La polvere di roccia aiuta a catturare la CO2. Ma non nei suoli acidi
La diffusione della polvere di roccia nel terreno è generalmente un sistema efficace per stoccare carbonio. Ma nei suoli acidi, spiega uno studio australiano, il meccanismo non funziona
di Matteo Cavallito
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La polvere di roccia favorisce la capacità del suolo di catturare la CO2, Ma l’efficacia dell’operazione è legata ad alcune peculiari caratteristiche del terreno a cominciare dall’acidità. Lo evidenzia uno studio sperimentale realizzato in Australia e pubblicato sulla rivista Science of The Total Environment.
“Studi di modellazione suggeriscono che miliardi di tonnellate di CO₂ potrebbero essere rimosse ogni anno se le rocce frantumate fossero applicate sui terreni coltivati su scala globale”, scrive James Cook University di Cairns, nello Stato del Queensland, e co-autore dello studio sul portale del network australiano The Conversation. “Ma prima di abbandonarsi a facili entusiasmi, è fondamentale essere in grado di misurare la quantità catturata. Sia l’industria che i governi avranno bisogno di misurazioni accurate per elaborare politiche, regolamenti e rendicontazioni efficaci”.
Il processo di meteorizzazione
Il principio alla base dello studio è noto come weathering o meteorizzazione e si verifica quando la pioggia, che cadendo cattura l’anidride carbonica dall’aria, reagisce con la roccia vulcanica bloccando il carbonio. Di norma il meccanismo richiede milioni di anni ed è quindi troppo lento per compensare il riscaldamento globale. La frantumazione della roccia, però, consente di accelerare notevolmente il processo.
Le rocce ricche di calcio o magnesio, come il basalto, possono essere polverizzate e sparse sul terreno per catturare l’anidride carbonica, spiega Nelson. Questo sistema prende il nome di meteorizzazione arricchita (enhanced weathering).
Una volta sul suolo, la CO₂ si scioglie formando l’acido carbonico che, a contatto con la roccia, trasforma l’anidride carbonica in bicarbonato. Quest’ultimo può essere ulteriormente convertito e immagazzinato come calcare, oppure precipitare nelle acque sotterranee e poi nei fiumi fino al mare dove viene immagazzinato a lungo termine. L’aggiunta di roccia frantumata, infine, migliora la salute del suolo e la fertilità fornendo nutrienti importanti come magnesio, calcio e fosforo.
La cattura di CO2 varia da 20 a 10mila chili per ettaro
La diffusione della polvere di roccia nel terreno è dunque un sistema efficace per lo stoccaggio del carbonio. Il problema, osservano i ricercatori, è che tale efficacia sembra variare in misura enorme. Nel Midwest USA, ad esempio, sono stati stimati tassi potenziali di rimozione di CO₂ fino a 2,6 tonnellate per ettaro all’anno per un periodo di quattro anni. Altrove, però, il sistema sembra funzionare molto meno bene.
In generale, rilevano gli autori, i risultati delle prove di laboratorio e degli esperimenti sul campo sono molto diversi tra loro, al punto che le stime di rimozione variano tra 0,02 e oltre 10 tonnellate di CO₂ per ettaro.
In alcuni ambienti, come le torbiere ad esempio, l’applicazione della polvere di roccia risulta addirittura controproducente. La variabilità dei dati, prosegue Nelson, potrebbe essere dovuta alla natura della roccia frantumata e al sistema di applicazione, ma anche al clima, al tipo di terreno, al tipo di coltivazione e alla durata della sperimentazione. Oltre, ovviamente, al metodo di misurazione utilizzato. Lo studio australiano, da parte sua, potrebbe aver individuato un altro aspetto decisivo: l’acidità del suolo.
La meteorizzazione non sembra funzionare nei suoli acidi
“Lo studio si proponeva di misurare direttamente la rimozione di anidride carbonica sul campo attraverso il potenziamento dell’azione meteorica del basalto applicato alla canna da zucchero su un Ultisol (il terreno argilloso rosso, ndr) acido (con un pH di 5,8, misurato nei primi 25 centimetri di terreno) nell’Australia tropicale nord-orientale, dove il potenziale erosivo è elevato”, si legge nella ricerca. Nell’area oggetto di studio il basalto frantumato come sottoprodotto della produzione di ghiaia è stato applicato ogni anno dal 2018 al 2022. Successivamente gli effetti dell’erosione del basalto sulla chimica dei flussi del suolo e del drenaggio sono stati quantificati.
Nel terreno, la presenza di acidi più forti ha contribuito all’erosione della roccia più di quanto abbia fatto l’acido carbonico. Il fenomeno erosivo, di conseguenza, ha avuto ugualmente luogo ma senza determinare il sequestro della CO2.
“Queste prove sul campo indicano che nei terreni fortemente acidi l’azione degli agenti meteorici potenziati sarà inefficace per la rimozione dell’anidride carbonica“, conclude la ricerca. “I dati rilevati saranno utili per orientare la ricerca e per progettare, parametrare, calibrare e convalidare i modelli di meteorizzazione arricchita”.

David Lindbo of the Department of Soil Science at NC State University Attribution 2.0 Generic CC BY 2.0 Deed
Patrick Domke / ETH Zurich, per uso non commerciale
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