2 Febbraio 2021

Un’analisi del Centro Comune di Ricerca Ue mostra che gli Stati europei dovranno investire fino a 2,8 miliardi di euro all’anno. Solo così possono sperare di non perdere 1,27 trilioni a causa dei cambiamenti climatici, delle inondazioni e dei conseguenti danni alle coste

di Stefano Valentino*

 

Ascolta “Ridurre il rischio inondazioni ci costerà caro” su Spreaker.

Secondo uno studio realizzato dal Centro comune di Ricerca (JRC, Joint Research Center) della Commissione europea e pubblicato dalla rivista Nature Communications, nei prossimi 80 anni i Paesi europei dovranno pagare tra 1,75 e 2,82 miliardi di euro all’anno per rimediare ai danni causati dalle inondazioni. L’ammontare esatto della cifra dipenderà dalla capacità delle economie mondiali di diventare più sostenibili, rallentando quindi il processo di riscaldamento globale o, nello scenario opposto, se le emissioni di carbonio si manterranno alle quantità attuali.

Innalzamento delle acque dai 50 agli 80 centimetri

In altre parole: secondo due differenti scenari – uno di bassa emissione (RCP 45) e uno di alta (RCP 85) – lo scioglimento delle calotte polari e l’innalzamento delle acque sarà rispettivamente più o meno elevato. Provocheranno cioè un innalzamento del livello medio del mare prima del 2100 dai 50 agli 80 centrimetri (forse oltrepassando il metro).

Il rallentamento economico provocato dalla crisi del COVID-19 ha fatto abbassare il consumo di combustibili e le emissioni di gas serra. Ironicamente, la pandemia globale ci sta mostrando a cosa somiglierebbe un abbassamento del riscaldamento globale. La verità è che la situazione potrebbe precipitare non appena passata la crisi sanitaria. “Nel bel mezzo di una pandemia, mentre i governi spingono aggressivamente per una ripresa economica, le emissioni potrebbero restare ai livelli pre-pandemia invece di diminuire come stabilito dagli accordi di Parigi e dal Green Deal europeo”. A dichiararlo è Michalis Vousdoukas, autore principale della ricerca condotta dal JRC. “In questo caso, i costi ipotizzati per mitigare le inondazioni rasenterebbero il tetto massimo”.

Senza le misure giuste, danni tra 210 e 1200 miliardi di euro

L’analisi di costi e benefici realizzata dal JRC mostra che, una volta scontati i costi delle misure di protezione, negli scenari di massimo e minimo cambiamento climatico, l’Europa potrebbe risparmiare tra 200 miliardi e 1,24 trilioni di euro nei prossimi 80 anni. Ciò richiederebbe di innalzare gli argini sulle coste ad un’altezza di 0,92 o 1,04 metro.

Senza queste misure addizionali, quei potenziali risparmi andranno invece persi, a causa dell’effetto combinato dell’innalzamento dei mari, l’aumento delle mareggiate e delle maree.

Senza interventi, 4 milioni di morti potenziali

Quanto costerebbe l’inazione? Molto. Nel peggiore dei casi si potrebbero contare circa 4 milioni di morti tra i 200 milioni di europei che vivono a meno di 50 km dalle coste. E il fenomeno riguardano tutti gli Stati costieri che si estendono dal nord-est dell’Atlantico e il Mar Baltico, fino al Mediterraneo e il Mar Nero. Questo senza prendere in conto le tendenze attuali, secondo cui le migrazioni verso le zone costiere continueranno.

Le inondazioni oggi ci costano 1,4 miliardi all’anno

Attualmente, le perdite causate dalle inondazioni in Europa ammontano a 1,4 miliardi di euro l’anno (secondo i valori del 2015). Ogni anno circa 100mila cittadini subiscono le conseguenze delle inondazioni che, per la fine del secolo, aumenteranno soprattutto in Francia, Regno Unito, Italia e Danimarca. I primi tre Paesi hanno le coste più estese e vulnerabili, con proprietà di prestigio e infrastrutture vicino al mare. Dovranno, di conseguenza, far fronte ai costi di adattamento più elevati.

Il Regno Unito dovrebbe pagare tra i 522 e i 719 milioni di euro all’anno per il miglioramento delle strutture di protezione (25% del totali degli investimenti europei), molto più degli altri Paesi. La Francia (269-385 milioni di euro all’anno) e l’Italia (180-261 milioni) pagheranno rispettivamente la metà e un terzo rispetto agli inglesi. Comunque più della Norvegia (126-296 milioni di euro) e della Germania (125-230 milioni di euro).

