12 Ottobre 2021

I sussidi pubblici all’agricoltura valgono 700 miliardi l’anno. Una nuova analisi del World Resources Institute suggerisce come modificarli per  ottimizzare gli obiettivi di tutela dell’ambiente, il recupero della salute dei terreni e di remunerazione dei piccoli agricoltori

di Emanuele Isonio

 

Ascolta “Agricoltura, "ripensare i sussidi aiuta a proteggere suolo, sviluppo rurale e contadini"” su Spreaker.

700 miliardi di dollari ogni anno. O se preferite, più di un milione di dollari ogni minuto: a tanto ammontano i sussidi agricoli a livello globale. Ma alla fine dei conti, quanti di questi aumentano le rese colturali, i redditi degli agricoltori, la qualità dei terreni e aiutano lo sviluppo delle aree rurali? Ancora troppo pochi. Anzi, in molti casi producono effetti perversi anche se probabilmente involontari: deforestazione, erosione, impoverimento dei suoli, riduzione della produttività. Da questa constatazione parte la nuova analisi del World Resources Institute, organizzazione no profit di ricerca focalizzata sul tema cibo, risorse idriche, energia, foreste e clima. Il suo messaggio è chiaro: riorientando i sussidi pubblici all’agricoltura possiamo centrare gli obiettivi di tutela ambientale, il recupero della salute dei suoli e la remunerazione dei piccoli agricoltori.

Ridurre i troppi sussidi dannosi

Proprio loro, secondo gli analisti dell’organizzazione, dovrebbero essere i primi destinatari di questa riallocazione di risorse: in media ognuno lavora meno di due ettari di terreno ma, tutti insieme, producono il 34% dell’offerta alimentare mondiale.

La situazione di partenza è molto distante dall’obiettivo da raggiungere: appena il mese scorso la FAO calcolava che circa l’87% degli aiuti pubblici al comparto agricolo risultava “distorsivo nella formazione dei prezzi e dannoso in termini sociali e climatici”. E pronosticava un trend in crescita visto che l’insieme dei incentivi agricoli dovrebbe sfiorare i 1800 miliardi di dollari entro la fine dell’attuale decennio (ma solo il 14% riguarderebbe i Paesi in via di sviluppo).

Il WRI indica esplicitamente l’esempio degli incentivi che spingono ad abbattere le foreste per produrre beni come soia e carne di manzo: queste attività sono responsabili di circa il 20% della perdita globale di copertura arborea nel solo 2018. Hanno inoltre abbassato la produttività dei suoli interessati, costando alle comunità rurali 6,3 trilioni di dollari all’anno. “L’agricoltura, la silvicoltura e il cambiamento di uso del suolo – si ricorda nell’analisi – sono anche una delle principali fonti di inquinamento da carbonio, rappresentando il 18,5% delle emissioni di gas serra che riscaldano il clima nel 2016”.

Chi emette più gas serra? Emissioni globali climalteranti, suddivise per settore di produzione. FONTE: World Resources Institute, 2020.

Chi emette più gas serra? Emissioni globali climalteranti, suddivise per settore di produzione. FONTE: World Resources Institute, 2020.

Incentivare la salute del suolo produce ricchezza

Il World Resources Institute sottolinea poi i troppi programmi pubblici che, in giro per il mondo, incoraggiano gli agricoltori a utilizzare eccessive quantità di pesticidi e fertilizzanti, senza considerare che questi prodotti chimici finiscono nel lungo termine per danneggiare il suolo e la produttività. “Questi sussidi hanno contribuito a rendere degradato il 75% della terra. Ripensandoli, i governi possono aiutare gli agricoltori a ripristinare la salute dei terreni delle proprie aziende. Possono al tempo stesso agevolare la resilienza climatica, senza danneggiare i loro profitti” si legge nel rapporto.”Investire nel ripristino della terra significa sostenere un’agricoltura a bassa emissione di CO2, che può fornire rendimenti sostenibili per decenni”. Espressamente indicate come best practice sono l’agrosilvicoltura e il silvopascolo, che portano ad impiantare alberi ai terreni coltivati e destinati a far alimentare gli animali.

ll rapporto fa anche qualche calcolo dei vantaggi economici di questa riallocazione di sussidi: “rivitalizzare 150 milioni di ettari di terreni agricoli attualmente degradati potrebbe generare 85 miliardi di dollari in benefici netti. Potrebbe inoltre fornire tra 30 e 40 miliardi di dollari all’anno di reddito extra per i piccoli agricoltori. E potrebber produrre cibo aggiuntivo per quasi 200 milioni di persone nel mondo”.

Ci sono però molte altre conseguenze positive di questa strategia di ripensamento dei sussidi. E molte hanno a che fare con il contrasto ai cambiamenti climatici: aumento della biodiversità, diminuzione delle emissioni climalteranti, miglioramento della biodiversità e della resilienza degli ecosistemi, maggiori garanzie per la sicurezza alimentare delle popolazioni locali.

Alcuni dei vantaggi legati a un ripensamento dei sussidi pubblici all'agricoltura secondo il rapporto del WRI.

Alcuni dei vantaggi legati a un ripensamento dei sussidi pubblici all’agricoltura secondo il rapporto del WRI.

Diffondere le best practice

Gli esempi positivi in giro per il mondocerto non mancano: come la National Forest Landscape Restoration Strategy del Malawi finanziata con una parte dei soldi precedentemente destinati all’uso di input chimici in agricoltura (per i quali lo Stato africano spendeva circa il 60% del proprio budget agricolo annuale). O il programma di investimento forestale da 30 milioni di dollari del Burkina Faso che ha pagato i contadini per far crescere alberi nelle loro fattorie e ha ottenuto il risultato di migliorare la salute della terra sia, aumentando al tempo stesso del 12% le risorse economiche delle famiglie coinvolte. O, ancora, i quadri normativi che in El Salvador hanno spinto le banche locali a fornire prestiti ai contadini che ripristinano la terra coltivando cibo in modo sostenibile, a investire nel ripristino di bacini idrici e a premiare gli agricoltori che coltivano alberi per prevenire inondazioni e frane.

Le 4 proposte di WRI

Ma in concreto, quali direttrici è opportuno seguire? Gli analisti del World Resources Institute ne indicano quattro:

  1. Rimuovere i sussidi per fertilizzanti e pesticidi che hanno dimostrato di ridurre le rese agricole nel medio-lungo periodo.
  2. Sviluppare incentivi per ripristinare la salubrità dei suoli e meccanismi di compensazione agli agricoltori per i benefici ambientali della loro terra
  3. Mettere i piccoli agricoltori al primo posto, riducendo le storture che oggi fanno finire i sussidi in modo sproporzionato nelle mani dei grandi proprietari terrieri e dell’agroindustria.
  4. Aiutare i diversi settori della pubblica amministrazione nazionale a lavorare insieme e stimolare la cooperazione internazionale. Ripensare i sussidi agricoli può infatti incontrare l’interesse di diverse branche governative: dall’agricoltura, all’ambiente alle finanze. Può sostenere gli obiettivi politici sul clima, ma al tempo stesso anche quelli per lo sviluppo rurale e per il risparmio sui bilanci pubblici.

“Per raggiungere i loro obiettivi di clima, biodiversità e sviluppo sostenibile – commentano i ricercatori – i governi dovrebbero comprendere e sposare il potere dell’agricoltura riparatrice. Sussidi e incentivi agricoli più intelligenti possono farci ottenere di più con meno. Possono aiutare i governi a raggiungere questi importanti obiettivi politici senza danneggiare gli agricoltori che sono la spina dorsale delle economie rurali”.