25 Novembre 2021
Il "medicane" Apollo, il tifone mediterraneo che ha colpito la Sicilia a fine ottobre 2021 è solo l'ultimo degli eventi meteo estremi che sempre più spesso coinvolgono i territori italiani. In 10 anni la crescita è stata del 17%.

I risultati sono contenuti nel rapporto annuale dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente. Dal 2010 al 2021, aumentati del 17% gli episodi meteo di eccezionale gravità. Eppure l’Italia è tra i pochi Stati Ue a non avere un piano di adattamento ai cambiamenti climatici

di Emanuele Isonio

 

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Il Medicane Apollo, “l’uragano mediterraneo” di 1ª categoria, che ha coinvolto la Sicilia a fine ottobre, non è un caso isolato. Trombe d’aria violente, piogge intense, alluvioni, grandinate ma anche ondate di caldo estremo e periodi di siccità prolungata stanno subendo un’accelerazione preoccupante. Quanto è veloce questa escalation lo rivela il rapporto annuale dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente, realizzato con il contributo del Gruppo Unipol e con la collaborazione scientifica di Enel Foundation.

Migliaia di episodi estremi in 602 comuni

Dal 2010 al 1° novembre scorso, l’Italia è stata colpita da 1.118 gli eventi estremi, registrati sulla mappa del rischio climatico. 133 solo nell’ultimo anno, segnando un +17,2%. Gli impatti più rilevanti si sono registrati in 602 comuni italiani, 95 in più rispetto allo scorso anno. Nello specifico si sono verificati:

  • 486 casi di allagamenti da piogge intense,
  • 406 casi di stop alle infrastrutture da piogge intense con 83 giorni di stop a metropolitane e treni urbani,
  • 308 eventi con danni causati da trombe d’aria,
  • 134 gli eventi causati da esondazioni fluviali,
  • 48 casi di danni provocati da prolungati periodi di siccità e temperature estreme,
  • 41 casi di frane causate da piogge intense
  • 18 casi di danni al patrimonio storico.
I numeri del rischio climatico nelle città italiane. FONTE: Osservatorio Città Clima Legambiente.

I numeri del rischio climatico nelle città italiane. FONTE: Osservatorio Città Clima Legambiente.

261 morti in 11 anni

A ciò si aggiunge la perdita di vite umane: che in questo arco di tempo ammonta a 261 vittime, 9 solo nei primi 10 mesi del 2021. Tra le città più colpite c’è Roma: nella Capitale d’Italia si sono verificati 56 eventi in 11 anni, 9 solo nel 2021. Di questi, ben oltre la metà (32) hanno riguardato allagamenti a seguito di piogge intense. Altro caso importante è quello di Bari con 41 eventi, principalmente allagamenti da piogge intense (20) e danni da trombe d’aria (18). Milano ha contato invece 30 eventi totali, dove sono state almeno 20 le esondazioni dei fiumi Seveso e Lambro in questi anni.

Nel report 2021 vengono incluse nell’analisi anche le grandinate estreme, che colpiscono sempre con maggiore intensità e frequenza campagne e centri urbani e che mettono a dura prova diverse infrastrutture, tra cui le reti elettriche e ferroviarie. Solo nel corso del 2021, si sono verificati 14 eventi di danni causati dalla grandine. Dal 2010 ad oggi, a causa del maltempo, si sono registrati 83 giorni di stop a metropolitane e treni urbani. 89 i giorni di disservizi estesi sulle reti elettriche.

Senza il piano di adattamento, territori in pericolo

“Lo scenario di intensificazione dei fenomeni meteorologici estremi – osserva Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – impone al nostro Paese di prendere decisioni non più rimandabili, in grado di evitare che gli impatti siano ancora più rilevanti. Quello che la mappa e i dati del rapporto CittàClima mettono in evidenza è che i territori non sono tutti uguali di fronte a questi fenomeni. In alcune aree del Paese si ripetono con più intensità e creano maggiori danni. Occorre dunque che siano le priorità delle politiche di adattamento”.

Eppure a differenza di altri 23 Stati Ue, l’Italia ancora oggi non dispone ancora di un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici. La mancanza di questo documento ha impattato nella programmazione delle risorse di Next Generation EU. Una lacuna che non permette di arrivare preparati alla fine del 2022, quando sarà possibile rivedere gli interventi previsti dal Recovery Plan, pianificando specifici progetti nelle aree urbane e territoriali più a rischio.

“Siamo rimasti gli unici in Europa in questa situazione, pur essendo uno dei Paesi che conta i danni maggiori” ricorda Zanchini. “Per questo dobbiamo valorizzare i sistemi di analisi, le competenze e le tecnologie di cui disponiamo per monitorare gli impatti e per comprendere come ripensare gli spazi delle città, in modo da mettere in sicurezza le persone e cogliere questa opportunità per renderli anche più vivibili”.

