neonato” Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, puntando a valorizzare le risorse alimentari e promuove l’utilizzo di metodi e mezzi di gestione delle risorse che siano sostenibili dal punto di vista ambientale. Cosa che equivale ad aumentare il reddito degli agricoltori.
* Gli autori
Stefania Cocco
Professore associato di Pedologia, PhD in Geobotanica e Geomorfologia. Interessi di ricerca: genesi di suoli agrari, forestali, urbani e subacquei; suolo e cambio climatico; rizosfera; soluzioni ecologiche; mineralogia del suolo; erosione idrica; suoli di ambienti aridi; suoli alpini e artici; paleosuoli; Oxisols.
Valeria Cardelli
PhD in pedologia. Collabora con università spagnole e americane per lo studio di suoli forestali e naturali, e sul reimpiego di materiali di scarto in agricoltura. Titolare di assegno di ricerca su riuso sostenibile di scarti di estrazione di idrocarburi.
Dominique Serrani
PhD in Pedologia. Studia gli effetti dello slash and burn sulla fertilità di suoli di sistema agroforestale in Mozambico. Titolare di assegno di ricerca sulla misura dell’erosione e sul monitoraggio della fertilità del suolo in ambienti collinari dell’Italia centrale.
Lorenzo Camponi
Dottore Forestale, CONAF Marche, attualmente dottorando in Pedologia. Si interessa di valutazione degli effetti dei cambi d’uso del suolo su differenti tipologie colturali in ambiente agro-forestale. In particolare: valutazione degli effetti sui parametri fisico-chimici della componente organica del suolo in foreste in conversione; valutazione degli effetti della gestione sulla rizosfera di nocciolo.
Andrea Salvucci
Dottore Agronomo, CONAF Marche. Attualmente dottorando in Pedologia. Si interessa di caratterizzazione pedologica e miglioramento di suoli salini.
Giuseppe Corti
Già presidente della Società Italiana di Pedologia, è attualmente direttore del Centro Agricoltura e Ambiente del CREA.