28 Ottobre 2022

Uno studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche pubblicato su PNAS ha ricostruito le variazioni della copertura di ghiaccio marino sub-polare in risposta ai rapidi riscaldamenti climatici dell’ultima era glaciale. Le analisi offrono uno scenario allarmante della situazione dell’Artico entro metà secolo

di Emanuele Isonio

 

Tutto nasce da due carotaggi estratti nella Groenlandia nord-occidentale e nel Mare di Labrador. L’obiettivo era di ricostruire l’evoluzione della copertura del ghiaccio marino in quella porzione di regione sub-polare, prendendo in esame una serie di oscillazioni repentine del clima avvenute tra 36mila e 44mila anni fa. Un lavoro utile anche per i nostri giorni, perché permette di predire che cosa avverrà a causa del riscaldamento globale attuale.

I risultati di questa indagine, condotta da due istituti di ricerca del CNR – l’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima e l’Istituto di Scienze polari – insieme a due università italiane (Padova e Ca’ Foscari di Venezia) e diversi istituti internazionali, sono stati pubblicati sulla rivista PNAS.

Studiare il passato per prevedere il futuro

“I risultati – spiega Federico Scoto, ricercatore del CNR-Isac, che ha guidato lo studio – mostrano come fra le regioni sub-polari della Baia di Baffin e del Mare di Labrador, il tempo di reazione del ghiaccio marino, in seguito a un brusco aumento delle temperature in Groenlandia, sia quasi sincrono, istantaneo o avvenga nel giro di una decade, passando da una spessa copertura pluriennale persistente a condizioni di mare aperto e ghiaccio stagionale”.

Le prove confermano dunque la stretta relazione tra riscaldamento climatico e riduzione del ghiaccio marino artico. “I cicli climatici noti come eventi Dansgaard-Oeschger (D-O) sono caratterizzati da un aumento fino a +15 °C delle temperature atmosferiche in Groenlandia in poche decine di anni, seguito da un progressivo raffreddamento che può durare fino a 1-2mila anni”, aggiunge Carlo Barbante, direttore del Cnr-Isp, professore all’università Ca’ Foscari e co-autore dello studio. “Questo studio conferma l’importanza di studiare le variazioni climatiche del passato per comprendere meglio le presenti e sviluppare modelli per il futuro”.

Ghiaccio, -60% di volume in 40 anni

Il ghiaccio marino, banchisa o sea ice, si forma in inverno nelle regioni polari ed è una delle variabili climatiche fondamentali. Lo spessore della banchisa artica può variare da poche decine di centimetri fino a 5 metri, a seconda dell’età del ghiaccio: quello di nuova formazione di rado supera il metro, risulta più fragile e soggetto alla fusione estiva rispetto a quello pluriennale, spesso fino a diversi metri e più duraturo.

“Negli ultimi decenni, a causa del riscaldamento antropico, in Artico si sono osservate una riduzione dell’estensione del ghiaccio marino del 13% ogni dieci anni, rispetto al periodo 1981-2010, e una perdita di volume di oltre il 60% rispetto al 1982, dovuta in gran parte alla progressiva scomparsa del ghiaccio pluriennale. Con questo ritmo, in base agli scenari climatici futuri, l’Oceano Artico sarà privo di ghiaccio in estate già dal 2050”, avverte Barbante.

Estensione ghiaccio marino negli ultimi decenniFONTE: CNR, 20222

FONTE: CNR, 20222

“I nuovi dati confermano quanto sostenuto in un precedente studio che mirava a ricostruire l’evoluzione del ghiaccio marino nell’artico canadese durante l’intera ultima Era Glaciale, senza però la risoluzione temporale necessaria per risolvere in dettaglio le transizioni cicliche da periodi stadiali freddi, a periodi interstadiali caldi”, conclude Andrea Spolaor, ricercatore del Cnr-Isp.