14 Settembre 2022

Le aziende agricole collocate nei territori più marginali del Regno Unito sono meno produttive ma gestiscono anche i suoli caratterizzati dal maggior potenziale di stoccaggio di carbonio. Una caratteristica che può attrarre fondi pubblici e privati

di Matteo Cavallito

 

Potrebbero essere le aziende agricole marginali, situate nelle aree più povere del Regno Unito, a beneficiare maggiormente dei finanziamenti pubblici e privati associati ai programmi governativi e al carbon market britannico. Lo suggerisce una nuova analisi pubblicata nelle scorse settimane da Energy & Climate Intelligence Unit, un’organizzazione no profit di base a Londra.

Le imprese osservate, scrive infatti, Energy & Climate, “si trovano tendenzialmente in aree caratterizzate da un grande potenziale di stoccaggio del carbonio come le torbiere montane, già note come le ‘foreste pluviali’ della nazione per via della forte presenza dell’elemento nel loro habitat”.

Benefici complessivi per oltre 3 miliardi

Lo studio, che si è concentrato su 25 diverse circoscrizioni elettorali britanniche, ha evidenziato come nelle zone osservate le aziende agricole beneficino già in maniera rilevante degli incentivi statali a sostegno delle cosiddette “misure ambientali“. Che qui, spiegano gli autori, assicurano in proporzione il 50% in più di finanziamenti rispetto alla media nazionale.

Per questo motivo le piccole imprese del settore sono anche “ben posizionate per beneficiare degli investimenti privati delle aziende desiderose di compensare le emissioni”. Il che si tradurrebbe in “un mercato da 700 milioni di sterline all’anno per lo stoccaggio del carbonio nella vegetazione e nei terreni”.

Sommando la cifra all’ammontare dei finanziamenti pubblici disponibili per questo tipo di misure – destinati ad salire a 2,4 miliardi di sterline entro il 2028 – si arriva a un beneficio complessivo annuale pubblico/privato da 3,1 miliardi.

Tre programmi ambientali pubblici

In base al cosiddetto Agricultural Transition Plan, il governo britannico ha introdotto tre nuovi incentivi per le aziende agricole che realizzano buone pratiche a tutela dell’ambiente. Tra questi c’è il Sustainable Farming Incentive pensato per aiutare gli agricoltori a gestire il suolo con l’obiettivo di migliorare la produzione di cibo secondo schemi sostenibili.

Gli operatori, di fatto, vengono retribuiti nel momento in cui riescono a migliorare la qualità dell’acqua, tutelare la biodiversità, mitigare gli effetti del cambiamento climatico e garantire il benessere degli animali.

Il sistema degli incentivi, in particolare, mira a “promuovere azioni che migliorino la salute del suolo, a valorizzare i benefici pubblici offerti dalle brughiere e a migliorare la salute del bestiame aiutando gli allevatori a sostenere i costi della consulenza veterinaria”.

Ma sul carbon market servono regole chiare

Se il programma governativo si dimostrerà efficace, le imprese più piccole potrebbero ottenere un sostegno decisivo per superare le gravi difficoltà del momento. La possibilità di diversificare le entrate – tra attività principali, incentivi pubblici ed eventuali fondi privati – rappresenta infatti una soluzione di fronte all’impennata dei costi dell’energia e dei fertilizzanti a seguito della guerra in Ucraina.

Il ruolo dei privati sembra essere decisivo. Le imprese di altri settori chiamate a compensare le loro emissioni possono guardare con interesse alle opportunità offerte dalle aziende agricole collocate nei territori più marginali.

Queste ultime, infatti, sono poco produttive – “Il 20% dei terreni agricoli meno redditizi del Regno Unito produce solo il 3% delle calorie”, ricorda l’analisi – ma gestiscono anche i suoli caratterizzati dal maggior potenziale di stoccaggio del carbonio. Anche per questo occorre fissare regole chiare che al momento mancano. In assenza di certezze, concludono i ricercatori, il rischio di un freno agli investimenti privati è ancora troppo alto.