La consultazione della Commissione sarà aperta fino al 15 settembre. Tutti i feedback saranno poi riassunti e inoltrati a Europarlamento e Consiglio per alimentare il dibattito legislativo. L’iter di approvazione della proposta di direttiva inizierà in autunno
di Emanuele Isonio
Otto settimane per inviare alla Commissione europea riflessioni, opinioni e punti di vista sul testo della proposta di direttiva sul suolo presentata il 5 luglio scorso. L’esecutivo di Bruxelles ha aperto, come di consueto quando presenta una proposta di provvedimento legislativo, la fase di ascolto dell’opinione pubblica europea. Obiettivo: stimolare il dibattito in seno ai due organismi che, dall’autunno, dovranno approvare, eventualmente emendandolo, il contenuto della direttiva.
Chi può partecipare?
Alla consultazione si potrà rispondere entro il 15 settembre con un testo della lunghezza massima di 4000 battute. Potranno prendervi parte, previa registrazione e autenticazione, sia i singoli cittadini europei sia associazioni e organizzazioni impegnate a vario titolo sul fronte della tutela ambientale e sullo studio del suolo. Ma potranno esprimere il proprio punto di vista anche organismi tecnici dei diversi enti e istituzioni nazionali o locali.
Attorno alla proposta di direttiva sul suolo si è sviluppato, già nei mesi della costruzione del testo, un dibattito su quali fossero gli aspetti più importanti che esso dovesse contenere. La Commissione aveva aperto prima una richiesta di contributi per raccogliere i diversi punti di vista e, successivamente, un questionario per sondare sia la consapevolezza dell’opinione pubblica sul tema sia quali fossero gli interventi attorno ai quali ci potesse essere il più ampio consenso.
Le perplessità attorno al testo presentato
Il testo presentato il 5 luglio scorso, contrariamente alle previsioni, si è concentrato sul tema del monitoraggio del suolo, invece di fissare delle azioni vincolanti per riportarlo in salute. La scelta è stata spiegata dal commissario all’Ambiente, Virginijus Sinkevicius come un passaggio indispensabile per arrivare a un quadro coerente di mappatura delle condizioni dei suoli continentali, con l’obettivo di fornire dati omogenei e stabilire quindi gli interventi più efficaci da adottare.
Per questo, la proposta di direttiva stabilisce che i 27 Stati membri Ue dovranno istituire dei “distretti del suolo” per gestire i terreni e monitorarne lo stato di salute oltre a effettuare misurazioni periodiche. Il testo stabilisce inoltre “principi di gestione sostenibile del suolo”, chiedendo ai Paesi di stabilire sanzioni “efficaci, proporzionate e dissuasive” in caso di violazione delle regole.
Tuttavia, questa timidezza ha prodotto più di un mal di pancia fra gli addetti ai lavori che, da anni, denunciano il progressivo degrado dei suoli europei (più del 60% è ormai “malato”) e l’urgenza di interventi legislativi per invertire la rotta, intervenendo sia sul consumo di suolo sia sulle altre cause alla base delle diverse forme di depauperamento: dall’agricoltura intensiva, alle scelte agronomiche insostenibili fino all’esigenza di intervenire sui terreni maggiormente contaminati.
Il rischio di un secondo insabbiamento
“Chiunque studi il suolo o abbia a cuore la salute degli ecosistemi terrestri, non può che essere deluso” aveva ammesso Luca Montanarella, membro del JRC dove ha diretto per molti anni il Dipartimento Suolo, intervistato da Re Soil Foundation. Anche se lui stesso aveva ammesso che probabilmente quello presentato è l’unico testo in grado di essere approvato prima della fine della legislatura, evitando politicizzazioni che lo avrebbero condannato all’insabbiamento come era avvenuto 15 anni prima con la proposta avanzata dalla Commissione Barroso.
Anche Re Soil Foundation, in una nota emessa poche ore dopo la presentazione della direttiva da parte della Commissione, aveva sottolineato l’urgenza di “azioni concrete e coraggiose” visto che la stessa Commissione ricorda come in mezzo secolo i terreni coltivabili pro capite siano dimezzati (da 0,36 e 0,18 ettari). “Sappiamo bene – aggiungeva la nota – che il monitoraggio da solo non è in grado di far invertire la tendenza al degrado della salute dei suoli”.