7 Gennaio 2025

Desertificazione, il 75% delle terre emerse è diventato più arido

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Il fenomeno non è temporaneo e cresce da ormai trent’anni. A rivelarlo è un nuovo rapporto della Convenzione Onu per la desertificazione (Unccd). Le terre aride sono cresciute di 4,3 milioni di kmq e ora coprono più del 40% di tutto il pianeta. Gli interventi di contrasto diventano sempre più improrogabili

di Emanuele Isonio

 

Mai come in questo caso è utile partire dai numeri per comprendere la portata del fenomeno: il 77,6% delle terre emerse è diventato più arido negli ultimi trent’anni. Nello stesso periodo, le zone aride si sono ampliate di circa 4,3 milioni di chilometri quadrati (un’area quasi un terzo più grande dell’India) e attualmente coprono il 40,6% di tutte le terre emerse (Antartide esclusa). Circa il 7,6% dei suoli (un territorio più grande del Canada) è stato spinto oltre la soglia di aridità (ovvero non è più classificato come area non arida), con conseguenze allarmanti per l’agricoltura, gli ecosistemi e le persone che vivono in tali zone (passate in un trentennio dal 22,5% al 30,9%).

Senza un’inversione di rotta soprattutto per frenare il riscaldamento globale e le emissioni di gas serra, un altro 3% di aree umide diventerà arido entro la fine di questo secolo. E le persone coinvolte dal fenomeno passeranno da 2,3 miliardi a circa 5 miliardi entro il 2100.

Sono solo alcuni dei dati contenuti in un rapporto (“The Global Threat of Drying Lands”) realizzato dall’Unccd (Convenzione Onu sulla desertificazione). “Questa analisi dissipa finalmente un’incertezza che da tempo circonda le tendenze globali di siccità”, afferma Ibrahim Thiaw, segretario esecutivo dell’UNCCD. “Per la prima volta, la crisi di aridità è stata documentata con chiarezza scientifica, rivelando una minaccia esistenziale che colpisce miliardi di persone in tutto il mondo”.

L'evoluzione dell'aridità. Nel riquadro superiore è mostrata la differenza tra i valori dell'Indice di aridità (AI) nel periodo 1961-1990 e il periodo 1991-2020. Il verde indica condizioni più umide, il marrone condizioni più secche (la Groenlandia è mascherata nel pannello superiore poiché l'AI mostra grandi variazioni dovute alla neve, senza spostamenti dalla classe AI fredda). Il riquadro inferiore indica gli spostamenti tra le classi AI nei periodi sopra menzionati. Le aree nere sono gli hotspot esposti all'aridificazione. FONTE: Unccd Aridity report, 2024.

L’evoluzione dell’aridità. Nel riquadro superiore è mostrata la differenza tra i valori dell’Indice di aridità (AI) nel periodo 1961-1990 e il periodo 1991-2020. Il verde indica condizioni più umide, il marrone condizioni più secche (la Groenlandia è mascherata nel pannello superiore poiché l’AI mostra grandi variazioni dovute alla neve, senza spostamenti dalla classe AI fredda). Il riquadro inferiore indica gli spostamenti tra le classi AI nei periodi sopra menzionati. Le aree nere sono gli hotspot esposti all’aridificazione. FONTE: Unccd Aridity report, 2024.

L’aridità non va confusa con siccità

Per spiegare la gravità del problema, nel documento Onu si sottolinea l’importanza di non confondere aridità con siccità. Quest’ultima è un periodo anomalo e di breve durata di carenza idrica che colpisce gli ecosistemi e le persone, spesso connessa con scarse precipitazioni, temperature elevate, bassa umidità dell’aria o anomalie del vento. Un fattore che fa parte della variabilità climatica e può verificarsi in quasi tutti i regimi climatici.

Al contrario, l’aridità è una condizione stabile per la quale i cambiamenti si verificano su scale temporali estremamente lunghe. Le regioni altamente aride sono luoghi in cui una condizione climatica persistente e a lungo termine non dispone di umidità sufficiente per supportare la maggior parte delle forme di vita e la domanda di evaporazione atmosferica supera significativamente le precipitazioni.

“A differenza delle siccità, periodi temporanei di scarse precipitazioni, l’aridità rappresenta una trasformazione permanente e inarrestabile“, si legge nel rapporto. “Le siccità finiscono. Quando il clima di un’area diventa più secco, tuttavia, si perde la capacità di tornare alle condizioni precedenti. I climi più secchi che ora colpiscono vaste terre in tutto il mondo non torneranno a come erano e questo cambiamento sta ridefinendo la vita sulla Terra”.

Conseguenze dell'incremento di aridità sugli ecosistemi e sui processi di degrado del suolo. FONTE: Unccd Aridity report, 2024.

Conseguenze dell’incremento di aridità sugli ecosistemi e sui processi di degrado del suolo. FONTE: Unccd Aridity report, 2024.

Punti caldi dell’aridificazione

La crescita del fenomeno dovrebbe far facilmente comprendere che nessun continente è escluso. Le aree particolarmente colpite dalla tendenza alla siccità includono quasi tutta l’Europa (il 95,9% del suo territorio), porzioni degli Stati Uniti occidentali, Brasile, parti dell’Asia (in particolare quella orientale) e Africa centrale.

Per quanto riguarda l’Europa, il processo di aridificazione riguarda soprattutto il bacino del Mediterraneo e del sud del continente: “terre una volta considerato granai agricoli, sono destinate ad affrontare un futuro difficile, causato dall’espanzione delle condizioni semi-aride” spiega il rapporto.

