30 Dicembre 2024

I microbi del suolo aiutano le piante ad attrarre le api

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Secondo uno studio dell’Università di Berkeley i funghi micorrizici impattano sulle caratteristiche dei fiori e, di conseguenza, sul numero e la durata delle visite da parte delle api

di Matteo Cavallito

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Alcuni microbi del suolo possono aiutare le piante a produrre fiori più grandi, attirando così un maggior numero di api. A suggerirlo è uno studio pubblicato sulla rivista New Phytologist che si concentra sulle relazioni tra i microorganismi stessi e le radici con  l’obiettivo di illustrare come le variazioni dei tratti floreali influenzino le interazioni tra le piante e gli impollinatori. La ricerca, che ha coinvolto scienziati dell’Università di Berkeley, si è concentrata sui funghi micorrizici arbuscoli, che entrano in simbiosi con le piante, fornendo loro nutrienti e acqua in cambio di carbonio.

La presenza dei funghi influisce sulla crescita delle piante

“I tratti floreali, tra cui l’esposizione e le ricompense nutrizionali derivanti da polline e nettare, influiscono sulla visita degli impollinatori”, spiega lo studio. “Anche all’interno di una singola specie vegetale, i fattori ambientali possono influenzare la qualità e la quantità delle risorse. Tuttavia, le interazioni ecologiche che guidano questo fenomeno, specialmente quelle che avvengono nel sottosuolo, sono tuttora sconosciute”.

Per spiegare questi processi i ricercatori hanno analizzato come la presenza di funghi micorrizici arbuscoli nel suolo e la disponibilità di nutrienti come il fosforo influenzino la crescita delle piante e le caratteristiche dei funghi stessi e dei fiori. E come queste ultime, a loro volta, influenzino la visita delle api.

Gli autori hanno esaminato l’effetto di diverse combinazioni di trattamento utilizzando “due livelli di nutrienti (basso o alto apporto di fosforo) e quattro diverse miscele sintetiche di funghi (specie concorrenti, tolleranti allo stress e pioniere più una miscela di tutte e quattro) e un gruppo di controllo, in un modello fattoriale per un totale di 10 combinazioni di trattamento con cinque repliche ciascuna”. L’esperimento è stato condotto in una serra e in un campo presso l’Università della California, Berkeley tra giugno e agosto del 2019.

Le frequentazioni aumentano del 28%, il tempo di visita del 47%

I risultati sono stati evidenti. “Abbiamo scoperto che l’aumento della ricchezza di funghi e della diversità funzionale ha migliorato l’esposizione floreale (dimensione e numero dei fiori) e le ricompense (volume del nettare e proteine del polline) facendo crescere l’intensità delle visite da parte delle api”, spiega lo studio. Un risultato dell’aumento delle dimensioni dei fiori.

Tuttavia, spiegano ancora gli autori, non mancano alcuni aspetti critici: “la dimensione è correlata negativamente con la colonizzazione delle radici ma positivamente con la lunghezza delle ife, il che suggerisce che i tratti dei funghi siano determinanti per gli effetti di questi ultimi sulla crescita floreale”.

A conti fatti, precisano, “Le piante coltivate con l’inoculo di funghi hanno ricevuto il 28% in più di visite delle api, con un tempo di permanenza superiore del 47%”. Le piante inoculate con sei specie (che rappresentano tutti i gruppi funzionali) hanno registrato il più alto tempo di permanenza delle api. L’apporto di fosforo non ha influito sulla durata o sul numero di visite”.

Le dinamiche a livello del sottosuolo forniscono indicazioni importanti

In generale, conclude la ricerca, l’effetto dei microbi sui tratti floreali e sulla visita delle api non è stato omogeneo. i differenti tipi di funghi coinvolti, infatti, determinano conseguenze diverse sui fiori e sulle dinamiche di foraggiamento delle api. L’analisi delle interazioni che avvengono nel sottosuolo, dunque, potrà offrire nuove indicazioni sui fattori in grado di far aumentare la frequentazione delle api.

“I nostri risultati fanno emergere i ruoli nascosti dei funghi” ha spiegato in una nota Aidee Guzman, ricercatrice e co-autrice dello studio presso la University of California Berkeley e oggi docente dell’Università di Stanford. “I tratti floreali e l’attività delle api variano tra i gruppi di funghi che si distinguono per la loro diversa composizione il che evidenzia come non tutte le comunità siano uguali tra loro”.