16 Dicembre 2021
Le contaminazioni e l'inquinamento da plastica nei terreni sono anche maggiori di quelle che colpiscono mari e oceani.

Dalla FAO il primo rapporto sull’uso della plastica nei sistemi agroalimentari. L’inquinamento è pervasivo, soprattutto in Asia. Le soluzioni ruotano attorno alle 6R: rifiuta, riprogetta, riduci, riutilizza, ricicla e recupera. Fondamentale investire nella ricerca di prodotti alternativi

di Emanuele Isonio

 

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Teli per la pacciamatura e per racchiudere le balle di fieno, sacchi per il concime, vaschette per i bulbi, tubi per l’irrigazione, coperture per le serre, fascette per legare le piante, bottiglie di fitofarmaci, reti di protezione. Tutti strumenti fondamentali per il mondo agricolo. Altrettanti esempi di come la plastica e di conseguenza i suoi residui siano ormai pervasivi nei campi di tutto il mondo. Ben più di quanto si immagini. Se i rifiuti dispersi in mare e le immense isole di plastica che vagano tra gli oceani hanno fatto – giustamente – notizia, non sono però loro la principale minaccia per la sicurezza alimentare, dell’ambiente e delle persone.

Il primo rapporto globale sulla plastica nei terreni

“La terra che usiamo per coltivare il nostro cibo è sottoposta a un inquinamento da parte di contaminanti plastici molto maggiore”. A dirlo è il nuovo rapporto FAO, “Valutazione delle plastiche agricole e della loro sostenibilità: un appello all’azione”. Il primo che l’organismo Onu dedica al problema. Per di più con una visione planetaria.

Secondo i dati raccolti dagli esperti dell’agenzia, le filiere agricole utilizzano ogni anno 12,5 milioni di tonnellate di prodotti in plastica. Altre 37,3 milioni di tonnellate vengono utilizzate negli imballaggi alimentari. I maggiori utilizzatori sono rappresentati dai diversi segmenti della produzione agricola e dell’allevamento, con 10,2 milioni di tonnellate all’anno complessive. Seguono pesca e acquacoltura con 2,1 milioni di tonnellate e silvicoltura con 200mila tonnellate.

Stima delle quantità annue di plastica utilizzata nei terreni agricoli mondiali divise per tipologie di prodotto. FONTE: Assessment of Agricultural plastics and their sustainability. FAO, 2021

Stima delle quantità annue di plastica utilizzata nei terreni agricoli mondiali divise per tipologie di prodotto. FONTE: Assessment of Agricultural plastics and their sustainability. FAO, 2021

Un brutto…”film”

A livello territoriale, i maggiori utilizzatori di plastica in agricoltura sono i Paesi asiatici: a loro è imputabile la metà dell’utilizzo globale. Piuttosto comprensibile, visto che in quel continente risiede ben più della metà della popolazione mondiale ed è l’area con la maggiore rapidità di sviluppo economico attuale. In assenza di alternative praticabili, la domanda di plastica è quindi destinata ad aumentare, lì come in altre zone.

Secondo gli esperti FAO, ad esempio, la domanda globale di film per serre, pacciamatura e insilati aumenterà del 50%, da 6,1 milioni di tonnellate nel 2018 a 9,5 milioni di tonnellate nel 2030. Tendenze che rendono essenziale valutare bene costi e benefici della plastica.

Uso di teli plastici in agricoltura nelle diverse regioni mondiali. FONTE: Assessment of Agricultural plastics and their sustainability. FAO, 2021

Uso di teli plastici in agricoltura nelle diverse regioni mondiali. FONTE: Assessment of Agricultural plastics and their sustainability. FAO, 2021

“Questo rapporto serve come un forte appello ad un’azione coordinata e decisiva per facilitare le buone pratiche di gestione e frenare l’uso disastroso della plastica nei settori agricoli”, ha affermato il vicedirettore generale della FAO Maria Helena Semedo nella presentazione del rapporto.

Pericoli ambientali e sanitari

La maggiore preoccupazione, al pari di quanto avviene nel caso dell’inquinamento di mari e oceani, è rivolta in particolare alle microplastiche. Sono proprio loro il maggiore rischio per la salute umana, vista la capacità di entrare nella catena alimentare attraverso la contaminazione del suolo, dell’aria e dei bacini idrici.

Ecco come la plastica entra in circolo negli ecosistemi terrestri e nella nostra catena alimentare. FONTE: FAO, 2021

Ecco come la plastica entra in circolo negli ecosistemi terrestri e nella nostra catena alimentare. FONTE: FAO, 2021

Alla base del problema, oltre all’uso enorme della plastica in agricoltura c’è soprattutto la difficoltà di smaltire i rifiuti in modo corretto.

Dei circa 6,3 miliardi di tonnellate di plastica prodotta fino al 2015, quasi l’80% non è stato smaltito correttamente.

Una volta dispersa nell’ambiente naturale, i problemi causati da quei rifiuti sono moltissimi. Gli effetti sulla fauna marina sono ormai ben noti (l’Ispra ha recentemente calcolato ad esempio che il 90% delle tartarughe ha ingerito plastica). Ma nel suolo, man mano che le plastiche iniziano a disintegrarsi e degradarsi, i loro impatti interessano il livello cellulare. A essere coinvolti non sono solo i singoli organismi ma anche, potenzialmente, interi ecosistemi.

