30 Marzo 2022

Secondo l’organizzazione elvetica, per contrastare il cambiamento climatico dobbiamo trattare il suolo come un’asset class. Inoltre servono un’equa retribuzione degli agricoltori e trasparenza sull’impatto dei prodotti per favorire la scelta dei consumatori

di Matteo Cavallito

 

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La via d’uscita dalla crisi climatica passa attraverso una diversa gestione dell’agricoltura capace di rispettare gli operatori, il suolo e i consumatori. È il messaggio lanciato dal World Economic Forum. “Il nostro pianeta e l’umanità si reggono essenzialmente su ciò che offre la nostra risorsa più preziosa: uno strato di suolo di 10-30 centimetri”, si legge nel documento.

L’agricoltura, del resto, è da sempre il nucleo centrale dello sviluppo umano. È stato così fin dall’antichità, quando l’avvio della tecnica ha rappresentato il punto di partenza della civilizzazione. Ed è così anche oggi, con la sicurezza alimentare che si trasforma nella condizione fondamentale per qualsiasi boom economico, come dimostra la parabola dell’Asia a partire dagli Anni ’60 del secolo scorso. Ecco perché, alla luce di tutto questo, l’emergenza climatica suggerisce oggi la via d’uscita più ovvia: “Guardando alla natura possiamo trovare la soluzione nel suolo”. Perseguendo tre diverse strategie.

Un equo compenso per gli agricoltori

Per prima cosa, sostiene il WEF, occorre intervenire per ripristinare l’equità nella filiera alimentare. Il sistema produttivo, infatti, è caratterizzato da uno scompenso permanente, risultato del peso delle esternalità negative. Ovvero perdita di biodiversità, deforestazione e contributo al cambiamento climatico. Un dato, quest’ultimo, che è stato sottostimato per troppo tempo, come hanno evidenziato studi più recenti.

“Secondo il rapporto della Food and Land Use Coalition, il sistema alimentare globale vale 10 trilioni di dollari ma genera anche costi per 12 trilioni“, scrive il WEF. “La filiera, in altre parole, sta erodendo valore. Incapace di tenere conto dei costi relativi alla salute e all’ambiente”.

Per questo motivo, prosegue l’analisi, occorre garantire agli operatori una giusta retribuzione. Riconoscendo loro non solo il valore di mercato dei volumi prodotti ma anche l’importanza delle buone pratiche agricole rispettose dell’ambiente.

Trasparenza per i consumatori

La seconda strategia da perseguire, argomenta il WEF, consiste nella promozione della trasparenza presso i consumatori. Negli anni ogni acquirente ha avuto modo di accedere a maggiori informazioni sui prodotti in vendita, dal valore nutrizionale ai dettagli sugli ingredienti e la provenienza. Ma ancora oggi è pressoché impossibile sapere a quanto ammonti l’impronta climatica della produzione. E così “i consumatori non hanno modo di sapere se il cibo nei supermercati è stato prodotto in modo ecologico”.

Accanto al conteggio delle calorie occorre dunque rendere disponibile il calcolo delle emissioni. Le soluzioni tecnologiche ci sono, occorrono però standard globali, ovvero regole comuni, per favorire la diffusione delle informazioni. In questo modo è possibile rendere protagonisti i consumatori stessi che, con le loro scelte, possono premiare le produzioni più sostenibili.

Il suolo come asset class

Infine, prosegue il WEF, è necessario imparare a riconoscere il valore del suolo come risorsa. Nel terreno, infatti, sono conservati i 4/5 circa del carbonio terrestre. Ma di fronte al degrado – che caratterizza “il 52% dei terreni agricoli globali” – diventa necessario promuovere un cambio di strategia. Come? Attraverso l’agricoltura rigenerativa, ovviamente, favorendo così il sequestro del carbonio stesso e la tutela della biodiversità.

Per raggiungere questo traguardo, conclude il documento, è necessario sviluppare il carbon farming, vale a dire quelle pratiche di gestione agricola che favoriscono la cattura dell’elemento nel suolo. Per incentivare la ricerca di queste soluzioni occorre quindi espandere il carbon market attraverso lo scambio dei crediti di emissioni. Una strategia, si legge nell’analisi del Forum, che consentirebbe agli agricoltori di valorizzare il suolo “come una vera e propria asset class”. Ottenendo una retribuzione per gli sforzi compiuti nel contrasto al cambiamento climatico.