17 Maggio 2023

Creati dai ricercatori della Carnegie Mellon University, i dispositivi di distribuzione dei semi aprono la strada alla rigenerazione dei terreni. Ma alcuni osservatori sono scettici

di Matteo Cavallito

 

La distribuzione dei semi nel suolo? Può avvenire per via aerea attraverso l’uso di droni e di opportuni vettori costruiti dall’uomo. È questa la scommessa dei ricercatori della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, in Pennsylvania, che, nei mesi scorsi, hanno elaborato una soluzione chiamata E-seed, un dispositivo “bio-ispirato” concepito sul modello dei semi di cicutaria (Erodium).

Questi ultimi, sottolinea una nota dell’ateneo USA, si collocano all’interno di un gambo sottile avvolto su se stesso. “In caso di pioggia o di elevata umidità, il gambo simile a un cavatappi si srotola agganciando il seme nel terreno, dove può attecchire ed essere al riparo dall’attacco degli uccelli e dalle difficili condizioni ambientali”.

Il vettore di semi

Realizzato con un sottile strato di quercia bianca, il vettore di semi sviluppato dagli scienziati funziona allo stesso modo. A differenza del suo omologo naturale, tuttavia, il gambo presenta non una ma tre code che, insieme, contribuiscono a mantenere la posizione verticale nel terreno. Secondo i ricercatori i vettori – il cui trasporto è affidato ai droni – possono essere usati per distribuire anche fertilizzanti, funghi e nematodi.

Ovvero quei minuscoli invertebrati che si nutrono di microorganismi assumendo da essi sostanze nutritive in eccesso che vengono quindi rilasciate nel suolo a beneficio delle piante.

“L’interramento dei semi è stato studiato a fondo per decenni in termini di meccanica, fisica e scienza dei materiali, ma finora nessuno aveva saputo creare una soluzione ingegneristica”, ha dichiarato la docente della Carnegie Lining Yao. “La ricerca sui vettori di semi è stata particolarmente gratificante per il suo potenziale impatto”.

Obiettivo: rigenerare il suolo

Attraverso la semina aerea, spiegano gli scienziati, è possibile risolvere alcuni problemi tipicamente associati alla distribuzione tradizionale. Con l’impiego dei droni, ad esempio, si possono coprire rapidamente aree ampie e fisicamente inaccessibili migliorando la qualità del suolo e contribuendo alla rigenerazione delle aree colpite dagli incendi. L’utilizzo dei vettori autoperforanti, ovvero in grado di penetrare autonomamente in profondità, consente inoltre di proteggere i semi dalle intemperie e dall’azione di fattori esterni.

“Il nostro vettore a tre code ha un tasso di successo di perforazione dell’80% su terreni pianeggianti dopo due cicli di innesco, grazie al vantaggioso angolo di appoggio (25°-30°) del suo ancoraggio”, si legge in un articolo pubblicato sulla rivista Nature.

E ancora; “I nostri vettori possono trasportare carichi utili di varie dimensioni e contenuti, tra cui biofertilizzanti e semi di piante grandi come quelli di pino bianco, che hanno una lunghezza di circa 11 mm e un peso di circa 72 mg”. Il sistema elaborato, assicurano i ricercatori, migliorerà l’efficacia della semina aerea per alleviare gli stress agricoli e ambientali aprendo la strada a ulteriori applicazioni nel settore energetico e nel campo della robotica.

Ma non mancano le perplessità

Non tutti però sembrano condividere lo stesso entusiasmo. In un articolo pubblicato dal network australiano The Conversation, alcuni ricercatori hanno evidenziato i limiti che caratterizzerebbero tuttora questo tipo di soluzione. “Numerose aziende private sono entrate nel mercato con dispositivi rivoluzionari (per lo più droni), sostenendo di poter ripristinare gli ecosistemi piantando miliardi di alberi”, scrivono gli autori. “Eppure, ad oggi, ci sono poche prove della loro efficacia”.

Due, in particolare, i problemi rilevati. In primo luogo, sembrerebbe difficile per il momento garantire una produzione così vasta di vettori per il trasporto dei “molti miliardi di semi di migliaia di specie di cui abbiamo bisogno per ripristinare interi ecosistemi”.

Inoltre, proseguono i critici, esiste un ostacolo logistico. Per evitare che le code si aggroviglino, i ricercatori hanno diviso la scatola trasportata da ciascun drone in singoli compartimenti contenenti un solo vettore. Riducendo così il numero di semi che possono essere consegnati durante ogni volo.