Laura Vallaro (Fridays For Future): alla Cop26, gli Stati ascoltino la scienza e trattino la crisi climatica finalmente come un’emergenza. Spostare investimenti da un settore all’altro non basta. Servono riforme radicali
di Emanuele Isonio
A sei anni dalla Cop21 di Parigi la notizia più significativa contro la crisi climatica è probabilmente il movimento che, in tutto il mondo, si è coagulato dietro a una teenager svedese, ormai nota a tutti: Greta Thunberg. I ragazzi del Fridays for Future – noto anche come Sciopero scolastico per il clima – hanno deciso periodicamente di non frequentare le lezioni scolastiche. Sono milioni a livello globale (e decine di migliaia solo in Italia). Tutti insieme, prendono parte a manifestazioni in cui chiedono azioni concrete e decise contro il riscaldamento globale e il cambiamento climatico. Una delle mobilitazioni che probabilmente più hanno inciso per orientare l’agenda mediatica e politica in favore della transizione ecologica.
Una di loro è Laura Vallaro, 21 anni, studentessa di Scienze forestali all’università di Torino. Alle cronache è assurta per la sua decisione di non possedere il cellulare: evidentemente sconvolgeva la sua consapevolezza che si potesse vivere felici anche senza essere interconnessi e raggiungibili ovunque in qualsiasi momento (“La mia è stata una scelta etica, ho pensato a tutte le risorse che servono per fabbricarli, ai minerali come il coltan presi in paesi dove c’è tanta povertà sfruttando le persone e a volte anche i bambini. Quella cosa non mi piaceva” raccontò 18 mesi fa nelle pagine torinesi del Corriere della Sera). Oggi Laura è una dei 6 portavoce di Fridays for Future Italia. Settimane febbrili, per lei, per loro, visto l’appuntamento con la PreCop26 di Milano.
Proprio in concomitanta con l’appuntamento milanese, sarà tra i partecipanti, il 1° ottobre, alla web conference che Re Soil Foundation organizza sul rapporto tra salute del suolo, sicurezza alimentare e sviluppo della bioeconomia circolare.
Laura, partiamo proprio dalla Cop26: quali sono le vostre speranze e soprattutto le vostre proposte per questo evento cruciale per il futuro del clima mondiale?
Le nostre speranze sono ovviamente che finalmente l’emergenza climatica venga affrontata come tale e che gli Stati del mondo aggiornino i propri impegni e rispettino gli impegni presi. Certo, guardando la situazione attuale e come sono andate le altre conferenze sul clima, vediamo come il cambiamento non può solo venire da conferenze come queste. Portano spesso solo promesse, vuote e lontane nel tempo. Il cambiamento che vogliamo e di cui abbiamo bisogno verrà dalle piazze e dalle persone.
Il vostro movimento segue la vicenda climatica da anni. Avete notato un aumento di consapevolezza tra i cittadini su cosa occorre per invertire la rotta?
Sicuramente tra i più giovani c’è consapevolezza. Ed è anche diffusa la conoscenza che ci troviamo davanti a un’emergenza e che il nostro futuro è a rischio e che le decisioni di oggi hanno un impatto sulle nostre vite. Tra chi è più adulto, la consapevolezza è più bassa. In generale, la conoscenza della crisi climatica e delle sue reali implicazioni sulle nostre vite, è ancora davvero insufficiente. L’informazione è davvero carente: non è nemmeno lontanamente quella di cui avremmo bisogno per la crisi in cui ci troviamo. Quando conosci realmente ciò che è in gioco allora cominci ad agire. C’è l’idea che abbiamo un problema ma non c’è ancora la consapevolezza di ciò di cui abbiamo bisogno. Stiamo per questo spingendo molto per diffondere informazione e creare questa opinione pubblica più forte.
E questa consapevolezza a livello politico l’hai vista aumentare negli anni?
Credo di no. Forse a livello locale c’è più informazione. Ma in generale il livello è estremamente basso. Puoi notare che negli anni è cresciuto il greenwashing, ovvero il dipingere di verde cose che non hanno nulla di verde. Qualunque cosa significa “verde”… Le manifestazioni per il clima, gli scioperi, l’attivazione delle persone ha portato al fatto che la politica finga di agire, finga di curarsi delle cose quando invece non è così. Questo è un ulteriore problema perché sembra che ci sia attenzione e consapevolezza. Spesso, in realtà, è il contrario.
Breve storia a fumetti del cambiamento climatico
Tu sei, come abbiamo già detto, una studentessa di scienze forestali: l’estate che si sta per concludere verrà ricordata per i grandi incendi che hanno colpito in particolare Sardegna e Sicilia. Il patrimonio forestale mondiale– ricordiamo – contribuisce, insieme al sistema suolo, ad assorbire un terzo delle emissioni di CO2 prodotte. Quali sono le tue sensazioni e le tue idee sulle azioni più urgenti per tutelare la salubrità di questi ecosistemi così cruciali e anzi per aumentarne l’efficacia di assorbimento di emissioni climalteranti?
Intanto dobbiamo ricordare una notizia: la foresta amazzonica non è più un serbatoio di carbonio ma sta diventando un emettitore. Le emissioni, soprattutto quelle legate agli incendi, sono maggiori delle quantità di CO2 che cattura ogni anno. Emette una quantità pari di anidride carbonica quasi pari al Giappone, che è il 5° emettitore globale, perciò il suo peso sulle emissioni globali è enorme. Questo prova quanto la gestione delle foreste e in più generale degli ecosistemi ha un impatto enorme sul Pianeta e sulle nostre vite. Io non sono un’esperta, ancora. Quello che dicono gli esperti è che serve difendere le foreste. Serve di impedire che vengano tagliate e bruciate.
Anche a livello europeo, si parla spesso di biomasse forestale: c’è spesso il rischio che queste vengano considerate fonti rinnovabili. In realtà le foreste non possono essere considerate rinnovabili: quando si tagliano, si perde non solo una superficie boschiva ma anche un intero ecosistema complesso. Non possiamo più trattare le foreste come qualcosa da usare per il nostro interesse attuale.
A proposito di suolo: I dati sulla sua salubrità sia a livello mondiale sia europeo e soprattutto per l’area mediterranea, sono molto preoccupanti. In questo senso, quanto contano gli investimenti nella bioeconomia circolare e perché?
Credo che ogni investimento nella direzione giusta per affrontare l’emergenza climatica e cambiare l’economia attuale sia utile. Ma se bastasse investire in qualcosa anziché in qualcos’altro non saremmo in una crisi di questo tipo. È quindi utile ma non è certo sufficiente. Non è il punto principale…
E il punto principale secondo te qual è?
Non è sufficiente cambiare la destinazione di qualche fondo o investimento. Dobbiamo ripensare a fondo il modo in cui facciamo le cose,come le produciamo, come ci spostiamo, come è strutturata la nostra società. Per fare questo, non basta investire solo i s oldi in qualcosa. Serve uno spostamento della società più grande.
Un’ultima domanda: oltre alla PreCOp26 ci avviciniamo alle elezioni amministrative che ad ottobre coinvolgeranno molti grandi centri urbani. Ricordiamo che tra loro ci saranno Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna, Trieste: quali proposte vi sentite di Fare come Fridays For Future ai candidati che aspirano a diventare sindaci delle principali città italiane?
La prima richiesta è che la crisi climatica venga trattata effettivamente come una crisi. Questo non è ancora avvenuto a livello politico. Ma senza considerarla davvero un’emergenza non possiamo avviare le azioni davvero necessarie per cambiare nel poco tempo che abbiamo. E poi un’altra cosa molto semplice: ascoltare la scienza.