Contro il climate change conta anche il suolo delle foreste
Un progetto di ricerca europeo sta studiando in che modo l’idrologia del suolo influenza la quantità di carbonio immagazzinato nelle aree forestali. L’iniziativa, partita nel 2021, si concluderà a ottobre 2025
di Emanuele Isonio
Per calcolare l’apporto positivo che le foreste mondiali garantiscono in termini di capacità di sequestro del carbonio è opportuno abbassare lo sguardo sotto i nostri piedi e ricordarsi di considerare l’apporto del suolo nel quale gli alberi sono collocati. Sottovalutare l’apporto del terreno sarebbe infatti un grave errore. Il tipo e il livello di salute del suolo forestale ha un ruolo importante per massimizzare le potenzialità di carbon sink di boschi e foreste.
Un progetto da 10 milioni di euro
Il messaggio è alla base della ricerca europea HoliSoils, partita a maggio 2021 e che si concluderà a ottobre 2025. Nel progetto, che può contare su quasi 10 milioni di euro di fondi Ue, sono coinvolte 18 università e istituti di ricerca in tutta Europa, oltre a due organizzazioni in Giappone e Uruguay.
“Una migliore comprensione dei processi del suolo è essenziale per calcolare il potenziale degli ecosistemi forestali di sequestrare e immagazzinare carbonio come parte della mitigazione del cambiamento climatico”, spiega Michal Bošela, docente presso la Facoltà di Scienze Forestali dell’Università Tecnica di Zvolen in Slovacchia.
Proprio nel Paese centroeuropeo è situato una delle aree oggetto di studio di quello che al momento è il più grande progetto di ricerca europeo dedicato al legame tra suoli forestali e lotta ai cambiamenti climatici. Decine di sensori sono stati collocati nel terreno che ospita una foresta secolare, nei tronchi e nell’aria. Obiettivo: monitorare il modo in cui l’idrologia del suolo e la crescita degli alberi influenzi il livello di carbonio immagazzinato nel terreno.
L’importanza sottovalutata dei suoli forestali
La speranza dei ricercatori è che saperne di più su come i suoli forestali intrappolano e rilasciano l’anidride carbonica, possa aiutare i vari Stati a sviluppare migliori politiche di tutela e adattamento dei loro boschi al cambiamento climatico oltre ad aumentare il loro contributo al sequestro di carbonio.
“I suoli contano davvero, ma sono poco studiati, soprattutto i suoli forestali” ha affermato Raisa Mäkipää, direttore del progetto HoliSoils e professore di ricerca presso il Natural Resource Institute in Finlandia.
Una lacuna pericolosa: già quattro anni fa il Global Forest Resources Assessment realizzato dalla FAO aveva infatti ricordato che il 45% del carbonio sequestrato nelle aree forestali era contenuto nei suoli. Una cifra sostanzialmente identica (anzi, leggermente superiore) rispetto a quella contenuta nella biomassa forestale vivente, costituita da tronchi e chiome degli alberi.

Proporzione degli stock di carbonio sequestrati nelle foreste e nei loro sottosuoli. FONTE: FAO, Global Forest Resources Assessment 2020.
Il valore della fauna del suolo
Ovviamente diverse sono le modalità con le quali operano suolo e piante sovrastanti per assorbire la CO2 dall’atmosfera: gli alberi sfruttano la fotosintesi, mentre i terreni forestali catturano il carbonio fungendo da dimora per una miriade di organismi come lombrichi, collemboli e onischi. Questi organismi rappresentano la fauna del suolo. Il loro cibo sono le foglie cadute, rami e alberi morti. Tutto materiale vegetale che contiene carbonio e che loro, cibandosene, incorporano nel terreno.
L’area di studio slovacca è all’interno della foresta di Dobroč: una riserva naturale creata nel 1913 e composta per lo più da faggi europei e abeti bianchi, che si estendono su 100 ettari nella parte centrale montuosa del Paese europeo. Il sito è stato individuato perché ha una caratteristica che lo rende perfetto per questo tipo di analisi: la foresta è infatti circondata da boschi più giovani, composti da monocolture di abete rosso, gestite in modo intensivo. In questo modo i ricercatori di HoliSoils possono confrontare le prestazioni di sequestro della CO2 delle monocolture con quelle garantite dagli alberi presenti nella foresta secolare, composta da un mix di specie arboree diverse.

Il progetto HoliSoils riunisce 18 università e istituti di ricerca di tutta Europa, nonché due organizzazioni di ricerca in Giappone e Uruguay. FOTO: Archivio Holisoils
Armonizzare i sistemi di monitoraggio
Ma il progetto Holisoils ha anche un altro obiettivo: aiutare a migliorare metodi di rendicontazione delle proprie emissioni di gas serra sviluppate dai diversi Paesi e soprattutto a allineare il modo in cui essi monitorano il suolo. Esso infatti rappresenta una parte essenziale degli inventari nazionali per l’impronta di carbonio delle attività economiche connesse con l’uso del suolo e con la silvicoltura.
Purtroppo tali calcoli sono limitati dalla mancanza di dati e conoscenze. Una lacuna che impedisce anche azioni concrete contro il degrado dei suoli europei. Non a caso, la Ue ha deciso di dedicare una direttiva ad hoc al monitoraggio del suolo, considerato una tappa essenziale e propedeutica alle successive azioni di tutela.
In questo ambito, Holisoils ha sviluppato delle iniziative all’interno della mission Soil Ue. Una di queste si chiama Benchmarks. Il suo obiettivo: sviluppare un sistema per un monitoraggio armonizzato e trasparente del suolo. Il progetto coinvolge oltre 20 aree in Europa, in modo da includere diversi tipi di terreni forestali a latitudini diverse. Tra di loro, alcune foreste mediterranee in Spagna e una foresta di torbiere in Germania. Per ognuna, entro la fine del progetto si stileranno indicazioni su quale sia la gestione migliore.

Holisoils
Patrick Domke / ETH Zurich, per uso non commerciale
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