6 Aprile 2023

Un rapporto diffuso nel Regno Unito sottolinea l’importanza di requisiti minimi nelle attività di sequestro del carbonio. Obiettivi: fare chiarezza nel mercato e garantire la permanenza a lungo termine dell’elemento nel suolo

di Matteo Cavallito

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Le attività agricole che implicano un maggiore sequestro di carbonio vanno incontro a importanti prospettive di sviluppo attraverso il mercato dei crediti di emissione. Senza adeguati criteri, però, il rischio di aprire la strada a un sistema sregolato, difficile da monitorare e soggetto a pratiche di greenwashing, appare ancora molto forte. Per questo occorre stabilire regole e indicatori certi con l’obiettivo di generare benefici ambientali stimolando gli investimenti nell’agricoltura.

Sono queste le considerazioni preliminari alla base della stesura dei cosiddetti “Requisiti minimi” per i progetti del settore sviluppati da un consorzio di ricercatori, ONG e aziende britanniche negli ultimi mesi. Le indicazioni sono contenute in un rapporto a cura della Sustainable Soil Association, un’organizzazione con sede nel Regno Unito.

Nel mercato del carbonio domina l’incertezza

A oggi, spiega l’organizzazione in una nota ufficiale, “il nascente mercato del carbonio del terreno – nel quale gli agricoltori vengono pagati per una combinazione di stoccaggio dell’elemento e riduzione delle emissioni di gas serra grazie a una migliore gestione del suolo – è attivo e funzionante ma anche in gran parte non regolamentato, con aziende che utilizzano una varietà di tecniche per misurare e stimare i cambiamenti nel tempo e diversi meccanismi contrattuali per gestire il rischio e l’incertezza”.

Secondo Helaina Black, ricercatrice del James Hutton Institute, il mercato dei crediti è tuttora caratterizzato da una profonda incertezza. “Un’unità o un credito di carbonio ottenuto in un’azienda agricola non è equivalente – o addirittura paragonabile – a un’unità proveniente da un’altra”, spiega. “Questo apre la porta alla confusione, al greenwashing e persino alle frodi”.

Un’inchiesta pubblicata a gennaio e realizzata dal quotidiano britannico Guardian, dal settimanale tedesco Die Zeit e dall’organizzazione no profit SourceMaterial, ha evidenziato come oltre il 90% dei progetti di compensazione fondati sulla riforestazione e approvati dal principale certificatore mondiale, Verra, si sia rivelato in gran parte privo di valore.

Le indicazioni

Il rapporto della Sustainable Soil Association si basa sull’analisi degli aspetti che caratterizzano i progetti di cattura del carbonio nel suolo: dall’insieme delle conoscenze utili a stabilire la variazione degli stock nel terreno nel corso del tempo, alle misurazioni e ai modelli fino ad altri aspetti come equità, trasparenza e rischio. L’obiettivo? Garantire che il carbonio stoccato nel suolo vi rimanga il più a lungo possibile. Analizzando 12 metodi di misurazione, rendicontazione e verifica utilizzati nel mondo, gli autori offrono indicazioni sugli argomenti più diversi

Tra questi: governance, qualità delle prove che dimostrino la probabilità di sequestro del carbonio o di riduzione delle emissioni, conformità al quadro normativo e quantificazione dei crediti. Oltre a valutazione e contabilizzazione delle perdite, proprietà del terreno e conservazione dei dati.

Secondo Robert Parkhurst, presidente della società Sierra View Solutions e co-autore del rapporto, i requisiti minimi “cercano di riflettere queste circostanze senza essere troppo prescrittivi, dicendo agli agricoltori come gestire il loro bene più prezioso: il suolo”. Il documento, aggiunge, ha anche cercato di “bilanciare la necessità di raggiungere un’elevata integrità senza appesantire i progetti con costi aggiuntivi. Questo è un mercato nascente e speriamo che il nostro approccio gli consenta di prosperare”.

Il carbon farming può attrarre significativi investimenti

Non diversamente dall’Unione Europea, il Regno Unito punta da tempo sulle potenzialità del carbon farming, ovvero delle pratiche agricole che contribuiscono a catturare l’elemento dall’atmosfera e a immagazzinarlo nei suoli o nella biomassa. Lo sviluppo del mercato dei crediti rappresenta in questo senso una risorsa importante per favorire l’afflusso di investimenti garantendo al tempo stesso un sostegno decisivo ai coltivatori.

Nell’agosto dello scorso anno uno studio a cura di Energy & Climate Intelligence Unit, un’organizzazione no profit di base a Londra, ha evidenziato come le aziende agricole collocate nei territori più marginali del Regno Unito – che sono meno produttive ma gestiscono anche i suoli caratterizzati dal maggior potenziale di stoccaggio – possano arrivare a produrre un ammontare di crediti di compensazione delle emissioni dal valore complessivo di 700 milioni di sterline all’anno.

Necessarie linee guida chiare

Per sbloccare adeguatamente gli investimenti, in ogni caso, la presenza di linee guida chiare nel settore resta decisiva. “Sappiamo che c’è una notevole richiesta di crediti di carbonio basati sulla natura e, mentre esistono codici per i boschi e le torbiere, non c’è nulla di equivalente per il suolo”, ha spiegato Mark Reed, condirettore del Thriving Natural Capital Challenge Centre dello Scotland’s Rural College di Aberdeen. “Ci auguriamo che il nostro lavoro invii chiari segnali al mercato sull’esistenza di progetti per il suolo agricolo rigorosi e ad alta integrità e che questo, a sua volta, sblocchi la domanda, concentrando gli investimenti su quelle iniziative dotate degli standard più elevati”.