14 Febbraio 2023

Secondo produttore mondiale di gomma arabica, il Sudan è chiamato a proteggere gli alberi di acacia, le piante da cui si genera la sostanza e che si rivelano da sempre un’arma efficace nel contrasto alla desertificazione

di Matteo Cavallito

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I produttori del Sudan, uno dei Paesi più colpiti dal cambiamento climatico, possono tuttora contare su un importante alleato nel contrasto alla desertificazione: la gomma arabica. Questo prodotto, costituito da una resina estratta dagli alberi di acacia, è utilizzato in diversi settori, dall’industria alimentare a quella farmaceutica. Ad attirare l’interesse degli osservatori, tuttavia, sono anche le caratteristiche stesse delle piante che la generano.

L’acacia, infatti, “resiste alla siccità e aumenta la fertilità del suolo, essenziale per far crescere la produzione agricola”, ha dichiarato all’agenzia France Press Fatma Ramly, coordinatrice dell’Associazione dei coltivatori del settore. Il problema però è che gli operatori appaiono sempre più riluttanti a dedicarsi a questa attività. Con tutte le conseguenze del caso.

L’effetto clima

Secondo la FAO, riferisce ancora France Press, le temperature registrate nella regione sudanese del Kordofan, dove crescono gli alberi di acacia, sono aumentate di quasi due gradi in meno di tre decenni. Un incremento pari a oltre il doppio della media globale. La crescente desertificazione colpisce duramente l’area determinando una forte scarsità d’acqua e la necessità, per i lavoratori, di affrontare condizioni sempre più estreme.

Costretti ad agire per ore sotto il sole, i raccoglitori si ritrovano a dover stanziare cifre significative per acquistare risorse idriche sufficienti per i mesi di lavoro che precedono la stagione delle piogge in autunno. I costi crescenti riducono così i guadagni netti dalla vendita della gomma. L’incertezza che caratterizza questa attività e alla quale contribuiscono le fluttuazioni del prezzo della risorsa sul mercato globale rende la raccolta sempre meno attraente. Al punto che le nuove generazioni tendono ad abbandonare il comparto per dedicarsi ad altro.

Un contributo alla Muraglia verde africana

Conosciuta come Gum arabic belt, la “Cintura della gomma arabica”, l’area caratterizzata dalla massiccia presenza di alberi di acacia si estende nel Paese per circa 500mila chilometri quadrati dalla frontiera occidentale con il Chad al confine orientale con l’Etiopia.

Il territorio è parte della più ampia Grande Muraglia Verde, quella fascia lunga 7.600 chilometri che attraversa da costa a costa l’Africa Subsahariana e che rappresenta un argine contro la desertificazione. Oltre che uno strumento per contrastare il degrado degli ecosistemi e della biodiversità, tutelare la sicurezza alimentare, garantire l’acqua alle future generazioni e combattere il riscaldamento globale.

Per tutelare l’integrità dell’area, la FAO ha lanciato un progetto per “migliorare la capacità di adattamento delle comunità locali e ripristinare il potenziale di assorbimento del carbonio della cintura della gomma arabica, come parte degli sforzi per espandere la Grande Muraglia Verde dell’Africa”. L’iniziativa, finanziata con 10 milioni di dollari, si sviluppa in linea “con le priorità nazionali di adattamento e mitigazione incentrate sulla costruzione della resilienza climatica delle comunità locali e degli ecosistemi, sul ripristino dei sistemi agroforestali della gomma e sulla riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado forestale”.

Il tracciato della Grande Muraglia Verde africana

Il tracciato della Grande Muraglia Verde africana.

La gomma ha un ruolo essenziale per l’economia sudanese

Il Sudan è attualmente il secondo esportatore mondiale di gomma arabica. Nel 2020, l’ultimo anno per il quale esistono dati definitivi, il Paese ha contribuito da solo a soddisfare il 30% circa della domanda globale incassando 102 milioni di dollari. Un dato inferiore soltanto a quello della Francia, primo produttore con una quota di mercato del 41% circa e ricavi totali per 137 milioni. Secondo la FAO, l’estrazione della resina dagli alberi di acacia è responsabile del 38% del reddito degli agricoltori sudanesi.

Il progetto dell’organizzazione ONU punta a “migliorare la resilienza delle famiglie rurali di piccoli proprietari terrieri ai cambiamenti climatici attraverso l’agroforestazione e la riforestazione di 125mila ettari con alberi resilienti al clima, accompagnati da interventi sulla catena del valore della gomma”. In programma, inoltre, “la ricostruzione di corridoi per il bestiame e il ripristino di 151mila ettari di pascoli, l’aumento della resilienza dei pastori agli shock climatici e l’allentamento della pressione sui sistemi agroforestali in modo da ridurre così le emissioni dovute al cambiamento d’uso del suolo”.