Affiancare differenti coltivazioni e combinare l’agricoltura con l’allevamento e la gestione del patrimonio forestale consente di rispondere meglio alle sfide del clima e alle crisi contingenti. Dalla rivista Horizon, una riflessione su due progetti europei
di Matteo Cavallito
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Mescolare diverse forme di agricoltura, agroforestazione e allevamento per contrastare gli shock geopolitici, macroeconomici e climatici. È la scelta di alcuni operatori europei chiamati a trovare soluzioni alle crisi, rigorosamente al plurale, del mondo contemporaneo. Lo racconta la rivista Horizon, una pubblicazione della Commissione UE.
“La pandemia ha svuotato gli scaffali nei supermercati a causa dell’interruzione delle rotte di trasporto. La guerra in Ucraina ha influito sull’approvvigionamento di cereali essenziali”, scrive il magazine dedicato alla ricerca e all’innovazione. “Ma il cambiamento climatico è destinato a produrre disagi ancora maggiori”. Parte della soluzione, affermano quindi alcuni ricercatori, “è data dalla scelta delle aziende agricole di assumere un carattere maggiormente misto attraverso una combinazione di colture, allevamento e silvicoltura, una strategia capace di rendere più sostenibile anche l’agricoltura”.
Il progetto AGROMIX
Tra le iniziative sviluppate in questo senso si segnala AGROMIX, un progetto che si concluderà nel 2024 e che si estende su dodici siti pilota e nove sperimentali, distribuiti in tre zone climatiche: Atlantico, entroterra continentale e Mediterraneo. Le aziende coinvolte, spiega Horizon, “stanno sperimentando la combinazione di colture e allevamento in un’unica azienda (agricoltura mista) e l’abbinamento di attività agricole e forestali (agroforestazione)”. Con ottimi risultati.
“Il pascolo di pollame nei frutteti è un esempio di approccio misto”, prosegue la rivista. “I risultati rivelano interessanti sinergie ed effetti promettenti, incluso il miglioramento della salute del suolo”.
L’idea di fondo è sempre la stessa: combinare diversi fattori compensando gli effetti negativi e generando benefici. Il mantenimento di alberi e siepi nei pascoli, ad esempio, contribuisce alla salute degli animali, soprattutto nei periodi più caldi, controbilanciandone le emissioni. E sono sempre le piante a far crescere la capacità di sequestro del carbonio del terreno e a contribuire a prevenire le inondazioni.
L’agricoltura mista
L’agricoltura mista si contrappone idealmente alla specializzazione agricola, la tendenza affermatasi con lo sviluppo dell’industria agroalimentare. Mescolare colture o attività differenti, osserva la FAO, produce di per sé vantaggi e svantaggi. Per questo gli operatori sono chiamati a bilanciare i diversi elementi per produrre il miglior risultato complessivo.
“Gli alberi situati all’interno e ai margini di un campo coltivato riducono generalmente la resa dei cereali”, osserva ad esempio l’organizzazione ONU. “Ma la combinazione di piante per il foraggio e il legname e colture è preziosa, perché ciascuno dei componenti produce risorse utili per l’azienda agricola, persone e animali compresi”.
L’agricoltura mista, prosegue la FAO, assume caratteristiche diverse a seconda dell’incidenza di fattori esterni – il clima, i prezzi di mercato, la tecnologia – e interni, come le caratteristiche del suolo. “Gli agricoltori possono decidere di optare per soluzioni variegate quando vogliono risparmiare risorse intercambiandole all’interno dell’azienda. In questo modo è possibile ottenere rotazioni colturali più ampie riducendo la dipendenza dai prodotti chimici in parte perché i sistemi misti ispirano pratiche più naturali e in parte perché consentono la diversificazione per una migliore gestione del rischio”.
Agricoltura e foreste, binomio vincente
Un altro esempio di “contaminazione” positiva di elementi diversi è il progetto MIXED dell’Università di Aarhus, Danimarca. L’iniziativa punta a combinare sistemi misti, agropastorali e agroforestali per rendere l’agricoltura più efficiente e resiliente. Ad ispirare l’operazione è l’esperienza delle tecniche agroforestali tradizionali utilizzate nella Valle del Tago in Portogallo: d’inverno i campi vengono arati e seminati a cereali. In estate i terreni sono convertiti al pascolo. La presenza delle querce crea ombra e sostiene il ciclo dell’acqua.
“Le aziende agricole danesi che partecipano al progetto”, scrive Horizon, “hanno adottato un approccio diverso, studiando come gli agricoltori possano creare un serbatoio di carbonio attraverso la ceduazione. Ovvero quella tecnica di potatura che prevede il taglio degli alberi a livello del suolo per far crescere rapidamente nuovi germogli dalla base in modo da formare un cespuglio”.
I cespugli vengono potati e sparsi sul terreno creando così una pacciamatura naturale migliorando la qualità del suolo. L’obiettivo finale del progetto consiste nella creazione di una banca dati europea delle pratiche di agricoltura mista e agroforestale che possa fornire informazioni utili ed esempi concreti agli operatori continentali.
I benefici dell’agroforestazione
I vantaggi dell’agroforestazione – ovvero della realizzazione di un sistema agricolo che combina le attività tradizionali come le colture e l’allevamento con la piantumazione e la gestione degli alberi – attira da tempo l’interesse degli esperti, non solo nella UE. Un recente rapporto di Woodland Trust, un’organizzazione per la promozione del ripristino delle foreste britanniche, ad esempio, ha evidenziato in particolare la presenza di diversi benefici associati a questa pratica.
“Introdurre più alberi renderà i paesaggi agricoli più resilienti dal punto di vista economico e ambientale”, si legge nello studio. “Le piante consentono di combinare la produttività con il sostegno alla biodiversità, facendo crescere la presenza di carbonio nel suolo e aiutando a rispettare gli impegni assunti in materia di clima e natura”.
In media le terre coltivate nel Regno Unito rilasciano ogni anno quasi 2 tonnellate di CO2 per ettaro; quelle destinate all’allevamento quasi quattro. Per contro, rileva il rapporto, “In 30 anni, i sistemi silvo-pastorali possono sequestrare otto tonnellate di CO2 per ettaro all’anno“. Inoltre, “l’introduzione dell’agroforestazione sul 30% dei pascoli del Regno Unito farebbe scendere a zero le emissioni nette di questi ultimi entro il 2050 con un tasso di sequestro netto di 21 milioni di tonnellate di CO2 all’anno entro il 2062”.