Il Parlamento ha approvato in via definitiva la norma sull’agricoltura biologica. Obiettivo: regolare e tutelare un settore che già oggi vale 7,5 miliardi di euro. Maria Letizia Gardoni, presidente Coldiretti BIO: “Con la legge vantaggi per aziende, consumatori e ambiente”
di Emanuele Isonio
Ci sono voluti 13 anni di attesa ma finalmente l’Italia ha una legge che regola e incentiva l’agricoltura biologica. Il via libera definitivo alla proposta di legge è arrivato dal Senato con 195 favorevoli, appena 4 astenuti e nessun contrario. Per il settore agricolo italiano, ma anche per la tutela ambientale del territorio è un momento di svolta. Il perché ce lo spiega Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti BIO.

Maria Letizia Grandoni, oltre ad essere presidente di Coldiretti Marche, presiede Coldiretti BIO, la task force di aziende ed esperti per il comparto biologico.
Dottoressa Gardoni, partirei dall’attualità stretta: quali sono i punti fondamentali della legge appena approvata dal Parlamento?
L’intero settore del biologico italiano era in attesa da quasi tre lustri di un quadro normativo che desse dignità al lavoro importante che molte aziende agricole stanno facendo da anni a livello nazionale. Lo meritavano anche i consumatori che ci hanno aiutato a crescere come settore.
Tra i passaggi principali, va sicuramente ricordato l’articolo 6 che prevede la possibilità di istituire un marchio del biologico italiano. Questo è uno strumento aiuterà a costruire una filiera del biologico nazionale. Sia una filiera corta sia una più organizzata che oggi manca e che può dare ancor maggior lustro alla produzione certificata biologica.
Un’altra innovazione rilevante è contenuta nell’articolo 7. In esso viene riportato il Piano di azione nazionale per la produzione biologica, che prevede una serie di interventi necessari per sviluppare ancor di più il biologico italiano attraverso alcuni obiettivi: si vuole ad esempio facilitare la conversione biologica delle aziende agricole e vuole incentivare il consumo interno. Oggi viviamo il paradosso per cui l’Italia è il primo produttore a livello europeo per prodotti certificati biologici ma siamo anche il Paese che ne consuma meno. Il piano inoltre monitorerà l’andamento del settore che sta crescendo in modo importante da oltre un decennio, compreso nella delicata fase pandemica.

Le aree coltivate a biologico nei diversi Paesi Ue (comprese quelle in fase di conversione) e confronto 2012-2020. FONTE: Eurostat.
La legge prevede poi la possibilità di promuovere la diffusione dei distretti biologici, uno strumento importante per formare le imprese e informare cittadini e istituzioni locali sul perché è importante produrre e acquistare prodotti biologici. Un altro elemento fondamentale riguarda anche la necessità di migliorare il sistema dei controlli e rafforzare l’attività di ricerca e innovazione per quanto riguarda i mezzi tecnici, le sementi e i concimi organici.
La questione dei controlli diventa sempre cruciale, quando un comparto cresce. Ricordiamo che i prodotti biologici made in italy hanno toccato già nel 2021 i 7,5 miliardi di euro di valore. Su questo fronte, che novità ci saranno?
È stata conferita una delega al governo per razionalizzare la normativa sui controlli. Questo è un aspetto sicuramente decisivo per un settore che sta crescendo così tanto e attira molte risorse. Penso ad esempio alla nuova PAC. Dobbiamo quindi metterci nella condizione di essere garanti di un sistema di controllo che dia sicurezza sia ai produttori sia ai cittadini. Un tema delicato da affrontare riguarda la terzietà degli enti di certificazione: dovremo riuscire a lavorare con tali soggetti, che garantiscono la tracciabilità del prodotto certificato.
Credo sia ad esempio importante inserire nelle pratiche di controllo le analisi residuali che devono essere fatte su suoli e prodotti. Oggi è un’analisi che viene a mancare perché il livello di controllo si ferma sul piano amministrativo e burocratico. Invece è fortemente richiesto dalle aziende che portano avanti il lavoro con rigore ed integrità. Può peraltro rappresentare un elemento di sicurezza in più per il cittadino, che può essere certo dell’acquisto che sta facendo.
Su questo aspetto c’è tutta la partita dell’elemento di conformità che verrà inserito nel regolamento europeo che entrerà in vigore dal 2023. Un altro tassello cruciale perché, pur producendo molto, siamo anche importatori, soprattutto per alcune filiere. Ma è noto che spesso i prodotti biologici importati non rispettano il disciplinare in vigore nella Ue e quindi in Italia. Il principio di conformità diventa quindi uno strumento indispensabile per poter mettere sullo stesso piano i produttori e riuscire così a partecipare al grande mercato del biologico giocando con le stesse regole.

