La tendenza è contenuta nel nuovo rapporto ISMEA. L’obiettivo di avere un quarto delle superfici coltivate a biologico entro il 2030 è a portata di mano. Ma ci sono segnali da non sottovalutare: l’aumento dei prezzi mette in pericolo il potere d’acquisto delle famiglie. E in Sicilia si è persa in un anno più aree bio di quante ne conti l’intero Abruzzo
di Emanuele Isonio
Da un lato le superfici coltivate che crescono senza sosta a livello nazionale. Dall’altro, alcuni territori che invece vanno in controtendenza. E soprattutto i consumi che, per la prima volta, virano in negativo. Il nuovo rapporto di ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) che contiene le anticipazioni di Bio in cifre 2022 mostra una situazione senz’altro positiva per il comparto dell’agricoltura biologica italiana. Ma contiene alcuni segnali da non sottovalutare se non si vogliono vanificare gli sforzi fatti per costruire una leadership continentale e gli obiettivi di medio e lungo termine. L’Italia infatti, da anni guida la Ue verso il target della strategia Farm to Fork che imporrebbe di destinare a biologico almeno il 25% dei terreni agricoli.
Obiettivi Ue sul biologico, l’Italia potrebbe centrarli già nel 2027
Per quanto riguarda il nostro Paese, l’obiettivo è senza dubbio a portata di mano: la superficie nazionale – rilevano i dati SINAB utilizzati da ISMEA – è infatti aumentata del 4,4% nel 2021, arrivando a sfiorare i 2,2 milioni di ettari. Continuare a questo ritmo significherebbe raggiungere i 2,7 milioni di ettari entro il 2027 e toccare i 3 milioni al 2030. Ciò vorrebbe dire – calcola Francesco Battistoni, sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole – che “nel 2025 potremmo centrare l’obiettivo del 20% di SAU nazionale a coltivazione biologica e arriveremmo alla soglia del 25% nel 2027. In questo modo, potremo anticipare di 3 anni gli obiettivi contenuti nel Green Deal europeo”.
D’altro canto, la prova di quanto l’Italia stia investendo nella crescita del biologico sta anche nella quantità di fondi – oltre 2 miliardi di euro – stanziati per la programmazione 2023-2027 della nuova PAC. “Ciò rappresenta un segno tangibile di come gli interventi messi in atto, a partire dall’approvazione della legge sul biologico fino al Piano d’Azione Nazionale, rientrino in un quadro organico e complessivo finalizzato alla crescita del settore” aggiunge Battistoni.
Un Paese a più velocità
La prima esigenza di quei fondi è garantire una crescita omogenea del comparto a livello nazionale. Speranza ancora lontana dal concretizzarsi. Il quadro regionale infatti non è descrive un’Italia a più velocità. In Campania, Toscana e Friuli Venezia Giulia le superfici biologiche crescono a ritmi mai visti finora (rispettivamente +55%, + 25% e +23%). Per altri le performance sono molto meno brillanti. La Sicilia, ad esempio, pur mantenendo il suo primato, ha perso in un anno più superficie biologica di quanta ne conti l’Abruzzo.

FONTE: Il Biologico nel 2021 e il futuro del settore – ISMEA giugno 2022.
Relativamente agli operatori certificati a bio, i dati indicano una crescita di oltre il 5% rispetto al 2020, grazie ai 4.413 nuovi ingressi nel sistema di certificazione che hanno portato a 86.144 il numero complessivo di produttori, preparatori e importatori biologici. Una conferma alla grande vitalità del comparto nonostante le molte incertezze degli anni di pandemia.
Tra le imprese biologiche, particolare attenzione va riservata anche al settore ittico il cui sviluppo è particolarmente sostenuto dalle politiche europee e più volte richiamato anche nel Piano d’azione europeo per l’agricoltura biologica. L’acquacoltura biologica continua la sua evoluzione anche nel 2021 nonostante i valori assoluti siano ancora modesti: sono infatti 69 le aziende certificate (+12,8% rispetto al 2020), concentrate soprattutto in Veneto ed Emilia-Romagna.
Meno agrumeti, più vigne e cereali
Tra le diverse coltivazioni bio crescono soprattutto le colture permanenti (+3,5% nel complesso), con andamenti diversificati tra le diverse tipologie: si riducono gli agrumeti (arance -17,2% e limoni -0,8%) e rimangono sostanzialmente stabili i meleti bio (-0,4%) e gli oliveti (+0,5%) mentre aumentano i vigneti (+9,2%) e i noccioleti (+12,5%). Crescono anche le superfici investite a cereali (+2,8%) trainate soprattutto dai maggiori investimenti a grano duro e tenero, mentre risultano stabili le colture foraggere (-0,7%) e i prati e pascoli (-0,8%).
