Arrivare a una metodologia condivisa per valutare la qualità dei suoli è una tappa essenziale per migliorare il loro stato di salute. La scelta della Mission Soil UE di creare un set di 6 indicatori va quindi salutata con favore
di Claudio Marzadori*, Luciano Cavani** e Claudio Ciavatta***
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Una delle definizioni più diffuse di qualità del suolo è quella sviluppata in seno alla Soil Science Society of America (SSSA) nella seconda metà degli Anni ‘90 del secolo scorso, che si basa sul concetto della capacità di un suolo di funzionare: “capacità di un suolo di sostenere, nel contesto di uno specifico ecosistema naturale o antropico, la produzione vegetale o animale, di contribuire a migliorare la qualità dell’aria dell’acqua, e infine di supportare la salute dell’uomo e l’abitabilità ambientale”. Molti ricercatori che operano nel campo delle Scienze del Suolo concordano su questa definizione di qualità del suolo, pur in assenza di un accordo generalizzato sulle procedure da utilizzarsi per la sua misura.
Proprietà intrinseche e dinamiche
La qualità del suolo dipende da proprietà intrinseche (o statiche) e da proprietà dinamiche.
Le proprietà intrinseche dipendono dai fattori di formazione: clima, topografia, vegetazione, roccia madre e tempo. Alcuni programmi di monitoraggio della qualità del suolo ne identificano le proprietà intrinseche con la tessitura, la pendenza, la struttura e il colore. Queste proprietà tendono ad essere molto stabili e rispondono molto lentamente alla pressione esercitata da fattori di cambiamento (FC) naturali e/o antropici che potenzialmente possono impattare sulla funzionalità del suolo.
Le proprietà dinamiche fanno invece riferimento ai processi chimici, biologici e fisici che stanno alla base del funzionamento del “motore” suolo. Queste proprietà tendono a rispondere rapidamente alla pressione esercitata da FC e, nel tempo, con essi si mettono in equilibrio. Equilibrio, tuttavia, che sarà destinato a spostarsi tutte le volte che tali fattori subiranno modifiche (ad esempio: cambiamento climatico, variazioni della gestione agronomica o forestale, land use change-LUC). Il punto di equilibrio che determinati processi raggiungono sarà di fatto specifico per ciascun ecosistema. L’effetto dei FC sulla qualità/funzionalità del suolo sarà quindi valutato come funzione delle variazioni che i medesimi processi subiscono.
Da questo punto di vista, le proprietà dinamiche sono più rispondenti all’approccio scientifico che individua la qualità del suolo con la sua funzionalità. La valutazione delle proprietà dinamiche richiede, quindi, l’individuazione di condizioni di riferimento per “ogni sistema suolo-pianta-clima-destinazione d’uso del suolo”, del quale si voglia misurare la qualità. Le proprietà dinamiche rappresentano correntemente il punto focale per sostanziare il termine “qualità del suolo”.
L’importanza di scegliere un minimo data set
La qualità del suolo non può essere misurata direttamente, ma deve essere ricavata da variazioni nei suoi attributi o negli attributi dell’ecosistema, chiamati indicatori. Gli indicatori della qualità del suolo devono essere in grado di misurare la capacità del suolo di funzionare rispetto alle piante, alla produttività biologica, alla qualità ambientale e alla salute degli animali e dell’uomo. Devono anche essere utilizzabili per valutare le variazioni nelle funzioni del suolo nell’uso del territorio e all’interno dei confini dell’ecosistema.
È chiaramente irrealistico usare tutti gli attributi del suolo o dell’ecosistema come indicatori, ma un minimo data set (MDS), consistente in un “core set” di attributi comprendenti le proprietà chimiche, fisiche e biologiche, può essere selezionato per la valutazione della qualità del suolo. Il MDS selezionato per misurare la qualità del suolo può variare da zona a zona e dipende dal tipo o uso del territorio, funzioni del suolo e fattori di formazione del suolo. Diversi tipi di uso del territorio possono richiedere capacità crescenti di certe funzioni del suolo e quindi richiedono certi indicatori rispetto ad altri per valutare la qualità del suolo.
