6 Novembre 2023
L'esperienza di Fruttorti a Parma è una delle best practice citate dalla FAO per un uso virtuoso ed equo delle foreste urbane. FOTO: Fruttorti.

Foreste urbane e spazi verdi sono essenziali per adattarsi e contrastare i cambiamenti climatici. Ma un nuovo rapporto FAO avverte: senza norme adeguate stanno diventando una nuova forma di iniquità sociale ai danni dei quartieri più poveri

di Emanuele Isonio

 

Da più di un decennio a Parma è attivo un parco pubblico molto particolare: una “foresta alimentare urbana”, ideata da un movimento cittadino spontaneo e informale (Fruttorti) nato per creare più spazi verdi in tutta la città emiliana. La Picasso Food Forest è un’area verde nella quale gli alberi e le piante non forniscono solo ossigeno e riparo dal sole. Oltre a garantire una barriera contro gli eventi meteo estremi e a rappresentare preziose forme di resilienza ai cambiamenti climatici, questa speciale foresta urbana fornisce anche cibo alle persone che vivono in zona. La foresta alimentare tenta di imitare processi e funzioni naturali tipici di un ecosistema boschivo immaturo, caratterizzato da alberi di diverse dimensioni e altezze, arbusti, piante erbacee e zone con diversi livelli di ombra e luce.

La Picasso Food Forest costituisce anche un habitat importante per promuovere la biodiversità: al suo interno vivono più di 300 specie animali, dagli uccelli agli insetti. Analogo il numero di specie vegetali, comprese piante coltivate e spontanee. È un luogo in cui i cittadini possono connettersi, apprendere e praticare l’agroecologia, condividere le loro idee su sostenibilità, autosufficienza, resilienza della comunità ed empowerment.

La ‘gentrificazione verde’

Una buona pratica a tutti gli effetti. Da conoscere e valorizzare. Non a caso è stata inserita tra gli esempi virtuosi di un recente rapporto FAOUrban forests: a global perspective – dedicato alle foreste urbane, presentato durante il 2° Forum mondiale sulle foreste urbane a Washington DC.

Il Rapporto FAO "Urban forests: a global perspective".

Il Rapporto FAO “Urban forests: a global perspective”.

Ma, l’esperienza parmense non è così frequente a livello globale. Le foreste urbane hanno – non per colpa loro, ovviamente – un lato oscuro. È lo stesso rapporto FAO a sottolinearlo: “la rapida urbanizzazione senza una pianificazione sufficiente sta portando a città con pochi o mal posizionati alberi e spazi verdi”. Ciò avviene in particolare nei Paesi a basso e medio reddito. “Allo stesso tempo, nelle città che riconoscono l’importanza degli spazi verdi, la loro distribuzione è spesso sbilanciata verso i quartieri più ricchi, mentre la ‘gentrificazione verde’ può spingere fuori i residenti che non possono permettersi di vivere vicino agli spazi verdi della propria città” si legge nel rapporto.

In parole povere: le foreste urbane si stanno sviluppando in modo disordinato e si stanno concentrando nelle zone più benestanti delle città. I luoghi e le comunità più svantaggiate non solo continuano a godere di minori spazi verdi urbani. Ma sono anche escluse dalla loro pianificazione, progettazione e gestione. Anche dove questi polmoni verdi sorgono, i più poveri finiscono per non poterne godere perché non riescono a stare al passo con la crescita del costo della vita e del valore delle case. E devono quindi spostarsi in aree più periferiche.

L’importanza di una distribuzione equa

Eppure, l’aumento e l’equa distribuzione delle foreste urbane rappresenta un’arma che gli stessi analisti FAO considerano fondamentale. “Due terzi della popolazione mondiale vivrà in aree urbane entro il 2050” ricorda Zhimin Wu, Direttore della Divisione Foreste della FAO. Cifra che in Europa dovrebbe salire all’84%. “I governi e le autorità di pianificazione devono quindi assicurarsi che tutti, indipendentemente dal loro status socio-economico, abbiano accesso ai numerosi benefici offerti da alberi e spazi verdi”.

Qualcosa, anche nei Paesi più poveri o in via di sviluppo si sta muovendo. Il rapporto FAO cita, tra gli altri, l’esperienza della città brasiliana di Maringá che sta piantando alberi nei quartieri più svantaggiati della periferia della città per contribuire a fornire una migliore qualità dell’aria e ombra ai residenti, durante le estate tropicali. Ancora più originale la scelta di Freetown: nella capitale della Sierra Leone i residenti delle zone a reddito più basso ricevono ricariche telefoniche tramite un’app – TreeTracker – che monitora la crescita e la sopravvivenza delle piante piantate dalla comunità. L’obiettivo è farne crescere l’80%. A ogni albero è stato assegnato un ID univoco, georeferenziato e fotografato. Ogni pianta può essere trasformata in “gettoni d’impatto” che aziende e privati possono acquistare, vendere e scambiare per finanziare ulteriori piantumazioni.

Grazie alle foreste urbane, fino a 8°C in meno nelle città

Ma, nonostante le esperienze virtuose, c’è ancora molta strada da fare per colmare il divario sociale verde” e raggiungere la parità di accesso agli spazi verdi entro il 2030. Un traguardo che è stato inserito tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU. Il perché è presto detto: le foreste e gli alberi urbani infatti attenuano il rumore, filtrano gli inquinanti provenienti dal traffico e dall’industria e hanno effetti positivi sulla salute mentale e fisica dei cittadini. Assorbono anche il carbonio e possono contribuire a raffreddare l’aria della città fino a 8 gradi Celsius, riducendo l’effetto isola di calore urbano che può essere letale durante le ondate di caldo. Tanti servizi positivi e gratuiti, la cui importanza è stata riconosciuta sia dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) sia dal Quadro globale sulla biodiversità di Kunming-Montreal.