3 Maggio 2022

Lo studio dell’EEA: il sequestro del carbonio è uno strumento importante per la tutela del clima. Ma alcune pratiche per favorire l’accumulo dell’elemento possono ridurre il capitale naturale. L’Agenzia europea ha classificato i diversi habitat terrestri e marini in base alla capacità di stoccaggio

di Matteo Cavallito

 

Ascolta “Sequestro di carbonio quel difficile equilibrio tra clima e biodiversità” su Spreaker.

Il ripristino del suolo terrestre e degli ambienti marini favorisce un maggiore sequestro e un incremento dello stoccaggio di carbonio. Ma la valutazione del potenziale di ciascun habitat si scontra con stime incerte. E la scelta delle migliori strategie fa i conti con la ricerca di un difficile equilibrio. Sono questi i principali messaggi che emergono dalla recente indagine dell’Agenzia europea dell’ambiente (EEA).

Lo studio, realizzato in collaborazione con la Wageningen University punta a “creare una base per ulteriori analisi, collegando i tipi di habitat con la propensione allo stoccaggio e alla conservazione per sostenere il ripristino e la conservazione della natura così come le politiche di mitigazione del clima”.

Ambienti diversi, capacità di sequestro differenti

La capacità di sequestro di un particolare tipo di terreno inserito nel suo ambiente varia a seconda di diversi fattori, segnala lo studio. Tra questi il clima, le caratteristiche topografiche, le variabili biologiche, chimiche e fisiche e molto altro ancora. In questo quadro l’analisi rappresenta il primo tentativo di classificare i diversi habitat ed ecosistemi terrestri e marini in base allo stock di carbonio (l’ammontare dell’elemento conservato nel suolo in valore assoluto misurato in tonnellate per ettaro) e alla capacità di sequestro (tonnellate per ettaro all’anno).

“Le zone umide immagazzinano la maggior quantità di carbonio per unità di superficie – anche se il fenomeno è molto variabile – seguite dalle foreste”, si legge nello studio. Queste ultime, “conservano grandi stock di carbonio grazie all’alto contenuto di biomassa sopra e sotto il suolo”.

Nei terreni agricoli “lo stoccaggio di carbonio può essere migliorato utilizzando pratiche di gestione (carbon farming, ndr) per aumentarne il contenuto nel suolo”. Tuttavia, “nelle brughiere, nei territori coperti da arbusti e nelle praterie seminaturali, le misure per aumentare lo stoccaggio finirebbero per ridurre l’alto livello di biodiversità”.

Livello medio di sequestro di carbonio negli habitat terrestri (tonnellate per ettaro). Fonte: EEA Attribution 2.5 Denmark (CC BY 2.5 DK)

Livello medio di sequestro di carbonio negli habitat terrestri (tonnellate per ettaro). Fonte: EEA Attribution 2.5 Denmark (CC BY 2.5 DK)

Gli ecosistemi marini sono una cassaforte di carbonio

Gli ecosistemi marini, da parte loro, “sono i principali depositi a lungo termine poiché conservano e processano il 93% del carbonio della biosfera”, rileva lo studio. Buona parte dell’ammontare è costituita da composti di origine inorganica (bicarbonato, carbonato, acido carbonico e CO2 disciolta). “Una quota molto più ridotta è rappresentata da carbonio organico biologicamente “fissato”, ovvero presente in organismi viventi o materia in decomposizione nell’acqua o nei sedimenti”.

L’ambiente marino, osservano i ricercatori, offre meno opportunità di intervento. Le scelte di gestione includono tipicamente la creazione di aree protette. Fino ad oggi, tuttavia, le misure per promuovere o tutelare lo stoccaggio del carbonio nell’ambiente marino hanno interessato una quantità ridotta di habitat.

Livello medio di sequestro di carbonio negli habitat marini (tonnellate per ettaro). Fonte: EEA Attribution 2.5 Denmark (CC BY 2.5 DK)

Livello medio di sequestro di carbonio negli habitat marini (tonnellate per ettaro). Fonte: EEA Attribution 2.5 Denmark (CC BY 2.5 DK)

Le foreste sequestrano tre volte più rapidamente delle zone umide

Le iniziative di ripristino devono tenere conto innanzitutto della diversa capacità di sequestro annuale. La foreste, ricorda ad esempio lo studio, operano in questo senso tre volte più rapidamente delle zone umide e dei terreni agricoli. Gli ambienti marini, da parte loro, agiscono a ritmi ancora più ridotti. In questo quadro, “le misure di ripristino dovrebbero mirare a frenare le emissioni nette di gas a effetto serra e a ottimizzare il potenziale di stoccaggio e sequestro del carbonio degli habitat, mantenendo e migliorando contemporaneamente la loro biodiversità”.

Alla ricerca di un equilibrio

Tutto, quindi, ruota attorno alla ricerca di un complesso equilibrio. Alcune strategie di massimizzazione del sequestro e della conservazione del carbonio, infatti, possono avere un impatto positivo sulla produttività del suolo e il contrasto al cambiamento climatico. Ma anche un effetto negativo sulla biodiversità. Ecco perché, nota l’analisi, la mitigazione del cambiamento climatico e il ripristino della natura sono “due facce della stessa medaglia” nel perseguimento dei due obiettivi principali del Green Deal europeo: la neutralità climatica e la crescita del capitale naturale.

Per questo, concludono i ricercatori, “in molti casi, gestire gli habitat per aumentare i loro livelli di stoccaggio e sequestro del carbonio può generare anche compromessi. Pertanto, le decisioni dovrebbero essere prese con attenzione, dato che molti habitat con bassi tassi di conservazione e sequestro del carbonio offrono servizi ecosistemici e hanno un alto valore di biodiversità”.