Il biochar si conferma un’innovazione utile a riportare carbonio nel suolo e contrastare le emissioni climalteranti. Il suo mercato mondiale varrà 2 miliardi di dollari entro il 2027: lo prevede un’analisi della società di ricerca irlandese Global Industry Analysts. Per l’effettiva velocità della crescita molto dipenderà dalle regole stabilite a livello nazionale e globale
di Emanuele Isonio
Listen to “Biochar, il boom è dietro l’angolo: +164% nei prossimi 5 anni” on Spreaker.
Due miliardi di dollari entro il prossimo quinquennio. È il valore che dovrebbe raggiungere il mercato mondiale del biochar, prodotto di origine biologica vegetale, realizzato attraverso un processo di pirolisi lenta di materie prime organiche. La stima è contenuta in un’analisi realizzata dalla Global Industry Analysts, società di ricerca con base in Irlanda specializzata in ricerche di mercato. Si tratta di un aumento del 164% se rapportato ai valori rilevati nel 2020 e di un raddoppio se si considerano le stime dell’attuale valore di mercato, che si dovrebbe aggirare, nonostante la crisi da COVID-19, attorno al miliardo di dollari.

Le previsioni di crescita del mercato del biochar secondo l’analisi di Global Industry Analysts, Inc.
Una crescita annua superiore al 12%
Significherebbe un tasso medio di crescita (CAGR) nel periodo oggetto dell’analisi pari al 12,6%. Il rapporto analizza però nel dettaglio anche i diversi segmenti che compongono il più ampio settore del biochar: quello della biomassa legnosa ad esempio dovrebbe crescere dell’11,7% annuo, per raggiungere, da solo, il valore di 1,1 miliardi di dollari entro il 2027.
Ancora più rilevante la crescita del segmento dei rifiuti agricoli, che attualmente rappresenta un quarto del mercato globale del biochar: dopo un’analisi approfondita delle conseguenze causate dalla pandemia e della crisi economica globale che ha indotto, gli autori dello studio prevedono una crescita del 14,6% annuo per i prossimi 7 anni.
Le peculiarità del biochar
Cifre importanti ma che non lascia stupiti quanti conoscono già da tempo le peculiarità del biochar. “È senz’altro un mercato che prevediamo oggetto di crescita sostenuta e rapida. Alla base di questo trend c’è sicuramente la capacità di sequestrare questo carbonio a costi molto competitivi, offrendo allo stesso tempo uno strumento per aumentare la resilienza del sistema agricolo e del suolo ai cambiamenti climatici” spiega David Chiaramonti, uno dei massimi esperti in Italia di questo nuovo prodotto, docente di Economia dell’Energia e Sistemi per l’energia e l’ambiente al Politecnico di Torino e membro del Comitato Tecnico Scientifico di Re Soil Foundation.
Ad ogni modo, se le previsioni si avvereranno, la crescita del suo mercato globale certificherà la grande importanza di una tecnologia su cui il mondo agricolo e industriale stanno riponendo grandi speranze. Merito del suo potenziale sia nella lotta alle emissioni climalteranti sia per migliorare la qualità del suolo, oltre che per ridurre i rifiuti e produrre energia. Lo stesso IPCC, il Panel intergovernativo sul climate change lo ha indicato come uno strumento efficace per controllare i gas serra e sequestrarli nel suolo.
Di aspetto simile al carbone, il biochar si produce per decomposizione termochimica di materia organica, costituita principalmente da cellulosa, emicellulosa e lignina. Durante il processo di pirolisi, piante morte, scarti di foglie, trucioli di legno e altri materiali organici vengono bruciati in minima presenza di ossigeno. Durante la combustione di tale materiale, l’emissione di fumi contaminanti è ridotta al minimo o addirittura azzerata.
Il prodotto che ne risulta è essenzialmente a matrice carbonio, altamente poroso. Tra tutti i vantaggi che assicura, uno dei più interessanti è l’applicazione in campo, in virtù delle sue proprietà: trattenere l’umidità, distribuire i nutrienti nel suolo in modo più lento, offrire un ambiente di vita dei microrganismi del suolo.
Una “spugna di carbonio” contro la desertificazione
“Il biochar – spiega Chiaramonti – è come una spugna con le pareti di carbonio. La sua superficie interna è molto elevata. Un grammo di questo materiale ha normalmente una superficie tra i 100 ed i 200 metri quadri. Questa struttura permette di trattenere l’acqua e di rilasciarla lentamente. In questo modo, la pianta invece di vedere dilavare l’acqua piovana o di irrigazione attraverso il terreno, la trova mantenuta nei primi 30 centimetri di suolo dove normalmente le radici delle piante di impiego agricolo si collocano, riesce quindi a mantenere una buona idratazione”.
Musica per le orecchie di chi lavora a contatto con la terra ogni giorno e deve far fronte a fenomeni di desertificazione che, soprattutto nella fascia mediterranea, crescono con preoccupante rapidità, rendendo difficile la vita delle piante e riducendo le rese agricole. Gli effetti agronomici dell’applicazione del biochar saranno infatti tanto più visibili soprattutto nelle aree agroclimatologicamente critiche.

Nel processo di pirolisi la materia viene riscaldata a basse temperature, si decompone e dà origine al prodotto finito. Immagine: dalla presentazione di David Chiaramonti, Ecomondo Digital Edition 2020
Il fattore policy
A rendere più o meno marcata la crescita del mercato del biochar influiranno però diversi fattori. “Molto dipenderà in particolare – osserva Chiaramonti – da come evolveranno le policy e le regolamentazioni, sia a livello dei singoli Paesi sia a livello internazionale. Indubbiamente, tutti i soggetti deputati alla certificazione si stanno muovendo per offrire al mercato sistemi di certificazione affidabili”.
Il biochar infatti può infatti generare crediti di carbonio, utilizzabili a compensazione delle emissioni da parte dei soggetti obbligati, come i settori petrolchimico, dell’acciaio, del cemento, e dell’aviazione. “Nel mondo – conclude Chiaramonti – questi crediti si stanno già sviluppando rapidamente. Siamo sui 20 €/tCO2 ad oggi e presumo in qualche anno anche i crediti volontari andranno verso i 50/tCO2. Un valore che comincia ad essere interessante per il biochar”.