L’analisi di Sustainability Times: la deforestazione è percepita da molti come un fenomeno distante e poco coinvolgente. La soluzione? Creare empatia attraverso l’esperienza digitale assicurata dalla realtà virtuale
di Matteo Cavallito
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La deforestazione dipende anche dai nostri comportamenti. Lo evidenzia, ad esempio, il legame tra l’uso eccessivo delle risorse fossili – alla base della produzione energetica ma non solo – e il cambiamento climatico che favorisce il dilagare degli incendi e la distruzione delle aree boschive. Molto spesso, però, tendiamo a ignorare il fenomeno mostrando al tempo stesso una certa carenza di consapevolezza. La buona notizia, tuttavia, è che qualcuno ha deciso di ovviare al problema scommettendo su uno strumento insolito, almeno in questo tipo di contesto: la realtà virtuale.
Creare empatia nei confronti della deforestazione
A raccontarlo, in questi mesi, è il portale specializzato Sustainability Times. “I sistemi di realtà virtuale possono aiutare gli abitanti delle città a valutare il loro impatto diretto sulla foresta”, scrive la rivista. “Inoltre, sono in grado di suscitare negli utenti un’empatia che può portare a cambiamenti verso uno stile di vita sostenibile“.
L’idea, insomma, è che le persone abbiano un’istintiva difficoltà nel percepire come vicini quei fenomeni che non sembrano coinvolgerli direttamente. Superare questa distanza emotiva diventa quindi l’obiettivo degli sviluppatori.
Ad oggi, prosegue la rivista, “diverse aziende stanno creando applicazioni che collocano gli utenti sulla scena del degrado ecologico. In questo modo è possibile illustrare agli utenti stessi le cause e gli effetti della deforestazione”. Un’esperienza interattiva, dunque, che promette di avvicinare gli individui al cuore del problema.
Mettersi nei panni di un albero
Tra le aziende attive in questo senso, si segnala la rivista TIME, che ha sviluppato un’applicazione chiamata “Inside the Amazon: the Dying Forest” che permette di esplorare gli effetti dei fenomeni più pericolosi per la foresta come incendi ed erosione del suolo. Ma il progetto più rilevante resta forse quello lanciato nel 2019 dalla Viveport, una controllata dalla corporation di Taiwan HTC. Il programma, conosciuto come Tree, consente agli utenti di “vivere” l’Amazzonia dal punto di vista di un albero di kapok.
“Gli spettatori passano da una piantina a un albero maturo che svetta sopra la linea della chioma, con le braccia e il corpo che si trasformano in rami e tronco”, si legge in una nota.
“L’esperienza porta alla luce la straziante realtà della deforestazione tropicale, che è prodotta principalmente dall’espansione agricola e genera più emissioni di carbonio rispetto al totale determinato da tutte le auto e i camion del Pianeta”. Gli utenti, inoltre, “assistono agli effetti del disboscamento nella foresta. Le persone che comprendono le difficoltà che gli alberi devono affrontare a causa dell’intervento umano possono provare empatia. La reazione emotiva può indurre a un cambiamento nei loro comportamenti”.
Nel XXI secolo persi quasi 70 milioni di ettari di foresta primaria
Quanto sia importante la sensibilizzazione sul tema lo evidenziano i numeri. Secondo le stime di Global Forest Watch, un’iniziativa di monitoraggio promossa dall’organizzazione non profit statunitense World Resources Institute, tra il 2002 e il 2021 il mondo ha perso 68,4 milioni di ettari di foresta primaria, pari al 6,7% del totale.
Le soluzioni basate sulla realtà virtuale, osserva ancora Sustainability Times, possono trovare ora nuove applicazioni nelle scuole e nei musei. Ma la divulgazione non è tutto e a beneficiare delle nuove possibilità offerte potrebbero essere anche gli studiosi impegnati a comprendere meglio il fenomeno. “Gli scienziati che lavorano nei centri di ricerca possono usare questa tecnologia per esplorare aspetti particolari e sviluppare soluzioni efficaci”, conclude la rivista.