21 Aprile 2023

In Australia l’espansione degli allevamenti favorisce la deforestazione record nello Stato del Queensland. Il fenomeno complica le ambizioni di mitigazione climatica nel Paese

di Matteo Cavallito

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L’Australia fa i conti con il problema della deforestazione e da qualche tempo tutti gli occhi o quasi sembrano essere puntati sul Queensland, lo Stato collocato nel territorio nordorientale del Paese che nello spazio di pochi anni ha sperimentato una distruzione senza precedenti. “Se fosse una nazione, nel 2019 il Queensland sarebbe stato al nono posto nella classifica dei Paesi che distruggono più foreste a livello globale, precedendo di poco la Cina”, ha scritto negli ultimi mesi il network locale The Conversation. E i numeri del resto appaiono impietosi.

Alla fine dello scorso anno, il governo statale ha reso noto che le operazioni di taglio della vegetazione avevano interessato 418.656 ettari di suolo a cavallo tra il 2019 e il 2020, l’ultimo periodo per il quale esistono dati definitivi. Nel 2018-19 il fenomeno aveva interessato un’area complessiva ancor più vasta pari a 680.700 ettari circa.

Dalla deforestazione 213 milioni di tonnellate di CO2 in più

L’annus horribilis delle foreste locali è certamente il 2019. Nei dodici mesi in esame, riferisce Global Forest Watch, un progetto dell’organizzazione no profit World Resources Institute di Washington, lo Stato ha perso 179mila ettari di sola copertura arborea, il 546% in più rispetto all’anno precedente. Il poco invidiabile record non è mai più stato lontanamente avvicinato.

Nello spazio di vent’anni (2001-21), il Queensland ha perso 700mila ettari di copertura, ovvero il 6,5% del totale, producendo di conseguenza emissioni aggiuntive per 213 milioni di tonnellate di CO2. Più o meno nello stesso periodo (2000-20), la ricrescita ha compensato pressoché interamente le perdite. L’area soggetta ad alterazione (distruzione e rigenerazione), in ogni caso, è stata pari a 859mila ettari. E le preoccupazioni, ovviamente, non mancano.

Allevamenti sotto accusa

L’attenzione degli osservatori si è concentrata sull’industria dell’allevamento. Secondo le stime citate da The Conversation, l’85% di tutti i disboscamenti condotti nel periodo 2019-20 è stato realizzato per creare nuovi pascoli. Inoltre, il 52% circa di tutta la vegetazione estirpata nello stesso periodo era composta da piante di vecchia crescita (oltre 15 anni di età).

Inoltre, “l’80% delle operazioni di disboscamento in queste regioni è stato di tipo integrale, vale a dire che i bulldozer hanno trasformato le foreste o i boschi in aree con meno del 10% di chioma residua”.

I dati sono in linea con le cifre diffuse dall’ultimo rapporto realizzato dalle associazioni Queensland Conservation Council e Wilderness Society secondo cui nello Stato “un milione di ettari di foresta è stato disboscato per la produzione di carne bovina dal 2014 al 2019″. Secondo lo studio, il 93% dell’area che ospitava le foreste e la vegetazione abbattute è stato destinato allo sviluppo di pascoli per il bestiame. L’operazione avrebbe distrutto il 73% dell’habitat dei koala, la cui sopravvivenza è stata ufficialmente dichiarata a rischio in tre Stati dell’Australia: il Queensland, il New South Wales e il Territorio della Capitale. Le specie animali a rischio a livello nazionale ospitate nei territori adibiti a pascolo sono 388 in totale.

Sul clima l’Australia non fa abbastanza

Secondo The Conversation, la distruzione su larga scala del territorio starebbe limitando la capacità dell’Australia di raggiungere gli obiettivi climatici. Il governo di Camberra ha assunto formalmente l’impegno per il raggiungimento del net zero – il pareggio di bilancio tra il carbonio sottratto all’atmosfera e quello rilasciato – nel 2050. Ma il Paese mantiene tuttora un basso profilo sul tema della riduzione delle emissioni.

A pesare, in particolar modo, è la forte dipendenza dal settore fossile che incide sui livelli di CO2 rilasciati in atmosfera. Le emissioni pro capite registrate in Australia sono tuttora tra le più alte del mondo. Un primato che vanifica l’opera di mitigazione esercitata dal suolo.