14 aree a maggiore rischio

Il Rapporto 2021 ha individuato 14 aree del Paese dove si ripetono con maggiore intensità e frequenza alluvioni, trombe d’aria e in alcuni casi negli stessi territori ondate di calore. Si tratta di grandi aree urbane e di territori costieri dove la cronaca degli episodi di maltempo e dei danni è senza soluzione di continuità e per questo dovrebbe portare a un’attenzione prioritaria da parte delle politiche.

Ad intere città come Roma, Bari, Milano ma anche Genova e Palermo, vanno aggiunti territori colpiti da eventi estremi ripetutamente e negli stessi luoghi. Si tratta di aree come la costa romagnola e nord delle Marche, con 42 casi, della Sicilia orientale e della costa agrigentina con 38 e 37 eventi estremi. In queste ultime due aree sono stati numerosi i record registrati nel corso del 2021: a Siracusa l’11 agosto, si è raggiunto il record europeo di 48,8 °C, nel catanese e siracusano in 48 ore si è registrata una quantità di pioggia pari ad un terzo di quella annuale. E proprio questa parte dell’isola è stata teatro delle  devastazioni causate dal medicane Apollo.

Colpita anche l’area metropolitana di Napoli dove si sono verificati 31 eventi estremi, mentre, tra gli altri territori, ci sono il Ponente ligure e la provincia di Cuneo, con 28 casi in tutto, il Salento, con 18 eventi di cui 12 casi di danni da trombe d’aria, la costa nord Toscana (17 eventi), il nord della Sardegna (12) ed il sud dell’isola con 9 casi.

Spese, emergenza batte prevenzione 5 a 1

Secondo Legambiente, è quindi indispensabile prevedere un programma di finanziamento e intervento per le aree più colpite dagli eventi meteo estremi. In questo senso, il Ministero della Transizione ecologica ha fatto un primo passo: il suo “Programma sperimentale di interventi per l’adattamento ai cambiamenti climatici in ambito urbano” finanzia interventi nei Comuni con più di 60mila abitanti. Ma certo non è sufficiente: gli analisti dell’Osservatorio CittàClima chiedono di individuare le aree urbane prioritarie e introdurre un fondo pluriennale che permetta alle città la programmazione di interventi.

Il quadro dei rischi e degli impatti in corso nel nostro Paese è senza dubbio complesso. Così come quello degli interventi necessari. Ma da decenni non si riesce a scardinare la logica delle azioni emergenziali. Si continua cioè a spendere un’enorme quantità di risorse economiche per rincorrere i danni provocati da alluvioni, piogge e frane. Poche risorse sono al contrario spese per la prevenzione. Progetti e interventi sono poi dispersi tra gli oltre diecimila individuati dalle Regioni, di cui non sono chiare utilità ed urgenza. Secondo i dati della Protezione Civile, ogni anno spendiamo 1,55 miliardi per la gestione delle emergenze. Un rapporto di 1 a 5 tra spese per la prevenzione e quelle per riparare i danni.

Eppure le buone pratiche di cui fare tesoro esistono. Ad adottarle, sia città estere sia italiane, con risultati positivi nella prevenzione del rischio e nell’adattamento al cambiamento climatico: regolamenti edilizi sostenibili con la realizzazione di infrastrutture verdi, smart mapping, promozione delle fonti rinnovabili, piani di riduzione dei consumi negli edifici pubblici e industriali, gestione sostenibile di reti e infrastrutture, promozione dell’agricoltura urbana sostenibile, progetti di forestazione urbana, interventi mirati come realizzazione di aree di drenaggio.

Gli esempi da replicare

Da segnalare a livello europeo l’esempio di Glasgow. La città scozzese, che poche settimane fa ha ospitato la COP26, ha infatti stabilito obiettivi ambiziosi in relazione alla gestione dell’acqua in maniera sostenibile, puntando all’ammodernamento del ciclo dell’acqua con misure per il contenimento degli eventi meteorologici, attraverso la realizzazione di un piano di drenaggio delle acque superficiali che usi le aree verdi.

Tra gli esempi italiani più virtuosi, c’è Torino, che dopo Bologna e Ancona, il 9 novembre 2020 ha approvato il “Piano di Resilienza Climatica”. Padova lo scorso 14 giugno ha invece approvato il “Nuovo Piano d’azione per l’energia sostenibile e il clima” (Paesc), diventando la quarta realtà italiana a dotarsi di uno strumento specifico per il clima. Milano sta poi mettendo in atto una serie di progetti innovativi nei campi dell’housing sociale, della rigenerazione urbana, della smart city e della prevenzione dai rischi idrogeologici e in prima linea negli investimenti per i tetti verdi.

Accanto alle iniziative locali, secondo Legambiente, occorre rafforzare su tutto il territorio il ruolo delle Autorità di Distretto e dei Comuni negli interventi contro il dissesto idrogeologico. Infine, bisogna rivedere le norme urbanistiche per salvare le persone dagli impatti del clima, perché si continua a costruire in aree a rischio idrogeologico, ad intubare corsi d’acqua, a portare avanti interventi che mettono a rischio vite umane durante piogge estreme e ondate di calore. Una sfida frontale alla natura che i fatti hanno dimostrato più volte essere impossibile da vincere.