Così il climate change sta rompendo il legame tra alberi e funghi del suolo
Uno studio dell’università di Stanford ha dimostrato che l’aumento delle temperature sta allentando la simbiosi tra alberi e funghi ectomicorrici, fondamentale per il ciclo di carbonio nelle foreste e per la crescita delle piante stesse
di Emanuele Isonio
Che il cambiamento climatico stia favorendo la “migrazione” di diverse specie vegetali verso latitudini più adatte o è un fenomeno ormai piuttosto tangibile. Incide sul comportamento di prati, fiori, alberi da frutto e d’alto fusto. I loro habitat originari sono infatti sempre meno ospitali. Meno noto è il fatto che il riscaldamento globale stia interrompendo le interazioni tra specie vegetali, fondamentali per garantire la biodiversità e il corretto funzionamento degli ecosistemi.
L’influenza negativa del riscaldamento globale
Uno studio realizzato da un team di ricercatori statunitensi e pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences ha ad esempio evidenziato come l’aumento delle temperature terrestri stia agendo negativamente sulla simbiosi tra gli alberi e i funghi ectomicorrizici (EMF). L’interazione di questi ultimi con le piante è fondamentale per il ciclo del carbonio nelle foreste. Essa infatti influenza la crescita delle piante stesse, l’acquisizione dei nutrienti e l’immagazzinamento dell’elemento nel suolo.
La maggior parte delle piante – come ad esempio i grandi alberi di conifere alle latitudini settentrionali – forma collaborazioni sotterranee con funghi micorrizici, microscopici e filamentosi. I funghi crescono nel terreno e si collegano con le radici delle piante per fornire loro nutrienti essenziali in cambio di carbonio.
Una simbiosi da non sottovalutare
“Bisogna immaginare che funghi e alberi siano come una perfetta coppia di danza. L’uno è al passo con l’altro e si forniscono reciprocamente ciò di cui hanno bisogno” spiega Kai Zhu, professore associato presso l’Institute for Global Change Biology all’Università del Michigan e coautore dello studio. “Il cambiamento climatico però sta modificando la musica e la pista da ballo. Alcuni alberi non riescono più a incontrare i loro partner fungini. Tutto ciò potrebbe quindi impedire la crescita di nuove foreste”.
“In questo nuovo studio, abbiamo intrapreso un viaggio nella terra. Abbiamo utilizzato la scienza dei dati per mappare le reti fungine sottostanti”, ha aggiunto Zhu. “Ciò che abbiamo scoperto è preoccupante: mentre gli alberi cercano nuovi terreni, alcuni dei funghi giusti non si trovano nei nuovi posti, lasciando gli alberi bloccati”.
Ovviamente il problema non è solo limitato alla capacità di crescita delle nuove foreste. Da esse infatti dipendono, a cascata, la disponibilità di aria fresca, di acqua pulita e l’assorbimento del carbonio dall’atmosfera. Conoscere e tutelare il legame tra alberi e funghi è quindi essenziale per garantire molti servizi ecosistemici alle generazioni future.

Variazione netta di area forestale negli ultimi tre decenni. FONTE: Rapporto Stato delle Foreste FAO, 2020.
Coinvolto un terzo delle collaborazioni albero-funghi
Il fenomeno peraltro non è certamente marginale. “Abbiamo scoperto – rivela Michael Van Nuland, biologo presso lo SPUN (Society for the Protection of Underground Networks) e autore principale dello studio – che il 35% delle collaborazioni tra alberi e funghi sarebbero influenzate negativamente dai cambiamenti climatici.
Il problema è particolarmente sentito fra le conifere nel Nord America, soprattutto nelle aree marginali delle foreste, dove gli alberi affrontano più spesso condizioni difficili. Gli autori hanno scoperto che in queste zone, gli alberi con un tasso di sopravvivenza maggiore sono quelli che possono disporre di funghi micorrizici più diversificati. Un’ulteriore controprova dell’importanza della simbiosi per aiutare la resilienza degli alberi.
“È assolutamente vitale continuare a lavorare per capire come il cambiamento climatico sta influenzando la simbiosi micorrizica”, aggiunge Van Nuland. “Queste relazioni sono alla base di tutta la vita sulla Terra: è fondamentale comprenderle e proteggerle“.


Patrick Domke / ETH Zurich, per uso non commerciale
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