Il nuovo strumento è stato presentato durante la decima sessione plenaria della Global Soil Partnership. Servirà ad avere indicazioni e parametri precisi per comprendere meglio i “black soils”. Dalle terre nere infatti dipende gran parte della produzione agricola mondiale
di Emanuele Isonio
Il grande pubblico probabilmente non ne aveva mai sentito parlare prima dello scoppio dell’invasione russa dell’Ucraina. Ma il conseguente blocco delle esportazioni di grano, che rimane stipato nei silos nei pressi del porto di Odessa sta facendo comprendere al mondo l’importanza strategica dei territori caratterizzati dai cosiddetti “black soils”. Note anche come “terre nere”, sono caratterizzati da un colore molto scuro e da un alto contenuto di materiale vegetale decomposto, ricco di carbonio e di nutrienti essenziali chiave come azoto, fosforo e potassio. Sono quindi tra i terreni più produttivi e fertili del mondo, tanto che da essi dipende gran parte della produzione agricola mondiale.
Il paniere alimentare del mondo
Per tradurre in numeri: il 66% dei semi di girasole, il 30% del grano e il 26% delle patate sono stati prodotti sui black soils. Facile quindi comprendere perché essi siano considerati il paniere alimentare del mondo. E perché i cambiamenti climatici, la crescente siccità e i pericoli di insicurezza alimentare stiano aumentando la loro centralità strategica in chiave geopolitica.
A livello globale sui black soils vivono circa 223 milioni di persone (meno del 3% della popolazione mondiale). Ma in alcune aree le percentuali sono ben diverse. L’Ucraina è ad esempio uno degli Stati in cui le terre nere sono più diffuse. Vi risiede il 52% della sua popolazione. In Moldavia, altro Stato che (non a caso?) teme di essere vittima dell’escalation bellica da parte di Mosca, quella percentuale sale addirittura al 93%.
725 milioni di ettari
Ma dove si trovano questi black soils? C’è un’ampia fascia dove sono più diffusi, collocata soprattutto alle medie latitudini dell’Eurasia, del Nord e del Sud America. In tutto coprono circa 725 milioni di ettari. Quasi la metà sono collocati nella Federazione Russa, dove rappresentano il 19% della superficie nazionale. Altri Paesi con vaste aree di terre nere includono Argentina, Cina, Colombia, Ungheria, Indonesia, Kazakistan, Polonia e Stati Uniti d’America.

La distribuzione regionale delle terre nere (black soils). FONTE: 10a sessione plenaria Global Soil Partnership
Una loro mappatura precisa però ancora non esiste. Ecco perché riveste particolare importanza lo strumento presentato durante la 10a sessione plenaria della Global Soil Partnership a fine maggio: una mappa globale dei black soils (GBSmap).
Studiare le terre nere per difenderle meglio
La mappa è il frutto di lavori iniziati un paio d’anni fa, decisi all’interno dell’International Network of Black Soils (INBS). L’organismo riunisce, in modo volontario, i Paesi che presentano terre nere nel proprio territorio, per confrontarsi su questioni tecniche comuni, relative alla conservazione e alla gestione sostenibile di questi suoli.
Non di rado, la loro grande fertilità ne causa infatti un pericoloso sovrasfruttamento, con conseguente degrado. Circa un terzo delle terre nere è coperto oggi da colture, un altro terzo da praterie e le restanti sono coperte da foreste. Ma questa ripartizione varia all’interno di ciascuna regione.
“Le terre nere – spiega Yuxin Tong, coordinatore dell’INBS – non sostengono soltanto le persone che vi si stabiliscono, ma nutrono anche il resto del mondo attraverso la loro grande quota di esportazioni di cibo, nonostante rappresentino una piccola parte dei suoli del mondo. Considerando il loro ruolo fondamentale per la sicurezza alimentare e l’azione per il clima e la loro crescente vulnerabilità, è della massima importanza studiare le loro proprietà e la loro condizione di salute su scala locale e globale”.
Un migliore monitoraggio della dinamica delle terre nere diventa infatti essenziale per prendere decisioni informate e consapevoli. Partendo da un principio ben noto nel mondo degli esperti del suolo: non tutti i terreni hanno uguale valore. E le azioni di difesa devono tenere a mente questo principio. “Le terre – prosegue Tong – sono letteralmente vive. Grazie al lavoro imponente dell’ampia varietà di organismi in essi ospitati, trasformano la materia vegetale e animale in acidi umici che catalizzano nuovi cicli vitali fuori terra. Ecosistemi così complessi rendono anche le terre nere sensibili agli interventi antropogenici che li interrompono, con conseguenze enormi per la sicurezza alimentare globale e il cambiamento climatico”.
L’interesse di Pechino sui black soils
La creazione della mappa fa seguito alla creazione, nel novembre 2021 di un istituto di ricerca sui black soils, promosso dall’INBS: l’International Research Institution of Black Soils. L’IRIBS avrà come partner l’Heilongjiang Academy of Black Soil Conservation and Utilization. Un segnale dell’estremo interesse che Pechino ha mostrato da tempo attorno alla questione terre nere. La regione dell’Heilongjiang, nel Nord Est della Cina, è uno dei granai del Paese e il governo centrale è chiaramente preoccupato di evitare un suo degrado che metterebbe a rischio le esigenze alimentari della popolazione cinese.