“Le microplastiche, di dimensioni inferiori a 5 millimetri, presentano rischi specifici per la salute degli animali” sottolinea il rapporto FAO. 2Esistono prove della trasmissione da madre a feto di nanoplastiche molto più piccole nei ratti. Ma studi recenti hanno rilevato tracce di particelle di microplastiche nelle feci umane e nella placenta”. Considerando che il 93% delle attività agricole globali si svolge sulla terra, è evidente la necessità di ulteriori indagini in questo ambito.

Durata media dei prodotti plastici utilizzati in agricoltura. FONTE: Assessment of Agricultural plastics and their sustainability. FAO, 2021

Durata media dei prodotti plastici utilizzati in agricoltura. FONTE: Assessment of Agricultural plastics and their sustainability. FAO, 2021

Ridurre e sostituire

La stessa FAO è consapevole, al pari di tutti gli addetti ai lavori che eliminare tout court la plastica dalle attività agricole è una chimera. In molti casi, l’assenza di valide alternative rende impossibile privarsene, almeno nel breve periodo. Per ridurre i danni e l’abuso il report identifica diverse soluzioni.

Una strategia composta da 6R: Rifiuta, Riprogetta, Riduci, Riutilizza, Ricicla e Recupera.

Le azioni principali dovrebbero essere rivolte contro i prodotti in plasica in cui più alto è il potenziale di danno ambientale. Sul banco degli imputati gli esperti FAO pongono in particolare i fertilizzanti rivestiti di polimeri non biodegradabili e i teli di pacciamatura.

Questi ultimi sono tra i prodotti più utilizzati direttamente sui terreni per la loro capacità di ridurre la presenza di agenti infestanti, conservare l’umidità e garantire la conservazione di un microclima ideale. Il rapporto dell’Agenzia Onu ricorda che i teli e gli altri film plastici, usati ad esempio per coprire le serre, rappresentano tra il 40 e il 50% del totale della plastica usata nella filiera agricola. Ma il loro uso massiccio comporta un enorme problema di smaltimento. Solo in Europa, i film pacciamanti non più utilizzabili raggiunge quota 15mila tonnellate. Ecco perché la loro sostituzione con esemplari biodegradabili e compostabili è una delle vie da percorrere (la loro utilità è stata riconosciuta ufficialmente dal Parlamento europeo già nell’ottobre 2017).

Classificazione delle plastiche per origine e biodegradabilità. FONTE: Assessment of Agricultural plastics and their sustainability. FAO, 2021.

Classificazione delle plastiche per origine e biodegradabilità. FONTE: Assessment of Agricultural plastics and their sustainability. FAO, 2021.

I teli delle serre – suggeriscono poi gli analisti FAO – potrebbero essere sostituiti da alternative più durevoli, come vetro o policarbonato. Mentre i prodotti a ciclo singolo potrebbero essere soppiantati preferendo opzioni riutilizzabili, come per le casse di raccolta rigide impilabili.

Un bouquet di azioni necessarie

A monte di tutto però, dal rapporto emerge l’esigenza di ripensare l’approccio all’agricoltura, in modo da sviluppare pratiche agricole più sostenibili. Espressamente indicata è l’agricoltura conservativa e l’uso di colture di copertura, che potrebbero essere un’alternativa assolutamente naturale rispetto ai teli pacciamanti.

Altrettanto importante è l’esigenza di stabilire standard per i prodotti e una loro etichettatura che ne favorisca identificazione e tracciabilità. Al pari dell’istituzione di regole che estendano la responsabilità del produttore di materiali plastici anche dela fase post-consumo, ovvero della sua gestione una volta diventato rifiuto. In questo senso, sottolinea la FAO “vanno riprogettati i modelli di business in modo che i produttori o i distributori di prodotti in plastica li forniscano come parte di un servizio, piuttosto che come una singola transazione di vendita di beni”.

Produzione plastica globale e percentuale utilizzata nell'attività agricola. FONTE: Assessment of Agricultural plastics and their sustainability. FAO, 2021

Produzione plastica globale e percentuale utilizzata nell’attività agricola. FONTE: Assessment of Agricultural plastics and their sustainability. FAO, 2021

Investire nella ricerca

C’è infine un altro ambito che il rapporto FAO ritiene essenziale per allentare il giogo della plastica in agricoltura. Quello degli investimenti in ricerca. Esistono infatti importanti coni d’ombra nelle conoscenze del problema su cui va invece fatta luce: i flussi globali delle plastiche agricole, valutazioni sul loro ciclo di vita confrontando le plastiche d’origine fossile e quelle di origine vegetale, i percorsi e gli impatti delle plastiche di diverse dimensioni sugli agrosistemi, il comportamento e la velocità di degradazione dei prodotti biodegradabili in diversi ambienti e condizioni.

“Dovrebbero essere studiati anche gli impatti dell’inquinamento da plastica agricola sui microbiomi, sulla qualità del suolo e dell’acqua e sulla produttività del suolo a lungo termine. In questo modo – si legge nel rapporto – i principi generali delle buone pratiche di gestione possono essere stabiliti rapidamente attraverso un codice di condotta volontario, mentre si tenta il processo più lento di modifica e sviluppo di accordi internazionali giuridicamente vincolanti”.