Agricoltura biologica, il boom continua. FONTE: Rapporto Transizione Ecologica Aperta, ISPRA 2021.
Nei mesi scorsi, durante l’iter di approvazione della legge ha suscitato molte polemiche l’ipotesi di inserire l’agricoltura biodinamica accanto a quella biologica tra le forme tutelate dalla nuova legge. Nel testo definitivo quell’equiparazione è stata cancellata. È d’accordo con questa scelta?
In realtà Coldiretti ha sempre sostenuto che anche il settore biodinamico potesse e dovesse essere riconosciuto dalla nuova legge nazionale. Il biodinamico infatti rispetta in primis il disciplinare del biologico: le aziende biodinamiche quindi potevano essere considerate alla stregua delle realtà biologiche. Non era necessario fare una distinzione che ha portato alla loro esclusione.
Ad ogni modo, la questione ci preoccupa fino a un certo punto. Quella esclusione ha portato a una vittoria di facciata per quel mondo che in dall’inizio si era posizionato in maniera ostile contro la biodinamica. Ma fondamentalmente non ha cambiato il contenuto della legge. In altri passaggi del testo normativo infatti è comunque prevista la possibilità per le aziende biodinamiche di partecipare ai tavoli ministeriali, riconoscendole come elementi di interlocuzione, con pari dignità rispetto ad altri interlocutori.
Sono realtà che – è bene ribadirlo – seguono prima di tutto il disciplinare biologico. E quindi potranno comunque accedere alle risorse previste per il settore.
Compresi meglio gli obiettivi della legge, dobbiamo però farci una domanda generale: perché è utile incentivare l’agricoltura biologica?
Noi oggi ci troviamo di fronte a grandi sfide: autosufficienza alimentare, contrasto alla crisi climatica, recupero della fertilità dei suoli. Tutto ciò si traduce in sfide economiche e occupazionali. Concentrarsi su un settore che già sta rispondendo a queste grandi tematiche è un atto di intelligenza che consegna al Paese un sistema agricolo forte e, al tempo stesso, risponde alle indicazioni emerse a livello europeo. Penso al Green Deal e alla Strategia Farm to Fork.
🧑🌾 Organic farmers are the pioneers of the sustainable agriculture of the future! Organic fields have:
➕ 30% biodiversity
➖ lower environmental impactBy 2030, we want 25% of 🇪🇺 land under organic farming.
New Action plan ➡️ https://t.co/LWiF4rXJKR #EUGreenDeal #organicEU pic.twitter.com/2J3zwg2B3p
— European Commission 🇪🇺 (@EU_Commission) March 25, 2021
Questi documenti Ue sottolineano tra le altre cose che la salute del suolo è preoccupante, in Europa e a livello globale: il 60% mostra segni di degrado, un quarto dei terreni in area mediterranea sono a rischio desertificazione, le rese agricole sono in pericolo. Quali vantaggi offre l’agricoltura biologica per invertire la rotta e riportare in salute i suoli?
L’agricoltura biologica ha una profonda consapevolezza su tecniche produttive e pratiche agronomiche diverse e più rispettose della fertilità dei suoli ci mette nelle condizioni di poter mantenere alta la produttività alta dei terreni, garantendo così la produzione agricola e l’autosufficienza alimentare. Il metodo di produzione biologico lavora con pratiche in linea con le esigenze di un suolo sano: concimazioni organiche con residui zootecnici di allevamenti certificati biologici, l’antica pratica dei sovesci aiutano a mantenere la vitalità dei terreni indeboliti nel tempo dall’agricoltura intensiva. Il biologico può invertire la tendenza. Lo testimoniano le tante imprese che da anni hanno compreso l’importanza di avere un suolo in salute.
Quando si parla di transizione biologica, c’è ancora una prevenzione mentale basata sul convincimento che il biologico costa di più a chi produce e, a cascata, di più anche a chi acquista. Quanto c’è di vero in questa affermazione? E come si fa a confutare questo preconcetto?
Lo scetticismo sicuramente imperversa tra gli imprenditori agricoli che seguono un modello agricolo tradizionale. Va comunque ricordato che esso rispetta in Italia disciplinare molto rigidi e, a livello europeo, si posiziona quindi come il più sicuro perché molto al di sotto dei limiti imposti dalla Ue. C’è però scetticismo e forse paura nell’approcciarsi a un metodo di coltivazione nuovo che richiede un’impostazione aziendale diversa. Richiede infatti non solo diversi mezzi tecnici ma soprattutto un cambio organizzativo dell’azienda stessa. Purtroppo questo settore sconta una carenza in termini di ricerca e innovazione utile a dotare gli agricoltori di tutti i mezzi necessari per poter sposare il metodo di coltivazione biologica.
Faccio l’esempio delle sementi: è un grande tema. Molti agricoltori certificati biologici devono operare con il sistema di deroga perché non abbiamo a disposizioni sementi certificate biologiche che permettono di svolgere questo lavoro senza dover affrontare richieste burocratiche. Su aspetti come questo dovremo accelerare sempre di più. Lo stiamo facendo, collaborando con il sistema dei consorzi agrari per affrontare questo necessario tema sulla ricerca e innovazione dei mezzi tecnici.
Per quanto riguarda il valore più alto finale per i consumatori, credo che chi sceglie il bio è mosso da una consapevolezza e un’etica diversa. Non credo si arresti di fronte a qualche centesimo in più di costo rispetto ai prodotti tradizionali. Quel valore aggiunto è legato a un impegno maggiore richiesto ai produttori. Ma ricordiamo che la Ue sta venendo incontro, grazie alla nuova PAC, che destinerà nuove risorse per sostenere gli agricoltori nel processo di conversione.

Quali settori incidono di più nell’acquisto di prodotti biologici. FONTE: Ismea su dati Nielsen 2020.
Ci sono altre iniziative da intraprendere per incentivare e velocizzare l’ulteriore diffusione della produzione e del consumo dei prodotti biologici in Italia?
Dovremo instaurare un dialogo più approfondito con gli enti locali. Penso ai governi regionali e alle amministrazioni comunali. Il loro ruolo è fondamentale per avvicinare i consumatori a un acquisto più consapevole del prodotto biologico. Ma sono anche cruciali per privilegiare i prodotti biologici nelle mense scolastiche e più in generale nella ristorazione collettiva. Questo sicuramente può aiutare a diffondere una cultura più consapevole di ciò che già oggi è il biologico e di cosa potrà rappresentare in futuro.