La denuncia di B Team: una massa enorme di sussidi governativi favorisce la produzione insostenibile o il consumo ad alta intensità di emissioni danneggiando la natura e causando il degrado degli ecosistemi globali. Ammontano a oltre mezzo miliardo di dollari gli aiuti ad attività che danneggiano il suolo
di Matteo Cavallito
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Ogni anno, nel mondo, i governi finanziano la distruzione del Pianeta elargendo sussidi pubblici dannosi per 1.800 miliardi di dollari. È l’accusa lanciata da The B Team e Business for Nature in un rapporto diffuso in queste settimane. Lo studio, redatto dall’associazione Earth Track e promosso dalle due associazioni che rappresentano “una coalizione globale di aziende impegnate nel contrasto alla perdita di biodiversità e nel sostegno alle scelte sostenibili – scrive la Reuters – ha fornito la prima stima sui sussidi pericolosi negli ultimi dieci anni”.
🚨 Governments are subsidizing the destruction of nature—to the tune of $1.8 trillion each year 🚨
New research commissioned by The B Team, with @BfNCoalition, estimates the total global value of environmentally harmful subsidies.
Read the brief here: https://t.co/XMC5BaPgEy pic.twitter.com/bjnDnCqr4P
— The B Team (@thebteamhq) February 17, 2022
Tre settori incassano l’80% dei sussidi dannosi
“I sussidi dannosi per l’ambiente sono programmi governativi che incoraggiano la produzione insostenibile o il consumo ad alta intensità di carbonio, danneggiando la natura attraverso l’esaurimento delle risorse naturali e il degrado degli ecosistemi globali“, nota The B Team. “Questi interventi, inoltre, distorcono i prezzi di mercato, l’allocazione delle risorse e le decisioni di investimento”. Oltre a “contribuire alla concorrenza sleale e a creare un rischio reputazionale per le imprese”. L’indagine ha quindi calcolato il valore dei programmi di sostegno che hanno un impatto negativo sulla natura, il clima e la disuguaglianza.
In cima alla lista, con 640 miliardi di dollari di aiuti pubblici c’è il settore fossile. A seguire il settore agricolo che ogni anno riceve 520 miliardi a copertura di attività non sostenibili che danneggiano il suolo, inquinano l’acqua e favoriscono la deforestazione.
Al terzo posto (350 miliardi) il comparto delle risorse idriche e della gestione delle acque reflue. A questi tre settori, che ricevono da soli l’80% dei contributi stimati, si aggiunge poi il mercato dei servizi forestali. Che, secondo l’indagine, incassa 155 miliardi all’anno di sostegno.
Agricoltura insostenibile nel mirino
I dati sull’agricoltura sono in linea con le stime della FAO che, nel settembre dello scorso anno, aveva stimato in 470 miliardi (pari all’87% del sostegno totale al settore) il valore dei sussidi dannosi per il comparto. L’organizzazione ONU, in particolare, aveva parlato di un finanziamento pubblico “distorsivo nella formazione dei prezzi e dannoso in termini sociali e climatici”. La FAO ipotizza inoltre che l’ammontare possa triplicare nel corso del decennio fino a raggiungere quota 1.759 miliardi entro il 2030.
Con il sostegno ai prezzi e all’export e i dazi sulle importazioni, notava ancora la FAO, i governi si troverebbero di fatto “ad anteporre il grande agrobusiness ai piccoli agricoltori, gran parte dei quali donne“. Un riferimento, quest’ultimo, che chiama in causa un insieme variegato di operatori che comprende braccianti, contadini di montagna, silvicoltori, pastori e agricoltori delle comunità indigene. Responsabili della produzione del 70% del cibo del Pianeta.
Il rischio globale? Vale 44 trilioni di dollari
I dati sono probabilmente sottostimati sia per la difficoltà di monitorare a fondo tutti i comparti sia per la carenza di informazioni su alcuni Paesi. La posta in gioco, in ogni caso, è altissima. “Le imprese fanno affidamento sulla natura in ogni fase della catena del valore, eppure più della metà del Pil del mondo – 44.000 miliardi di dollari – è a rischio moderato o grave per via della distruzione della natura”, spiega ancora l’associazione.
Le richieste degli attivisti includono l’eliminazione dei sussidi dannosi e un maggiore impegno di sensibilizzazione sul tema in tutti i settori coinvolti. Oltre allo sviluppo di standard internazionali di trasparenza che impongano di rendere noti i sostegni agli operatori sul mercato. Tutti argomenti che troveranno spazio, con ogni probabilità, alla prossima riunione della Convenzione ONU sulla diversità biologica, in programma a Kunming, in Cina, dal 25 aprile all’8 maggio prossimo. Le Nazione Unite hanno chiesto di rimodulare o eliminare tutti i sussidi pericolosi per l’ambiente entro il 2030.