26 Ottobre 2023

Lo studio dell’Università di Córdoba: l’impiego di queste colture riduce di oltre il 75% la perdita di carbonio nel suolo degli oliveti mediterranei

di Matteo Cavallito

 

L’uso delle colture di copertura permette di ridurre drasticamente la perdita di carbonio organico in alcuni terreni della regione mediterranea. Lo rivela uno studio a cura dell’Università di Córdoba, in Spagna.

L’indagine si è concentrata sugli oliveti che, osservano i ricercatori in una nota diffusa dallo stesso ateneo andaluso, “presentano alti tassi di erosione a causa di una tempesta perfetta di fattori: un clima con episodi di piogge intense, l’orografia caratterizzata da pendii ripidi e la lavorazione convenzionale del terreno”. Quest’ultima pratica, in particolare, “lascia il terreno  nudo, portando al ruscellamento, allo scorrimento del suolo e, con esso, alla dispersione del carbonio organico associato ai sedimenti”.

Otto piantagioni sotto indagine

L’équipe degli scienziati, coordinata da Francisco Márquez, ricercatore del gruppo di ricerca AGR 126 “Meccanizzazione e tecnologia rurale” presso l’Università di Córdoba, ha analizzato, per quattro anni, gli effetti della copertura del suolo sulla perdita di carbonio organico. I dati emersi sono stati confrontati con quelli rilevati nei campi soggetti alla lavorazione convenzionale.

Operando in alcune delle principali aree olivicole dell’Andalusia, i ricercatori hanno esaminato “otto piantagioni con suoli diversi, differenti tipi di oliveti (tradizionali, di montagna e intensivi) e caratterizzati da quasi tutti i tipi di copertura”, spiega Márquez.

Gli scienziati hanno potuto così valutare anche l’influenza di questi fattori giungendo a una conclusione chiara: “Abbiamo visto che la copertura del suolo non solo riduce l’erosione e il ruscellamento, ma anche le perdite di carbonio organico nel suolo”.

Le colture riducono le perdite del 76%

Nei terreni osservati, la copertura del suolo “è stata responsabile in media di una riduzione del 36,7% nel deflusso e dell’85,5% nell’erosione“, si legge nello studio. Questa pratica, inoltre, “ha ridotto la perdita di carbonio associata ai sedimenti del 76,4%“. E non è tutto: rispetto agli effetti della pioggia, spiegano i ricercatori, “le colture di copertura hanno fornito una protezione del 65,7% per tutta la stagione”, contro il 22,4% registrato nei terreni soggetti a lavorazione tradizionale.

La spiegazione del fenomeno è abbastanza semplice: la copertura rafforza la struttura e la coesione delle particelle del suolo.

Così facendo si limita drasticamente l’erosione e, con essa, il rilascio del carbonio. I vantaggi sono almeno due: in primo luogo l’aumento della fertilità del terreno, in secondo luogo la riduzione delle emissioni dell’elemento che, combinandosi con l’ossigeno dell’aria, contribuirebbe a far crescere la concentrazione di CO2 in atmosfera favorendo il cambiamento climatico.

Il carbon farming è decisivo

Le implicazioni dello studio sono particolarmente rilevanti per una regione come quella mediterranea dove la coltura dell’ulivo è estremamente diffusa e la combinazione di diversi fattori crea situazioni critiche. “La maggior parte delle piantagioni si trova su superfici piovose, povere e con forti pendenze”, spiega lo studio. “Per quanto riguarda il suolo, la lavorazione del terreno è il principale sistema di gestione utilizzato dagli agricoltori. Di conseguenza, l’erosione e le conseguenti perdite di carbonio organico ad essa legate sono uno dei principali problemi ambientali associati alla produzione olivicola”.

In questo quadro, l’adozione delle colture di copertura assume un ruolo decisivo come parte delle iniziative di carbon farming. Ovvero, per citare la definizione della Commissione Europea, “le pratiche agricole che contribuiscono a catturare l’elemento dall’atmosfera e a immagazzinarlo nei suoli o nella biomassa”. Applicare queste strategie, in altre parole, significa ottenere colture più sostenibili e redditizie, capaci di contrastare efficacemente il cambiamento climatico.