L’analisi della zootecnia biologica fa emergere alcune rilevanti criticità per lo sviluppo del settore, con una incidenza dei capi allevati che nel complesso rimane inferiore al 10%.
Nell’ultimo triennio le consistenze dei bovini, suini, ovini e caprini mostrano livelli pressoché stabili mentre il comparto degli avicoli (con particolare riferimento ai polli da carne e alle galline ovaiole) mostra una dinamica positiva più marcata, tanto da guadagnare ogni anno circa mezzo milione di capi. A rallentare la conversione degli allevamenti sono le difficoltà tecniche che la gestione del biologico obiettivamente comporta. Su tutte, l’esigenza di trovare altermative all’uso di antibiotici, la difficile reperibilità (e l’alto costo) dei mangimi biologici, la bassa richiesta del mercato e gli alti oneri che comporta la riconversione delle strutture d’allevamento a un modello più estensivo.
Che succede ai consumi?
Sul fronte della spesa alimentare di prodotti biologici, nel 2021, si è registrata per la prima volta una riduzione degli acquisti di alimenti e bevande bio. E anche le prime indicazioni sull’anno in corso non lasciano ben sperare.
Nel 2020 la maggiore propensione delle famiglie italiane all’acquisto di alimenti genuini e salutari, legati al confinamento domiciliare e al grande spavento provocato dal lockdown aveva prodotto una performance ottima: +9,5%. Lo scorso anno, il valore della spesa è stato di tutt’altro segno: si è infatti contratto del 4,6%, portandosi a 3,38 miliardi di euro. L’incidenza del bio sul totale degli acquisti agroalimentari (3,9%) è comunque rimasta invariata.
Le evidenze sui primi 5 mesi del 2022, limitate ai soli acquisti presso la Grande distribuzione organizzata, evidenziano un’ulteriore riduzione dell’1,9% su base annua, peraltro in un contesto di generalizzata crescita dei prezzi. A preoccupare, in questo caso, è soprattutto il confronto con l’agroalimentare convenzionale: quest’ultimo ha fatto segnare nello stesso periodo +1,8%.

FONTE: Il Biologico nel 2021 e il futuro del settore – ISMEA giugno 2022.
La speranza in mense e biodistretti
“I prodotti biologici italiani performano molto bene all’estero, nel settore della ristorazione e in specifici contesti nazionali, come quelli delle grandi città. In altri ambiti invece la spesa pro-capite è limitata e stagnante da diversi anni” si legge nel rapporto ISMEA. “La legge sul biologico, in vigore da aprile scorso, conferma diverse azioni per il sostegno al consumo. Il Piano d’azione nazionale prevede azioni di stimolo all’utilizzo di derrate biologiche nelle mense pubbliche e private e promuove attività di comunicazione sul territorio nazionale per il consumo di prodotti biologici, soprattutto quelli realizzati con materie prime italiane“.
A sostenere la domanda interna, secondo gli analisti ISMEA, interverranno anche i biodistretti. “Riconosciuti ufficialmente dalla stessa legge, attraverso l’aggregazione lungo la filiera, aiutano a migliorare l’offerta produttiva del territorio e a ridurre i passaggi lungo la catena del valore”.
Il paradosso della qualità agroalimentare italiana
A frenare la crescita dei consumi interni, a livello strutturale, c’è poi un paradosso tutto italiano. “Mentre in molti paesi dell’UE le produzioni certificate biologiche rappresentano l’unica vera ed evidente alternativa a prodotti iper-elaborati ed estremamente massificati, in Italia la gamma e il numero di opzioni a disposizione dei consumatori è estremamente elevata” spiega il rapporto. Detto in parole povere: in Italia per mangiare prodotti di alta qualità i consumatori non devono necessariamente rivolgersi al biologico.
“È evidente, quindi, come sia necessaria una riflessione in tempi brevi su quale sia il ruolo dell’agricoltura biologica nella specificità italiana, come questo e la sua immagine possano evolvere e come possano svilupparsi i suoi predicati a fronte di una transizione generale dell’agricoltura che si trova a dover coniugare il tema della maggiore sostenibilità di parte o tutto il processo produttivo a quello della sicurezza alimentare e dell’accesso al cibo di qualità a tutti” osservano i ricercatori ISMEA.
I fattori siccità e Ucraina
Alle questioni strutturali, si aggiungono poi i nuovi fattori internazionali, figli della crescita degli eventi meteo estremi (come la siccità di questi mesi) e dell’aggressione russa all’Ucraina. I ricercatori ISMEA parlano non a caso di “contesto esterno estremamente critico“, che ha portato a una “crescita dei costi di produzione e a un conseguente processo inflattivo” oltre che a una “riproposizione evidente della questione della food security“. Un nuovo quadro di riferimento cui sarà utile adattarsi rapidamente.