L’altezza degli argini necessaria a massimizzare i salvataggi varia a seconda del Paese. Si va dai 31-39 cm a Malta, fino ad un massimo di 2,8-3,4 metri in Belgio. Altri Paesi che hanno bisogno di una protezione più alta rispetto alla media europea sono la Slovenia (2,1 – 2,3m), la Polonia (1,6 – 1,7m), il Regno Unito (1,5m), la Germania (1,4m), l’Olanda (1,3 – 1,5m), la Lettonia (0,8 – 1,35m), e l’Estonia (0,9 – 1,4m).

Nel Regno Unito i benefici economici in termini di danni da inondazione evitati supererebbero i costi di innalzamento degli argini (costruzione fino al 2050 e manutenzione fino al 2100) in non più di un terzo delle coste. Al contrario in Italia e Francia, circa la metà delle coste verrebbe protetta con profitto.

Dove conviene innalzare gli argini costieri?

I ricercatori del JRC hanno stabilito che, in generale, i costi supererebbero i benefici per il 68-76% della linea costiera europea. Per tale ragione, il suggerimento è quello di innalzare degli argini lungo approssivamente un terzo della costa in tutta Europa. Precisamente gli interventi sono caldeggiati dove la densità della popolazione supera i 500 abitanti per km2. In queste aree, argini più alti potrebbero salvare dalle inondazioni l’83% della popolazione.

I benefici netti medi (danni evitati rispetto all’investimento nella costruzione degli argini) varieranno molto in funzione dei diversi scenari. In ogni caso, intervenire è un buon investimento: per ogni euro investito, i contribuenti dei differenti Paesi risparmierebbero infatti da 1,6 a 34,3€, a seconda del rischio di inondazione e di quanto aumentino le probabilità di pagarne le conseguenze.

I rischi saranno più alti nelle aree con forte crescita socio-economica potenzialmente esposte a gravi inondazioni associate a delle emissioni prolungate di gas serra. Il Belgio ha la percentuale più alta di coste (85-95%) dove i benefici supererebbero i costi, seguito dalla Francia (58-66%) e dall’Italia (53-59%). A livello regionale, il Devon (Gran Bretagna) avrebbe il beneficio netto più alto (14-60), superando la Puglia (17-49), la regione di Murcia in Spagna (15 e 37), la Loira in Francia (8 e 44) e l’East Anglia in Inghilterra (9 e 44), la regione di Linguadoca-Russiglione in Francia (10e 42), il Merseyside in Inghilterra (15 e 31), e i Paesi Baschi in Spagna (13 e 33).

Alcuni danni sono già inevitabili

Nonostante l’applicazione di misure addizionali di protezione, l’Europa soffrirà comunque delle conseguenze, dal punto di vista umano e finanziario, a causa di inondazioni. I danni ineluttabili previsti corrispondono a 8,9 (basse emissioni) o 23,9 (emissioni elevate) milioni di euro in danni, con 653mila oppure 1,3 milioni di annegati. Il Regno Unito resterà in testa con 1,8 o 3,6 miliardi di euro di fondi pubblici e tra le 252 e le 536mila persone sott’acqua.

Nel peggiore dei casi, al di là dei miglioramenti strutturali, molti territori sperimenteranno delle perdite finanziarie di più di 300 milioni di euro prima della fine del secolo. Quali? Scozia, Irlanda, Danimarca, Romania, Croazia, Cipro, la Sicilia, l’Andalusia (Spagna), la Bretagna e Provenza (Francia) e le aree a sud-est del Baltico. Le popolazioni di Puglia, Croazia, delle isole Ioniche in Grecia, dei Paesi Baschi, della bassa Normandia e Nord Pas de Calais, di Scozia, Irlanda e il sud-est del Regno Unito saranno quelle più a rischio. In queste aree, degli argini più alti non basteranno a salvare un totale di 15mila persone dall’innalzamento delle acque, se le emissioni di diossido di carbonio non diminuiscono.

*L’articolo originale è stato pubblicato su VOXEUROP / MOBILREPORTER nell’ambito del progetto EDJNet, rete europea per il datagiornalismo. Licenza: Attribution 4.0 International (CC BY 4.0).