Allarme plastica: Ellen MacArthur Foundation e WWF chiedono l’intervento delle Nazioni Unite. Per frenare la contaminazione degli oceani e del suolo servono regole comuni, coordinamento internazionale e design circolare dei prodotti
di Matteo Cavallito
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Un trattato ONU legalmente vincolante per fermare l’inquinamento da plastica. Lo chiedono la Ellen MacArthur Foundation e il WWF, protagonisti di una campagna congiunta entrata ormai nel vivo. L’appello diventa sempre più pressante con l’avvicinarsi dell’appuntamento di fine febbraio quando le Nazioni Unite apriranno i lavori della quinta Assemblea sull’Ambiente che coinvolgerà i rappresentanti di 193 Paesi riuniti per l’occasione a Nairobi.
“In assenza di soluzioni la situazione peggiora giorno dopo giorno”, si legge nella nota pubblicata dalle due organizzazioni. “Milioni di tonnellate di plastica si disperdono nell’ambiente, finiscono nelle discariche o vengono bruciate secondo il nostro schema di economia lineare take-make-waste (prendi, produci, butta via, ndr). Tutto ciò danneggia l’ambiente, consuma risorse naturali e contribuisce alla crisi del clima e della biodiversità, mentre l’economia perde miliardi di dollari di materiali utili”. Il problema si manifesta su molti fronti diversi, dagli oceani ai suoli agricoli dove la presenza della plastica è una riconosciuta minaccia.
Le richieste: regole, coordinamento, economia circolare
Nel corso degli anni, prosegue la nota, “molte aziende hanno assunto importanti impegni volontari, ponendo le basi per una cooperazione ad ampio raggio”. Tali iniziative, tuttavia, non sono sufficienti in assenza di norme certe, universali e soggette a coordinamento su scala mondiale. Per questa ragione, le organizzazioni chiedono all’ONU di introdurre un trattato specifico capace di garantire tre cose. Ovvero:
- Una pianificazione delle soluzioni basata sull’adozione di un sistema circolare che tenga conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti, progettando a priori le opzioni di riciclo.
- L’introduzione di standard globali alla base di una regolamentazione comune per tutti i Paesi.
- Un coordinamento tra governi e imprese capace di fissare un direzione comune grazie al sostegno internazionale e alla piena disponibilità delle risorse e delle conoscenze necessarie.
Plastica e agricoltura: un rischio da 12,5 milioni di tonnellate
Il tema, come detto, interessa anche e soprattutto il mondo agricolo. Lo scorso anno un rapporto della FAO segnalava come i prodotti in plastica utilizzati dal settore ammontassero ogni anno a 12,5 milioni di tonnellate. Pari al 3,5% del totale globale. A questi si aggiungono poi gli imballaggi alimentari che valgono da soli tre volte tanto (37,3 milioni).
Il problema è particolarmente evidente in Asia dove si registra la metà dell’utilizzo globale. E a preoccupare è soprattutto la crescita della domanda. Secondo la FAO, ad esempio, la richiesta globale di film per serre, pacciamatura e insilati aumenterà del 50% da qui al 2030. Passando da 6,1 a 9,5 milioni di tonnellate.

Produzione plastica globale e percentuale utilizzata nell’attività agricola. FONTE: Assessment of Agricultural plastics and their sustainability. FAO, 2021
Il mondo? Ha superato il limite
Gli allarmi si susseguono a ritmo serrato. Nelle scorse settimane, uno studio del Resilience Centre delle Università di Stoccolma e Göteborg ha denunciato definitivamente il superamento del limite. Il mondo, riferisce la ricerca, non è più in grado di sostenere le cosiddette novel entities, ovvero quelle 70mila nuove sostanze chimiche introdotte dall’uomo negli ultimi dieci anni. Gli studiosi svedesi, in particolare, puntano il dito contro pesticidi, farmaci, prodotti industriali e plastica. Ad oggi il mondo ha riciclato solo il 9% di quest’ultima contribuendo così all’inquinamento dei mari e dei terreni.