Le scelte della Mission Soil della UE
Una via per integrare le informazioni ottenute con la misura di un minimo data set di indicatori è quello di sviluppare un indice di qualità del suolo. Un indice di qualità del suolo può essere un semplice rapporto tra due indicatori o più spesso è un modello multiparametrico che si basa su un MDS di indicatori. Un indice può essere utilizzato per monitorare e predire gli effetti dei sistemi agrari, delle pratiche agronomiche sulla qualità del suolo, o può evidenziare i primi segni della degradazione del suolo.
Il problema della misura della qualità del suolo, lungi da trovare una soluzione condivisa, tuttavia rappresenta un problema pratico, di grande attualità. È quindi urgente la richiesta di una soluzione praticabile. È proprio nelle more di questa discussione che la Mission Soil promossa dalla UE propone, per verificare lo stato qualitativo dei suoli 6 indicatori fondamentali ai quali associare soglie che permettano di verificare l’effetto delle pratiche di gestione del suolo che operano in un determinato momento all’interno di un determinato ecosistema.
Gli indicatori proposti sono:
- Presenza nel suolo di inquinanti, eccesso di nutrienti e sali;
- Copertura vegetale;
- Carbonio organico nel suolo;
- Struttura del suolo, includendo anche densità e assenza di compattamento ed erosione;
- Biodiversità del suolo;
- Nutrienti del suolo e acidità (pH).
L’importanza di una metodologia condivisa
La scelta d’intraprendere un percorso che possa portare, nel tempo, a una metodologia condivisa per la misura della qualità del suolo, è senz’altro da accogliere con grande favore. Per raggiungere questo obiettivo è necessario cominciare ad operare a livello di campo, portando sempre più nelle realtà aziendali ciò che i ricercatori stanno sperimentando da tempo. Pensiamo, tuttavia, che la bontà nella scelta degli indicatori debba essere posta alla prova dei fatti. Non potrebbe essere diversamente, non escludendo la necessità di aggiustamenti in corso d’opera.
Claudio Marzadori, PhD.
Professore ordinario di Chimica Agraria presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’ Alma Mater Studiorum Università di Bologna-DISTAL. La sua attività accademica è da sempre incentrata sullo studio dei processi chimici e biochimici che caratterizzano il sistema suolo-pianta. La sua attività didattica lo vede titolare di insegnamenti relativi alla Chimica del Suolo, la Biochimica agraria e la Chimica e Biochimica dell’interazione suolo pianta. Recentemente le sue attività di ricerca sono fortemente orientate alla definizione di strumenti di valutazione della funzionalità dei suoli in rapporto alle loro destinazioni d’uso. Si sta inoltre applicando alle ricerche relative allo sviluppo delle pratiche d’uso e riciclo di biosolidi nei suoli a scopo fertilizzante.
** Luciano Cavani, PhD.
Professore associato presso l’ Alma Mater Studiorum Università di Bologna, svolge le sue ricerche nell’ambito della Chimica agraria.
È titolare degli insegnamenti di “Indici di qualità del suolo” e di “Soil chemistry and carbon cycle”. I suoi interessi di ricerca sono rivolti in modo particolare alla fertilità dei terreni agrari, ai fertilizzanti e all’utilizzo dei sottoprodotti agro-industriali in agricoltura. Attualmente incentra la sua ricerca sullo studio delle relazioni tra la gestione agronomica (lavorazioni, rotazioni, consociazioni, concimazioni) e la funzionalità del suolo.
*** Claudio Ciavatta
Professore ordinario di Chimica Agraria presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari (DISTAL) dell’Alma Mater Studiorum all’università di Bologna. Già presidente della Società italiana di Chimica Agraria, studia in particolare gli aspetti chimico-strutturali e biochimici della sostanza organica di suoli, fertilizzanti, di biomasse di riciclo e di rifiuto, e della fertilità del suolo, con particolare riferimento ai cicli dell’azoto e del fosforo. Ha al suo attivo oltre 300 pubblicazioni.