12 Dicembre 2025

Salute del suolo, compost batte digestato: lo dicono gli “integroni”

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Uno studio ENEA-Università della Tuscia ha individuato degli elementi genetici dei batteri da usare come nuovo indicatore dello stato di salute dei suoli agricoli. Risultato: nel compost il rischio di sviluppo di antibiotico-resistenze è molto inferiore rispetto al digestato

di Emanuele Isonio

 

Sono piccoli elementi genetici che vivono all’interno dei batteri. Il loro nome? “Integroni”. Al loro interno, ospitano geni di resistenza agli antibiotici e ai metalli pesanti, fungendo da biomarcatori di contaminazione e pressione ambientale. Una ricerca svolta da ENEA in collaborazione con l’Università della Tuscia, ha dimostrato che essi possono rappresentare un nuovo indicatore dello stato di salute dei suoli agricoli. Lo studio, pubblicato sulla rivista Agriculture, mostra come la struttura di questi integroni possa raccontare molto su salute e adattamento microbico dei terreni agricoli, in quanto permettono ai microrganismi di acquisire, scambiare ed esprimere quei geni che consentono un adattamento rapido a fattori di stress ambientali.

Digestato, compost e suoli rizosferici

In particolare, i ricercatori hanno analizzato il cambiamento nella struttura degli integroni in tre diversi ambienti: nel digestato (da rifiuti urbani e scarti agricoli e alimentari), nel compost e nei suoli rizosferici, ossia la porzione di suolo che circonda le radici delle piante.

Dai rifiuti al compost: il processo di digestione anaerobica e compostaggio. FONTE: CIC Consorzio Italiano Compostatori.

Dai rifiuti al compost: il processo di digestione anaerobica e compostaggio. FONTE: CIC Consorzio Italiano Compostatori.

“Il digestato è risultato il più ricco di integroni complessi e diversificati, a testimonianza che i batteri possono facilmente acquisire o scambiare geni di resistenza agli antibiotici, rendendo questo ambiente più ‘a rischio’ per la diffusione delle resistenze”, spiega il coautore dello studio Andrea Visca, biotecnologo del Laboratorio ENEA Innovazione delle filiere agroalimentari.

Il compost, invece, è apparso molto più semplice, a dimostrazione che alte temperature e processi di maturazione riducono drasticamente la complessità degli integroni. “Per la salute del suolo, quindi, il compost può essere considerato un ammendante più sicuro rispetto al digestato: i suoi integroni presentano una struttura più semplice, quindi meno rischiosa, mentre la ricchezza di microrganismi che contiene può contribuire a migliorare le funzioni ecologiche e la salute del terreno”, sottolinea un’altra coautrice dello studio, Luciana Di Gregorio, biologa dello stesso Laboratorio ENEA.

Infine, sono stati presi in esami i terreni rizosferici di grano duro e tenero, che hanno rivelato caratteristiche intermedie, ma con una certa abbondanza di geni di resistenza ai metalli pesanti, come il cromo, dovuta presumibilmente alle pressioni selettive legate all’utilizzo di ammendanti agricoli o alla stessa composizione geochimica del suolo. “Un aspetto nuovo e interessante emerso dalle nostre indagini è che le due specie di grano prese in considerazione mostravano differenze nella capacità di ‘modellare’ i microrganismi associati alle radici”, sottolinea la biotecnologa ENEA Manuela Costanzo, anche lei tra i firmatari dello studio.

Gli ammendanti non sono tutti uguali

Non è la prima volta che gli integroni sono stati utilizzati come biomarcatori di contaminazione e pressione ambientale.  La ricerca ENEA aggiunge però un tassello importante:

fa infatti emergere come la gestione agronomica, ad esempio la scelta degli ammendanti e delle varietà coltivate, influenza non solo la fertilità del suolo, ma anche la resistenza agli antibiotici e ai metalli pesanti.

Una “cartina di tornasole” utile all’approccio One Health

“L’organizzazione e la varietà degli integroni diventano quindi una sorta di ‘cartina al tornasole’ sia per monitorare la salute del suolo e la resilienza dei microbi, sia per valutare la sostenibilità delle pratiche agricole e il rischio di diffusione nell’ambiente di geni di resistenza agli antibiotici. “Con la prospettiva di un’agricoltura sempre più attenta alla salute del suolo e alla logica ‘One Health’ – conclude Visca – il nostro studio apre la strada a nuovi strumenti di monitoraggio ambientale: osservare come cambiano gli integroni potrebbe diventare un modo efficace per guidare scelte agronomiche più sicure e sostenibili. Un esempio è il digestato che, pur essendo una preziosa fonte di nutrienti, può fungere da potenziale vettore di resistenza antimicrobica, rendendo necessari ulteriori trattamenti o un impiego limitato nelle aree più sensibili”.