15 Giugno 2023

Dietro ai diffusi crolli degli edifici sperimentati in Turchia in occasione dei terremoti non c’è solo la forza della natura. Cattive pratiche edilizie e scelte sbagliate alimentano infatti la fragilità del suolo

di Matteo Cavallito

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Dietro alla pesante conta dei danni (e delle vittime) che accompagna tipicamente gli eventi sismici in Turchia ci sarebbe anche una cattiva gestione del suolo. È quanto emerge da un dibattito mai sopito che si alimenta nel tempo chiamando in causa inchieste giornalistiche e allarmi degli esperti. L’ultimo avvertimento è arrivato in queste settimane da Sinancan Öziçer, direttore della Camera degli ingegneri geofisici di Smirne, uno dei centri maggiormente soggetti ai terremoti.

Öziçer, in particolare, ha denunciato i pericoli legati alle pratiche edilizie basate sul tentativo di strappare spazio al mare attraverso l’espansione del suolo costiero con l’innesto di terra. In questo quadro, scrive il quotidiano turco Daily Sabah, “Un eventuale terremoto su larga scala sarebbe devastante per queste aree, soprattutto nella città costiera occidentale di Smirne e in particolare nei quartieri di Konak e Karşıyaka che hanno la più alta densità di popolazione”.

La liquefazione del suolo

I timori sono legati soprattutto a un fenomeno noto come liquefazione del suolo. Un evento, spiegano gli esperti della Washington University, “in cui la resistenza e la rigidità di un terreno si riducono in seguito a scosse sismiche o altri carichi rapidi”. La liquefazione, in particolare, “si verifica nei suoli saturi, quelli cioè in cui lo spazio tra le singole particelle è completamente riempito dall’acqua”.

L’acqua esercita una pressione sulle particelle del terreno influenzandone la tenuta. A far crescere la pressione sono tipicamente le scosse sismiche che favoriscono di conseguenza il movimento delle particelle stesse.

Il problema, proseguono però gli esperti, e che l’aumento della pressione idrica può essere legato anche alle attività di costruzione. “Dobbiamo aumentare la consapevolezza e incrementare gli studi scientifici che possono minimizzare i danni da terremoto”, ha aggiunto Öziçer. “Le amare esperienze che abbiamo avuto in passato hanno dimostrato l’importanza dei progetti di rilevamento del terreno”.

Quelli costieri sono i terreni più a rischio

Il tema solleva da anni molte discussioni in Turchia. Già tre anni fa, ad esempio, lo stesso Daily Sabah aveva sollevato la questione della sicurezza di molti edifici di Istanbul che, con i suoi 15 milioni di abitanti, rappresenta la maggiore città del Paese. “Un esempio di liquefazione che ha provocato crolli è stato registrato nel terremoto del 1999 che ha ucciso migliaia di persone nella Turchia nordoccidentale”, scriveva il quotidiano.

Il Daily Sabah, nell’occasione, citava in particolare gli avvertimenti del geofisico dell’Università di Istanbul, Oğuz Gündoğdu, e del direttore della locale Camera degli ingegneri edili, Nusret Suna, che evidenziavano come i terreni recuperati dal mare, tra cui i viali costieri e il quartiere Avcılar nella stessa città, fossero ad alto rischio di liquefazione.

L’altra faccia del boom edilizio in Turchia

Lo sviluppo del settore edilizio è stato uno dei principali motori del boom economico sperimentato dalla Turchia nel corso del XXI secolo. Tra il 2011 e il 2018, rileva il portale d’inchiesta britannico The Middle East Eye, il contributo annuale dell’industria delle costruzioni al Pil del Paese ha oscillato tra il 7,1% e l’8,5%. Dopo il terremoto del 1999 che ha causato 17mila vittime a Istanbul, Ankara ha imposto un nuovo codice edilizio pensato per garantire maggiore sicurezza in occasione degli eventi sismici. I controlli, tuttavia, sarebbero stati scarsi e molti edifici, anche di nuova costruzione, risulterebbero oggi fuori norma.

Nel febbraio di quest’anno, un rapporto preliminare della Camera degli Ingegneri Civili del Paese ha denunciato alcuni fattori critici che avrebbero contribuito ad aggravare i danni del sisma che aveva colpito pochi giorni prima Siria e Turchia.

Il rapporto, ha scritto il portale World Architecture, “sottolinea che a subire danni da terremoto sono soprattutto le città pianificate su terreni agricoli fertili“. Secondo gli autori, “nei terreni in precarie condizioni, inclusi i suoli soggetti a potenziale liquefazione, sono state gravemente danneggiate o demolite del tutto strutture di 10 o 15 piani pur caratterizzate da sistemi strutturali flessibili”.