Dove sono più diffusi i fenomeni di aridificazione? Classificazione delle terre nei diversi continenti in base alle 6 categorie previste dall'Aridity Index: Estremamente arido (beige), Arido (giallo chiaro) Semiarido (marrone chiaro), Secco-subumido (rosso), Umido (verde), Freddo (grigio). FONTE: Unccd Aridity report, 2024.

Dove sono più diffusi i fenomeni di aridificazione? Classificazione delle terre nei diversi continenti in base alle 6 categorie previste dall’Aridity Index: Estremamente arido (beige), Arido (giallo chiaro), Semiarido (marrone chiaro), Secco-subumido (rosso), Umido (verde), Freddo (grigio). Le colonne a destra di ogni torta indicano la suddivione tra terre aride e terre umide in base all’Aridity Index e alla quota di popolazione presente. FONTE: Unccd Aridity report, 2024.
Semiarido (marrone chiaro), Secco-subumido (rosso), Umido (verde), Freddo (grigio). FONTE: Unccd Aridity report, 2024.

In scenari di elevate emissioni di gas serra, si prevede un’espansione delle zone aride nel Midwest degli Stati Uniti, nel Messico centrale, nel Venezuela settentrionale, nel Brasile nord-orientale, nell’Argentina sud-orientale, nell’intera regione del Mediterraneo, sulla costa del Mar Nero, in gran parte dell’Africa meridionale e nell’Australia meridionale.

Per il 25% della popolazione mondiale, che vive nelle zone aride in espansione, questa nuova normalità richiede soluzioni durature e adattive. “Il degrado del territorio legato all’aridità, noto come desertificazione, rappresenta una grave minaccia per il benessere umano e la stabilità ecologica” denuncia l’Unccd.

Reimmaginare il rapporto con terra e acqua

Inevitabile che il fenomeno porti a una diminuzione delle risorse idriche e al collasso di interi ecosistemi: “la migrazione forzata è una delle conseguenze più visibili. “Man mano che la terra diventa inabitabile, famiglie e intere comunità che affrontano la scarsità d’acqua e il collasso agricolo spesso non hanno altra scelta che abbandonare le proprie case, il che porta a sfide sociali e politiche in tutto il mondo. Dal Medio Oriente all’Africa e all’Asia meridionale, milioni di persone sono già in movimento”. E la tendenza sarà inevitabilmente destinata a intensificarsi nei prossimi decenni.

“L’aumento dell’aridità rimodellerà il panorama globale, sfidando i modi di vita tradizionali e costringendo le società a reimmaginare il loro rapporto con la terra e l’acqua” commenta Andrea Toreti, co-autore principale e scienziato senior, Centro comune di ricerca della Commissione europea. “Come per il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, affrontare l’aridità richiede un’azione internazionale coordinata e un impegno incrollabile per lo sviluppo sostenibile”.

Tuttavia l’umanità può affrontare questa sfida. Per farlo però la semplice scienza non basta. È invece necessaria “una diversità di prospettive e sistemi di conoscenza. Intrecciando la conoscenza indigena e locale con dati all’avanguardia, possiamo elaborare strategie più forti e intelligenti per rallentare l’avanzata dell’aridità, mitigarne gli impatti e prosperare in un mondo in secca” osserva Sergio Vicente-Serrano, coautore principale del rapporto ed esperto di aridità presso il Pyrenean Institute of Ecology in Spagna.

Le raccomandazioni dell’Unccd

Come ormai è consuetudine per i rapporti delle diverse realtà delle Nazioni Unite, accanto alla fotografia del problema e alle previsioni per i prossimi decenni, il documento Unccd presenta anche una tabella di marcia in grado di affrontare il fenomeno aridità, composta da azioni utili alla mitigazione e di attività per l’adattamento.

In primo luogo, gli analisti Onu sottolineano l’importanza di integrare le metriche dell’aridità nei sistemi di monitoraggio della siccità: ciò consentirebbe infatti di rilevare con tempestività i cambiamenti e aiutare ad accelerare gli inteventi prima che le condizioni peggiorino.

Tra le azioni concrete da effettuare sulle terre sottoposte ad aridificazione, c’è quella di incentivare sistemi sostenibili di uso del suolo. Approcci “innovativi e olistici” come quello della Grande Muraglia Verde, iniziativa di ripristino del suolo che abbraccia l’Africa centrale, dimostrano il potenziale di questi sforzi su larga scala, capaci di ripristinare gli ecosistemi creando al contempo posti di lavoro e stabilizzando le economie.

Va quindi stimolata la diffusione di pratiche in grado di garantire la resilienza: programmi educativi, servizi di informazione sul clima, iniziative che vedono il diretto coinvolgimento delle comunità locali, recupero delle tecniche tradizionali rappresentano un bouquet di interventi che consentono a chi è più colpito dall’aridità di adattarsi alle mutate condizioni climatiche. “Gli agricoltori che passano a colture resistenti alla siccità o i pastori che adottano bestiame più tollerante all’aridità sono un esempio di adattamento incrementale” si legge nel rapporto Unccd.

Allo stesso tempo è altrettanto urgente diffondere tecnologie in grado di ridurre e ottimizzare il consumo di risorse idriche: “tecnologie come la raccolta dell’acqua piovana, l’irrigazione a goccia, il riciclo delle acque reflue offrono soluzioni pratiche per la gestione delle scarse risorse idriche nelle regioni aride”.